
NATALE DEL SIGNORE
25 dicmbre 2018
Luca 2, 1-14
Riferimenti : Isaia 8, 23b-9, 6a -
Salmo 95 - Ebrei 1, 1-8a |
Cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno
in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua
gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie |
Isaia 8, 23b-9, 6a In passato il
Signore Dio umiliò la terra di Zàbulon e la
terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa
la via del mare, oltre il Giordano, Galilea
delle genti. Il popolo che camminava nelle
tenebre / ha visto una grande luce; / su coloro
che abitavano in terra tenebrosa / una luce
rifulse. / Hai moltiplicato la gioia, / hai
aumentato la letizia. / Gioiscono davanti a te /
come si gioisce quando si miete / e come si
esulta quando si divide la preda. / Perché tu
hai spezzato il giogo che l’opprimeva, / la
sbarra sulle sue spalle, / e il bastone del suo
aguzzino, / come nel giorno di Madian. / Perché
ogni calzatura di soldato che marciava
rimbombando / e ogni mantello intriso di sangue
/ saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi, / ci è stato
dato un figlio. / Sulle sue spalle è il potere /
e il suo nome sarà: / Consigliere mirabile, Dio
potente, / Padre per sempre, Principe della
pace. / Grande sarà il suo potere / e la pace
non avrà fine / sul trono di Davide e sul suo
regno, / che egli viene a consolidare e
rafforzare / con il diritto e la giustizia, ora
e per sempre. Isaia. 8, 23b -
9, 6a La via del mare, famosissima, percorsa
da carovane, eserciti e commercianti, collegava
l'Egitto, a sud, con la Mesopotamia a nord,
passando attraverso il territorio di Zàbulon e
di Nèftali, a settentrione d'Israele. E questa
strada era la vena del sangue infetto, che
sconvolgeva le regioni che attraversava,
travolte da sconvolgimenti politici e militari,
invasioni e distruzioni. Era la terra dove
ancora si mescolavano popolazioni ebraiche e
popolazioni dalla religione deforme, tra la
legge dei profeti e le idolatrie pagane,
mantenute dallo stanziamento, nel secolo VIII,
delle popolazioni pagane assire. Era la terra
del disfacimento e delle tenebre, sconvolta,
senza speranza. Il profeta annunciò,
inaspettato, un presagio nuovo ed un sogno
inimmaginabile. Un nuovo re, discendente da
Davide, sarebbe nato ed avrebbe portato la luce
nuova. Il profeta stava puntando gli occhi sul
re del regno di Giuda: Ezechia che regnava,
libero ancora da invasioni, a cui sarebbe nato
tra poco un figlio: Giosia. Il profeta glielo
aveva promesso come dono di Dio. Egli avrebbe
liberato tutto il popolo, da nord a sud come al
tempo di Davide. Due sono le tragedie che
vengono denunciate: il lavoro rubato e la
schiavitù. Non ci saranno più eserciti che ti
rapineranno del raccolto o te lo bruceranno
Ritorneranno i campi a fiorire e a far frutti:
nella pace si coltiverà, si seminerà e si
raccoglierà. Saranno tempi in cui seminerai
sereno e raccoglierai senza timore. E per
raccontare la gioia che sarebbe esplosa, il
profeta ricordò l'entusiasmo del mietere, quando
si toccava con mano l'abbondanza. Insieme cadrà
anche la schiavitù. Vengono ricordate tre
parole: "il giogo, la sbarra ed il bastone".
Verrà un tempo in cui il popolo diventerà
libero: spezzerà il giogo, frantumerà la sbarra
di legno o di ferro che portavano sulle spalle
gli schiavi e i deportati, per incatenare gli
uni agli altri; e non ci sarà più il bastone che
spaccava le ossa dei sottoposti. Il bastone
dell'aguzzino sarà abbandonato come al tempo di
Madian quando Gedeone vinse i Madianiti (Gdc 7,
16-25). E ci saranno i fuochi che bruceranno
calzature e mantelli insanguinati. Il fuoco
purificatore frenerà gli eserciti, non si
sentirà più il rumore assordante delle calzature
chiodate: non si muoverà più un esercito contro
il popolo di Dio poiché non si è mai visto un
esercito vincitore scalzo. E non si aggireranno
i violenti con mantelli insanguinati, segno
della prepotenza, della dissacrazione della
vita, della lontananza da Dio.
