DOMENICA II DI PASQUA
28 aprile 2019
Giovanni 20, 19-31
Riferimenti : Atti degli Apostoli 4, 8-24a - Salmo 117 -  Colossesi 2, 8-15
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».

Atti degli Apostoli 4, 8-24a
In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.


Atti 4, 8-24
Siamo nei primi tempi della comunità cristiana a Gerusalemme. La vita si svolge normalmente e con una certa tranquillità. Tuttavia la comunità cristiana, sconvolta dalla morte e stupita e ricca di entusiasmo per la risurrezione di Gesù, mentre si organizza, ripensa ai messaggi ricevuti. Ovviamente Gesù è il centro della vita, ma la comunità cristiana è costituita da ebrei che mantengono le loro abitudini. Perciò, in un giorno feriale, Pietro e Giovanni salgono al tempio per pregare alle tre del pomeriggio (3,1). Mentre attraversano la porta, detta "bella", del tempio, uno storpio, povero, chiede, come al solito, l'elemosina e tutti lo conoscono perché è una presenza stabile. Pietro gli dice: "Non possiedo né oro né argento ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina" (3,6). Lo storpio risanato non si comporta certo in modo discreto ma nel tempio, suscitando stupore tra la gente che via via si è raccolta, canta, urla, danza. Pietro e Giovanni sentono il bisogno di chiarire ciò che è avvenuto: "Noi non abbiamo questi poteri. Abbiamo agito nel nome di Gesù il Nazareno che voi avete rinnegato di fronte a Ponzio Pilato e che il Dio dei padri ha esaltato.
Voi avete ucciso l'autore della vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti e noi ne siamo testimoni. Per la fede riposta in lui, Gesù ha dato vigore a questo corpo" (3,13-16). Tutto questo suscita rivolgimenti e ripensamenti in molti, e la Comunità cristiana si ingrandisce fino a 5000 persone (4,4) Nel contempo queste uscite clamorose producono preoccupazione nelle autorità del tempio che arrestano e mettono in prigione Pietro e Giovanni fino al giorno dopo. Quindi si riunisce in Gerusalemme il gran Sinedrio, supremo tribunale d'Israele. Vengono interrogati i due discepoli sulle motivazioni e la spiegazione di ciò che è avvenuto il giorno precedente. La testimonianza, data pubblicamente il giorno prima alla gente, viene ripetuta qui: "Noi abbiamo fatto questo nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso e Dio ha risuscitato dai morti". E secondo il metodo dei rabbini si richiamano alla Scrittura per dare significato di chi è Gesù: "Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo" (4,11). La libera citazione è tratta dal salmo 118,22 che già Gesù ha utilizzato in una discussione con gli scribi (Luca 20,12). I dotti ebrei, studiosi della legge che interrogano, non condannano mentre colgono, stupiti, la franchezza e il fatto che fossero analfabeti e senza cultura. La franchezza (in greco parresia) indica la libertà e il coraggio con cui gli apostoli annunciano il loro messaggio, nonostante le minacce. Viene continuamente richiamato il termine salvezza che poi è il significato del nome Gesù:. «Dio salva» (Mt 1,21).

Colossesi 2, 8-15
Fratelli, fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

