DOMENICA NELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
30 dicembre 2018
Giovanni 1, 1-14 Riferimenti : Proverbi 8, 22-31 -
Salmo 2 - Colossesi 1, 13b. 15-20 |
Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha
detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti
darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane». |
Proverbi 8, 22-31 La Sapienza grida:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua
attività, / prima di ogni sua opera,
all’origine. / Dall’eternità sono stata formata,
/ fin dal principio, dagli inizi della terra. /
Quando non esistevano gli abissi, io fui
generata, / quando ancora non vi erano le
sorgenti cariche d’acqua; / prima che fossero
fissate le basi dei monti, / prima delle
colline, io fui generata, / quando ancora non
aveva fatto la terra e i campi / né le prime
zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli,
io ero là; / quando tracciava un cerchio
sull’abisso, / quando condensava le nubi in
alto, / quando fissava le sorgenti dell’abisso,
/ quando stabiliva al mare i suoi limiti, / così
che le acque non ne oltrepassassero i confini, /
quando disponeva le fondamenta della terra, / io
ero con lui come artefice / ed ero la sua
delizia ogni giorno: / giocavo davanti a lui in
ogni istante, / giocavo sul globo terrestre, /
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
Proverbi 8, 22-31 Il libro dei
Proverbi, nonostante sia stato attribuito a
Salomone (1,1), va considerato come opera di
diversi autori, confluiti nei secoli a fissare
il testo attuale. La parte più antica risale
all'epoca della monarchia in Israele (X-VII
sec.); voleva sintetizzare comportamenti e
saggezze che servissero da modello per la corte,
la famiglia, la scuola, la formazione degli
scribi e degli impiegati nell'amministrazione
del regno. I primi nove capitoli, da cui è stato
tratto il testo di oggi, riflettono la
concezione della Sapienza che si è affermata
dopo l'esilio babilonese (V sec.): la Sapienza
diventa anzitutto una prerogativa divina, e non
è più soltanto un mezzo per ottenere successo e
benevolenza. Nei libri sapienziali
dell'Antico Testamento spesso la Sapienza stessa
è personificata. Quasi una tecnica teatrale
permette alla Sapienza di presentarsi agli
uomini desiderabile più d'ogni altra cosa, di
castamente sedurli e farli innamorare di sé,
così che abbiano la vita piena e vera. Il
libro dei Proverbi pone, all'inizio di tutto, la
creazione-generazione della Sapienza. E'
anteriore a tutto, ma è pure principio di tutto,
principio nel tempo e principio di ogni realtà,
perché l'intelligenza umana scopre, con
meraviglia inesausta, le tracce
dell'intelligenza divina nelle cose del mondo:
rapporti, meccanismi, sistemi complessi che
suggeriscono una progettualità, sommamente
sapiente, che ha prodotto la realtà e la conduce
nel tempo. D'altra parte il libro dei Proverbi
rivela qualcosa di Dio stesso: questa Sapienza è
anche altra da lui, si pone come suo partner
nell'opera della creazione, come "consigliere al
suo fianco" e, molto di più, come sua "delizia",
giorno dopo giorno, bimba o donna dagli occhi
sempre ridenti. Ciò che fa ridenti gli occhi di
Sapienza è il globo terrestre, la terra che Dio
ha creato, e delizia della Sapienza sono i figli
dell'uomo. L'Antico Testamento è giunto fino ad
affermare che Dio non è solo nel creare il
mondo. Gesù riprenderà questa riflessione e
la svilupperà. La prima Comunità cristiana via
via collegherà la Sapienza che crea con Dio ed
il Verbo di Dio che si è fatto uomo in Gesù. |
Colossesi 1, 13b. 15-20 Fratelli, il
Figlio del suo amore è immagine del Dio invisibile, /
primogenito di tutta la creazione, / perché in lui furono create
tutte le cose / nei cieli e sulla terra, / quelle visibili e
quelle invisibili: / Troni, Dominazioni, / Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create / per mezzo di lui e in vista di
lui. / Egli è prima di tutte le cose / e tutte in lui
sussistono. / Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. /
Egli è principio, / primogenito di quelli che risorgono dai
morti, / perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio / che abiti in lui tutta la pienezza /
e che per mezzo di lui e in vista di lui / siano riconciliate
tutte le cose, / avendo pacificato con il sangue della sua croce
/ sia le cose che stanno sulla terra, / sia quelle che stanno
nei cieli. Colossesi 1, 13b. 15-20 A Colossi la
comunità è disorientata da una dottrina d'origine ebraica e
pagana che esalta i ruoli di misteriose potenze celesti, ben
oltre la dignità di Gesù. Paolo in questa lettera si preoccupa
di porre una riflessione approfondita su Gesù e il suo ruolo,
come riferimento fondamentale del creato e di tutta la Chiesa.
