DOMENICA DELL’INCARNAZIONE
23 dicembre 2018
Luca 1, 26-38a
Riferimenti : Isaia 62, 10 – 63, 3b - Salmo 71 - Filippesi 4, 4-9
Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l’oppressore. Scenda come pioggia sull’erba, come acqua che irrora la terra.

Isaia 62, 10 – 63, 3b
In quei giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le porte, / sgombrate la via al popolo, / spianate, spianate la strada, / liberatela dalle pietre, / innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire / all’estremità della terra: / «Dite alla figlia di Sion: / “Ecco, arriva il tuo salvatore; / ecco, egli ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo precede”. / Li chiameranno “Popolo santo”, / “Redenti del Signore”. / E tu sarai chiamata Ricercata, / “Città non abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom, / da Bosra con le vesti tinte di rosso, / splendido nella sua veste, / che avanza nella pienezza della sua forza?». / «Sono io, che parlo con giustizia, / e sono grande nel salvare». / «Perché rossa è la tua veste / e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». / «Nel tino ho pigiato da solo / e del mio popolo nessuno era con me».

Isaia 62, 10 - 63, 3b
Siamo al canto del ritorno, della gloria del popolo finalmente splendido e salvato, della scoperta della bellezza della sua elezione da parte di Dio che ha scelto Gerusalemme come sposa. I primi versetti del capitolo 62 celebrano questa bellezza e questo splendore: "Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo". (62,3-4) E continua: "Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. (62,5). In questo splendore si formulano anche gli inviti. Ma bisogna rendere possibili gli accessi a questa città poiché bisogna onorare l'ospite prezioso che è il Signore, il Salvatore sta per entrare e facilitare gli invitati, anche "alzando un vessillo per i popoli". Questa Gerusalemme perciò, visitata da tutti i popoli e che riceve, insieme, come città della pace, il Signore, è inondata di regali e di ricompense per il progetto futuro. Vengono dati a Gerusalemme quattro nomi simbolici che indicano le qualità del nuovo popolo di Dio: «"Li chiameranno "Popolo santo", "Redenti del Signore", "Ricercata", "Città non abbandonata"». Nel voler celebrare la grandezza e la novità il profeta della restaurazione della città liberata inserisce un testo carico di quelle immagini di guerra che un combattente eroe, vincitore e liberatore di Gerusalemme, porta con sé. Dio viene descritto come un vendemmiatore che torna dopo aver pigiato l'uva nel tino: i suoi abiti sono sporchi di mosto ma quel mosto è il sangue dei popoli nemici di Israele di cui Edom è il nemico tradizionale. Le stesse immagini e il ricordo preciso di Edom, in modi più tempestosi e più apocalittici, vengono ricordati in Isaia al capitolo 34 (Is.34,1-7).

ai Filippesi 4, 4-9
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Filippesi 4, 4-9
S. Paolo, nella parte finale della lettera ai Filippesi, si preoccupa, da buon maestro, di suggerire uno stile pieno di gioia e di amore. La comunità, evangelizzata nel 2° viaggio missionario di Paolo (verso il 49 d.C.), gli è molto vicina, sentendosi particolarmente amica e grata. Così i Filippesi si sentono il dovere di raggiungerlo fino in carcere, dove si trova, con una generosa offerta mediante Epafrodito. Egli, nello stesso tempo, offre e racconta i progressi di questa chiesa. E Paolo si sente rincuorato a sua volta: "Voi siete mia gioia e mia corona" (4,1). La prima parte di questo testo (4,4-5) e la terza parte (4, 8-9) hanno, come riferimento, la vicinanza di Dio, mentre, nella parte centrale (4, 6-7), la preghiera apre la propria vita sul mondo di Dio attraverso una comunicazione profonda di ringraziamento, di suppliche e di intercessione. Così, concludendo la lettera, Paolo, dopo alcune esortazioni, consigli pratici e raccomandazioni, invita alla gioia. "Rallegratevi nel Signore". E se può sembrare una stranezza comandare la gioia, Paolo crede che ci si debba sforzare di raggiungere questo sentimento poiché egli stesso sta sperimentando la gioia in rapporto a Cristo risorto (il Signore). Egli ha scoperto di poterla vivere con fedeltà per la consapevolezza che il suo sacrificio può aiutare a far crescere la fede ai credenti di Filippi. La gioia porta amabilità con gli uomini e la vicinanza della venuta del Signore; anzi, più che incentivare il distacco verso questo mondo, diventa occasione di un impegno più solido e saldo dì amore.


Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

Luca 1, 26-38a
Luca inizia il suo Vangelo con due annunciazioni: quella di Zaccaria nel tempio e quella di Maria, probabilmente in casa, e con due nascite: quella di Giovanni Battista e quella di Gesù. Sono coinvolte due donne: Elisabetta sterile, anziana, senza figli e Maria ragazza non ancora sposata, perciò non ancora capace di diventare madre. Le due situazioni sono simili: sono quelle della povertà agli occhi dei concittadini. Nel mondo ebraico, se è apprezzata la verginità prima del matrimonio come doverosa, dopo il matrimonio diventa un segno di disprezzo: un grembo secco, senza vita e quindi maledetto. Tutto il testo ci riporta ad una lettura teologica. Più che raccontarci che cosa è avvenuto, ci troviamo di fronte ad un lungo e profondo messaggio di Dio. E i riferimenti si ritrovano in diversi passi dell'AT, in particolare con l'apparizione dell'angelo a Gedeone (Gdc 6,11-24), confrontandola con l'annuncio della nascita di Sansone (Gdc 13,2-7). La grandezza e la dignità del bambino, invece, rimanda a tutto il mondo dell'AT, soprattutto in rapporto con Davide e la sua discendenza (2Sam 7,1ss). Nazareth è una città della Galilea, abitata da ebrei ma anche da pagani ("Galilea delle genti" Mt 4,15) e quindi ben lontana dalla santità e purezza di Gerusalemme. A Gesù questa sua origine fu fatta pesare spesso. Così, in una povertà di luogo e di persone un annuncio stupefacente viene rivolto a Maria: "Rallegrati o favorita da Dio, il Signore è con te". Il saluto ritrova le parole di Sofonia e Zaccaria, due profeti che vogliono consolare la "figlia di Sion" ed apre orizzonti di novità e di sorpresa su una Gerusalemme angosciata dalle rovine e dalla sconfitta. Maria si sente identificata con l'amata di Dio, la sposa, il popolo d'Israele che riceve speranza e gioia.: "Gioisci, figlia di Sion" (Sof3,14; Zac 9,9). E' una gioia grande, che si orienta ad una promessa e ad una presenza enorme: "Il Signore ( il Creatore, il Liberatore, il Santo dei Santi) è con te". Così il saluto è rivolto a Maria, ma anche a tutto Israele. E come è amata Israele è amata Maria e vice versa. Il saluto è sconcertante ed ha bisogno di chiarificazioni. Maria conosce le Scritture e la rivelazione è strana. In tal modo segue una spiegazione. "Dio ti chiede di diventare madre di colui che è atteso da sempre, e che riassume in sé la grandezza del popolo, la santità di Dio, la pienezza dell'Altissimo. Accetti?" Dio vuole salvare il mondo con una presenza impensabile, ma ha bisogno della disponibilità di una giovane donna. Tutto il passato e il futuro si ferma in questo attimo presente: "Non temere Maria".