Colossesi 2,8-15
Paolo, già all'inizio del cap. 2, comunica ai Colossesi che il compito che si è assunto è quello di sostenere una lunga lotta per le Comunità cristiane di Colossi, di Laodicea e per tutti quelli che sono stati raggiunti dalla fede perché siano aiutati nella verità e quindi vengano consolati (2,1). Egli vuole "arricchire le sue comunità di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo". L'apostolo vuole chiarire ai credenti che la fede ci viene trasmessa dai fatti e dalle parole di Gesù mentre ci si ritrova in contesti in cui circolano insegnamenti e norme imposte da falsi profeti (è filosofia di cui parla). Non si deve, perciò, diventare "preda", cioè «ridursi in schiavitù». Siamo stati liberati dal potere delle tenebre e affrancati da Cristo (1,13s). Se lo si rinnega, si ritorna agli errori antichi: ricadremmo in schiavitù (cf.Gal 4,8s;5,1). Noi siamo stati chiamati a seguire Gesù. E Paolo unisce la parola «pienezza» (1,19) all'avverbio «corporalmente»: ci si richiama a Cristo risorto che ricapitola tutto il mondo divino (il suo essere preesistente e glorificato: la pienezza), e tutto il mondo creato, che ha assunto direttamente, facendosi uomo e quindi coinvolgendo anche il creato. Con la sua incarnazione e la sua risurrezione tutta la realtà, e quindi anche il corpo, entra nella pienezza di Dio. Il cristiano partecipa alla pienezza di Cristo, in quanto membro del suo corpo, del suo «pleroma» (cf.1,19). Associato così a colui che è capo delle potenze celesti, è ormai superiore ad esse. I vv seguenti sviluppano queste due idee: partecipazione del cristiano al trionfo di Cristo (vv 11-13); sottomissione delle potenze celesti a questo trionfo (vv 14-15). Il mondo antico è particolarmente sensibile alle gerarchie degli spiriti superiori, superiori agli uomini e immediatamente solo inferiori a Dio.
La presenza di Gesù che si pone alla destra di Dio sconcerta tutto l'equilibrio delle gerarchie celesti. Da qui discussioni e lacerazioni su questi temi, a noi molto lontani. Il documento inchiodato. Si usava, nel linguaggio e tra gli strumenti del commercio, scrivere un documento in cui si riportavano i debiti. In questo caso si suppone la certificazione e la denuncia dei peccati dell'uomo, oppure, secondo altre interpretazioni, la trascrizione della legge mosaica con tutti i suoi precetti. Il debitore certificava e sottoscriveva, di proprio pugno, il debito contratto, impegnandosi ad onorarlo, altrimenti sottoscriveva la propria condanna. In tal caso il sistema della Legge, proibendo il peccato, sfociava in una sentenza di morte, pronunciata contro l'uomo trasgressore (cf.Rm 7,7). È questa sentenza che Dio ha soppresso, eseguendola sulla persona del suo Figlio: dopo averlo «fatto peccato» (2Cor 5,21), «sotto la Legge» (Gal 4,4) e «maledetto» con essa (Gal 3,13), lo ha consegnato alla morte sulla croce, inchiodandolo al legno e distruggendo nella sua persona il documento che porta il nostro debito e che ci condanna.




Il cenacolo ove i discepoli si erano riuniti.

Giovanni 20, 19-31
In quel tempo. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


I discepoli erano chiusi in casa per paura. È un momento di disorientamento totale: l'amico più caro, il maestro che era sempre con loro, con cui avevano condiviso tre anni di vita, quello che camminava davanti, per cui avevano abbandonato tutto, non c'è più. L'uomo che sapeva di cielo, che aveva spalancato per loro orizzonti infiniti, è ora chiuso in un buco nella roccia. Ogni speranza finita, tutto calpestato (M. Marcolini). E in più la paura di essere riconosciuti e di fare la stessa fine del maestro. Ma quegli uomini e quelle donne fanno una scelta sapiente, forte, buona: stanno insieme, non si separano, fanno comunità. Forse sarebbero stati più sicuri a disperdersi fra la folla e le carovane dei pellegrini. Invece, appoggiando l'una all'altra le loro fragilità, non si sbandano e fanno argine allo sgomento. Sappiamo due cose del gruppo: la paura e il desiderio di stare insieme. Ed ecco che in quella casa succederà qualcosa che li rovescerà come un guanto: il vento e il fuoco dello Spirito. Germoglia la prima comunità cristiana in questo stringersi l'uno all'altro, per paura e per memoria di Lui, e per lo Spirito che riporta al cuore tutte le sue parole. Quella casa è la madre di tutte le chiese. Otto giorni dopo, erano ancora lì tutti insieme. Gesù ritorna, nel più profondo rispetto: invece di imporsi, si propone; invece di rimproverarli, si espone alle loro mani: Metti, guarda; tendi la mano, tocca. La Risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il vertice dell'amore, e resteranno aperte per sempre. Il Vangelo non dice che Tommaso abbia toccato. Gli è bastato quel Gesù che si ripropone, ancora una volta, un'ennesima volta; quel Gesù che non molla i suoi, neppure se l'hanno abbandonato tutti. È il suo stile, è Lui, non ti puoi sbagliare. Allora la risposta: Mio Signore e mio Dio. Mio, come lo è il respiro e, senza, non vivrei. Mio come il cuore e, senza, non sarei. Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Grande educatore, Gesù. Forma alla libertà, a essere liberi dai segni esteriori, e alla serietà delle scelte, come ha fatto Tommaso. Che bello se anche nella Chiesa, come nella prima comunità, fossimo educati più alla consapevolezza che all'ubbidienza; più all'approfondimento che alla docilità. Queste cose sono state scritte perché crediate in Gesù, e perché, credendo, abbiate la vita. Credere è l'opportunità di essere più vivi e più felici, di avere più vita: «Ecco io credo: e carezzo la vita, perché profuma di Te!» (Rumi).