Sembra che qui si citi un inno cristiano primitivo (3,16)
composto di due strofe. La prima strofa (vv 15.16) celebra il
ruolo di Cristo nella prima creazione e nella nuova creazione
(2Cor 5,17). Spiega il significato di «tutte le cose» (vv
16bcd.20b) come richiamo ai credenti che tendevano a riferire un
ruolo preminente agli angeli (2,18). La seconda strofa (Col
1,18-20) proclama la Chiesa: come corpo di Cristo; di essa
Cristo ne è il capo, sia per la sua priorità nel tempo (nella
creazione e primo tra i risuscitati, v18), e sia per la sua
riconciliazione di tutte le cose: egli è perciò «principio»
nell'ordine della salvezza (v 20). Si intravede la pienezza
«della divinità» (come in Col 2,9).
 
antico papiro, il
P52, contenente un frammento del testo giovanneo (davanti e il retro) |
Giovanni 1, 1-14 In principio era il Verbo, / e il Verbo era
presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era, in principio, presso Dio: /
tutto è stato fatto per mezzo di lui / e senza di lui nulla è stato fatto di
ciò che esiste. In lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini; /
la luce splende nelle tenebre / e le tenebre non l’hanno vinta. / Venne un
uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone
/ per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di
lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. /
Veniva nel mondo la luce vera, / quella che illumina ogni uomo. / Era nel
mondo / e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; / eppure il mondo non lo
ha riconosciuto. / Venne fra i suoi, / e i suoi non lo hanno accolto. / A
quanti però lo hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio: / a
quelli che credono nel suo nome, / i quali, non da sangue / né da volere di
carne / né da volere di uomo, / ma da Dio sono stati generati. E il Verbo
si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi; / e noi abbiamo
contemplato la sua gloria, / gloria come del Figlio unigenito / che viene dal
Padre, / pieno di grazia e di verità. Giovanni 1, 1-14 Il
Prologo (o Introduzione: si chiamano così i primi 18 versetti del Vangelo di
Giovanni) si presenta come un testo libero, un canto che prende vita e cresce
da un versetto all'altro. Esso parla della manifestazione di Gesù che rivela
Dio. Gesù è il narratore che parla del Padre, dell'amore che lega il Figlio
al Padre e di ambedue nei riguardi dell'uomo. Egli è l'icona visibile del
Dio invisibile, perché chi vede il Figlio vede il Padre. Questa
Rivelazione del Prologo, del Figlio nel Padre e del Padre attraverso il
Figlio, trova il suo punto massimo in Gv. 16,28: "Sono venuto nel mondo, ora
lascio di nuovo il mondo e vado al Padre". Così, a questo i suoi discepoli
rispondono: "Ora parli chiaramente e non usi similitudini, ora conosciamo che
sai tutto...per questo crediamo che sei uscito da Dio" Il prologo e tutto
il vangelo si formano dal moto di Gesù che, uscito dal Padre torna al Padre.
La struttura interna, con la discesa nel mondo e con la salita al Padre,
raggiunge nella nostra vita il suo vertice nel dono della luce, della grazia
e della verità che, se accolte, ci rendono figli di Dio. Il Prologo è
l'inizio del vangelo di Giovanni che illustra, anticipandoli e
sintetizzandoli, tutti i temi del Vangelo di Giovanni: Gesù è il Verbo di Dio
che si fa carne e viene ad abitare tra noi. Possiamo distinguere quattro
sezioni in cui si intrecciano i significati - della identità del Verbo e
della sua missione nel mondo, rivelatore del Padre e salvatore, - della
missione di Giovanni Battista, - del rifiuto e della fede del mondo in
Cristo Gesù, - di pienezza di Cristo. La prima sezione (vv. 1-5) ci
presenta il Verbo, come Dio, origine e mediatore della creazione, vita e
luce. Egli è fonte di vita per gli uomini in quanto creatore con Dio e in
quanto luce degli uomini. La luce rivela ciò che è nascosto: il mistero di
Dio, e ciò che si nasconde nelle tenebre: il peccato degli uomini.
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