
III DOMENICA DI AVVENTO –
Le profezie adempiute 2 dicembre 2018
Luca 7, 18-28
Riferimenti : Isaia 45, 1-Salmo 125-Romani 9, 1-5 |
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci
sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di
sorriso, la nostra lingua di gioia. Allora si diceva tra le
genti: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro». Grandi cose
ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia. |
Isaia 45, 1-8 Dice il Signore del
suo eletto, di Ciro: / «Io l’ho preso per la
destra, / per abbattere davanti a lui le
nazioni, / per sciogliere le cinture ai fianchi
dei re, / per aprire davanti a lui i battenti
delle porte / e nessun portone rimarrà chiuso. /
Io marcerò davanti a te; / spianerò le asperità
del terreno, / spezzerò le porte di bronzo, /
romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò
tesori nascosti / e ricchezze ben celate, /
perché tu sappia che io sono il Signore, / Dio
d’Israele, che ti chiamo per nome. / Per amore
di Giacobbe, mio servo, / e d’Israele, mio
eletto, / io ti ho chiamato per nome, / ti ho
dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io
sono il Signore e non c’è alcun altro, / fuori
di me non c’è dio; / ti renderò pronto
all’azione, anche se tu non mi conosci, / perché
sappiano dall’oriente e dall’occidente / che non
c’è nulla fuori di me. / Io sono il Signore, non
ce n’è altri. Io formo la luce e creo le
tenebre, / faccio il bene e provoco la sciagura;
/ io, il Signore, compio tutto questo. /
Stillate, cieli, dall’alto / e le nubi facciano
piovere la giustizia; / si apra la terra e
produca la salvezza / e germogli insieme la
giustizia. / Io, il Signore, ho creato tutto
questo». Isaia:45, 1-8 Gli
ebrei si trovano a Babilonia, deportati dopo la
sconfitta e la distruzione di Gerusalemme. Sorge
un profeta anonimo per noi, ma conosciutissimo
ed ascoltato presso gli esuli che ricordano con
nostalgia la città di Dio, Gerusalemme,
abbandonata e distrutta (siamo nel sec VI
a.C.).. Questo profeta anonimo (che si usa
chiamare Secondo Isaia, ma i cui vaticini sono
inseriti nell'unico libro di Isaia) rivela ciò
che Dio ha riservato per il futuro dei suoi
fedeli. Essi ritorneranno, se lo vorranno,
poiché un nuovo re, Ciro, re dei persiani, nelle
sue campagne militari vittoriose, sta
conquistando e sottomettendo i regni dell'Asia
Minore e dell'Oriente. Si dirige verso
Babilonia, la conquista senza incontrare
resistenza, libera i popoli sottomessi e
proclama, con un editto a tutti i deportati, che
possono tornare nelle loro terre se lo
desiderano. Di fatto non tutti gli ebrei
ritorneranno, ma molti si fermano a Babilonia e
addirittura vi si istituisce una scuola ebraica
famosa nei secoli futuri. Ciro si presenta come
salvatore degli oppressi e difensore dei deboli.
Se la storia racconta queste vicende, l'autore
biblico tenta di aiutare ad interpretare i fatti
avvenuti, svelando che questo re è un eletto dal
Signore, Dio di'Israele, mandato da lui anche se
il re non lo sa e non conosce il Dio degli ebrei
e quindi attribuisce la sua vittoria al suo Dio
e alla sua buona sorte. "Io l'ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re (per
disarmarli), per aprire davanti a lui i battenti
delle porte e nessun portone rimarrà chiuso"
(45,1). L'avere unito insieme il Dio creatore e
il Dio che conduce la storia aiuta a capire che
"Io sono il Signore e non ce ne alcun altro;
fuori di me non c'è Dio; ti renderò pronto
all'azione, anche se tu non mi conosci" (v5).