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agli Ebrei 1, 1-8a Fratelli, Dio,
che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva
parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi
giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito
erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il
mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua
sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver
compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della
maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli
quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: / «Tu sei mio
figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre /
ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il
primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di
Dio». Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al
vento, / e i suoi ministri come fiamma di fuoco», / al Figlio
invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli».
Eb 1,1-8a Si chiama "lettera agli Ebrei" ma
non è una lettera, come quelle di Paolo. E' piuttosto una lunga
riflessione-omelia inviata al popolo di Dio che si è convertito
a Cristo e che deve approfondire il significato della Parola di
Dio ereditata dai padri e dai profeti. Essa si pone in confronto
con Gesù, il Figlio. In questo documento Gesù è detto sommo
sacerdote e colui che sintetizza, nella sua vita e nella sua
vocazione, tutto il messaggio del Padre. Dio ha parlato in molti
modi, e la coscienza credente, immediatamente, fa riferimento
alla creazione, la cui bellezza e bontà esprimono la grandezza e
la bellezza del Signore. Chi non sa leggere questo splendore è
chiamato "stolto" perché si è fermato alla superficie delle cose
e degli avvenimenti della natura, scambiandoli per divinità, è
infelice poiché non va alla ricerca del senso completo della
realtà (Sapienza 13,1-3). Ma poi il popolo ha avuto la
rivelazione attraverso i profeti (v 1) e il Signore ha espresso
con grande attenzione ed abbondanza la sua parola perché il
popolo, per la sapienza dei padri, si rendesse conto della
delicatezza e della premura di Dio. Ultimamente Dio ha mandato
il suo Figlio, già misteriosamente presente, se "mediante il
quale ha fatto anche il mondo" (v 2). Mentre lo svela nella sua
umanità, l'autore non si preoccupa di sviluppare oltre la sua
riflessione sul Figlio dicendolo uomo (per le prime comunità era
un fatto scontato), ma è attento a richiamare l'identità della
stessa natura sia del Figlio che del Padre, e tuttavia chiarisce
la distinzione del Figlio dal Padre. Perciò nella testimonianza
e nella parola di Gesù, il Figlio, c'è la garanzia della
pienezza della conoscenza di noi suo popolo e il nostro cammino
verso il Padre. Siamo in compagnia del Figlio che, prima ci
purifica dal male (e viene adombrato il sacrificio del nuovo
eterno sacerdote) (v 3), ma insieme, per la sua grandezza di
Figlio che giudica il male ed il mondo, addirittura superiore
agli angeli, ci eleva, come suo popolo, ad altezze vertiginose.
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Luca
2, 1-14 In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse
il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando
Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire,
ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di
Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli
apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire
insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel
luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro
non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che,
pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro
gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro:
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo
Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce,
adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine
dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto
dei cieli / e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Luca2, 1-20. Natale del Signore. Quante parole, quante riflessioni
religiose abbiamo sentito nei natali della nostra vita! Alcune
particolarmente significative, altre meno. Oggi mi fanno pensare alcune
parole: - Nascita. Il Natale è una nascita, e una nascita è un venire alla
luce; se poi ci riferiamo alla nascita di Gesù, dovremmo sottolineare
fortemente che è una nascita per una liberazione, per una salvezza, per una
novità di vita, che è speranza, che è promessa. - Non c'è posto. Ci fa
pensare a tutte le emarginazioni lontane e vicine, a tutte le esclusioni, di
cui siamo complici anche noi, a tutte le forme (e possono essere anche
ineccepibili e corrette), a giustificazioni con cui scacciamo dalla mente chi
ci è molesto . - Grande gioia. È la contrapposizione del dolore e nasce
appunto da un bimbo avvolto in fasce; come a dire che occorre chinarsi e
rifarsi sempre, anche nei momenti di buio e di angoscia, sulla possibilità di
vita suscitata dal sorriso o dal pianto di chi comincia a vivere, ad essere
nella luce, di chi si è abituato a trascurare, senza capire che magari è
portatore di cambiamento. - Non temete. La paura paralizza, blocca ogni
vitalità, ogni fermento, ogni partecipazione; getta nell'inerzia e insinua
nella vita germi di morte. Dobbiamo sempre cercare il "segno" di un
bambino che nasce, perché è segno di resurrezione, di qualcosa che può
diventare prezioso e importante, perché è stato concepito dall'amore di Dio.
L'augurio è di farne memoria nel nostro cuore e di trasformare in sorriso
ogni tentazione di lamentela. |