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ai Romani 9, 1-5 Fratelli, dico
la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà
testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore
e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso
anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei
consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno
l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il
culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro
proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa,
Dio benedetto nei secoli. Amen. Romani 9, 1-5
Il cap 8 è un grande canto di amore e di meraviglia per quanto
il Signore ha fatto, ha offerto e sta facendo maturare nella
vita di ogni credente. E tuttavia Paolo si sente sconcertato
proprio dalla lontananza, nell'insieme, del suo popolo dalla
fede nel Signore Gesù. Questa lettera è scritta a circa 30 anni
dalla morte e risurrezione di Gesù e ormai si è profilato con
certezza l'atteggiamento complessivo del popolo d'Israele, anche
se molti hanno aderito alla fede in Cristo. Il dramma sempre
acuto di Paolo fa riferimento al cammino del suo popolo. E lo
sconcerto aumenta quando Paolo confronta l'entusiasmo di alcuni
pagani che accolgono il messaggio di Gesù e parallelamente deve
verificare un distacco ormai incolmabile dai suoi. Egli dice che
accetterebbe persino di diventare un maledetto ("anatema") se
questo potesse servire a qualcosa. E' la stessa sofferenza che
visse Mosè di fronte al tradimento del suo popolo, che aveva
costruito nel deserto un vitello d'oro, e addirittura alla
stanchezza di Dio che voleva cancellare tutti per ricominciare
con Mosé, l'ultimo fedele rimasto, un popolo nuovo. Così Paolo
ripensa alla preghiera che Mosè aveva fatto a Dio: "Ora tu
perdona il loro peccato, se no, cancellami dal tuo libro che hai
scritto" (Es 32,32). Ma dopo Mosè l'esperienza della fedeltà di
Dio si è manifestata in modo impensabile e quindi Paolo continua
a ricordare i doni che Dio non ritrae, sempre presenti,
garantiti rispetto ai popoli pagani.
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Luca
7, 18-28 In quel
tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose.
Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu
colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli
uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti:
“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello
stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi
e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e
riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la
vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i
morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui
che non trova in me motivo di scandalo!». Quando gli inviati di Giovanni
furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa
siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che
cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli
che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re.
Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più
che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando
il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra
i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel
regno di Dio è più grande di lui».
Luca 7, 18-28
In questo testo Luca vuol aiutarci a capire quanto
fosse diversa l'attesa del Messia e quindi l'interpretazione della sua venuta
nel popolo d'Israele: e questo non solo tra le persone semplici e analfabete
ma anche tra le persone dotte ed esperte della legge e perfino nelle persone
più vicine e più coerenti quale Giovanni Battista. Luca introduce in un
contesto particolare l'interrogativo drammatico di Giovanni Battista sul
messianismo di Gesù. Nel cap 6 ha riletto le "beatitudini" di Gesù,
riducendole da 9 (secondo la versione di Matteo) a 4, ma confrontandole con i
"guai" corrispondenti: 4 "beatitudini" e 4 "guai" (6,20-26). Poi fa seguire
alcune raccomandazioni sapienziali sull'amore e sul comportamento
coerente.(6, 27-38). Infine Luca conclude, come Matteo, il lungo discorso
delle beatitudini, con l'immagine della casa sulla roccia, garanzia di
radicamento in Gesù (Lc 46-49; Mt 7,21-27). All'insegnamento di Gesù Luca
aggiunge due miracoli: la guarigione del servo di un centurione (7,1-10 dono
ad un pagano del servo ristabilito) e la risurrezione del figlio della vedova
di Nain (7,11-17 dono ad una vedova del figlio ritornato in vita). In tal
modo Luca ricorda che i poteri di Gesù si allargano su orizzonti immensi con
gesti ritenuti finora impossibili: accettare un pagano e risuscitare un
morto. Ora che ha preparato il campo, raccontando, in sintesi, ciò che Gesù
ha detto ed ha fatto, Luca sente di poter parlare di Giovanni, del suo ruolo
indispensabile, ma anche delle sue difficoltà ad accettare il messaggio di
Gesù, poiché è assolutamente inimmaginabile rispetto alle sue attese. Il
Messia, si pensa, deve essere un giustiziere e un regolatore di libertà,
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