
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
24 febbraioi 2019
Marco 2, 13-17
Riferimenti : Daniele 9, 15-19 - Salmo 106 - Prima lettera a
Timòteo 1, 12-17 |
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché
il suo amore è per sempre. Lo dicano quelli che il Signore ha
riscattato, che ha riscattato dalla mano dell’oppressore e ha
radunato da terre diverse. Nell’angustia gridarono al Signore ed
egli li liberò dalle loro angosce. Li guidò per una strada
sicura, perché andassero verso una città in cui abitare. |
Daniele 9, 15-19 In quei giorni.
Daniele pregò il Signore dicendo: «Signore,
nostro Dio, che hai fatto uscire il tuo popolo
dall’Egitto con mano forte e ti sei fatto un
nome qual è oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo
agito da empi. Signore, secondo la tua
giustizia, si plachi la tua ira e il tuo sdegno
verso Gerusalemme, tua città, tuo monte santo,
poiché per i nostri peccati e per l’iniquità dei
nostri padri Gerusalemme e il tuo popolo sono
oggetto di vituperio presso tutti i nostri
vicini. Ora ascolta, nostro Dio, la preghiera
del tuo servo e le sue suppliche e per amor tuo,
o Signore, fa’ risplendere il tuo volto sopra il
tuo santuario, che è devastato. Porgi
l’orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e
guarda le nostre distruzioni e la città sulla
quale è stato invocato il tuo nome! Noi
presentiamo le nostre suppliche davanti a te,
confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla
tua grande misericordia. Signore, ascolta!
Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza
indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché
il tuo nome è stato invocato sulla tua città e
sul tuo popolo». Daniele 9,
15-19 Il libro di Daniele costituisce
un'opera coraggiosa e generosa poiché viene
composta in drammatici momenti di persecuzione e
di timore. Il libro di Daniele è stato scritto
attorno al secolo II a.C., nel periodo in cui
prende il potere in Siria Antioco IV Epifane:
anno 175 a.C. Preoccupato della vastità del suo
regno e delle molteplici culture che rendono
difficile il governo, il re decide di uniformare
tutti i popoli sottomessi nella cultura e nella
legislazione ellenista, pretendendo così che
debbano rinunciare ai loro dei o almeno
introducano nel loro panteon anche gli dei
importati da Antioco. Molti dei popoli non hanno
problemi e questo rende più sereno il nuovo
dominio. Ma gli ebrei vedono in tutto questo una
bestemmia ed un affronto e perciò si ribellano
in uno scontro, impari eppure violentissimo e
con alterne vicende. Antioco, per tre anni e
mezzo, tenta di abbattere la resistenza con le
armi. Il racconto delle lotte partigiane è
raccolto nei libri dei Maccabei che ci danno un
resoconto di questa lotta durissima. Ma mentre
tale racconto della lotta dei fratelli Maccabei
ricorda fatti ormai avvenuti nel passato, e
quindi vi si può ritornare senza pericolo, il
libro di Daniele è contemporaneo alle
persecuzioni del II secolo. Così, per non
tradirsi, l'autore colloca gli avvenimenti
almeno tre secoli prima, in Babilonia, al tempo
del re Nabucodonosor. In tal modo i fatti
raccontati acquistano il significato compiuto di
lotta, ma anche di soluzione e di pace poiché il
popolo, alla fine, sarà liberato e chi vorrà
potrà tornare. In realtà i fatti antichi vanno
riletti nel crogiuolo della fatica e della
persecuzione perdurante. |
Prima lettera a Timòteo 1, 12-17
Carissimo, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo
Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia
mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un
persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia,
perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia
del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla
carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di
essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per
questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in
me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io
fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere
la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e
unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
1Timoteo 1, 12-17 Questa lettera ha come
destinatario non tanto una comunità quanto una persona, Timoteo,
discepolo da molto, grande collaboratore di Paolo che, poi, è
stato posto a capo della Chiesa di Efeso, mentre Tito, altro
destinatario di una delle tre "lettere pastorali", è a capo
della Comunità nell'isola di Creta. Le tre lettere (due a
Timoteo e una a Tito) sono dette "pastorali" perché sono
indirizzate ai responsabili di comunità, per la loro cura nel
governo, nell'insegnamento e nella condotta della comunità a cui
presiedono. L'immagine che ne risulta è quella di una Chiesa
ormai stabile, che ha bisogno di una organizzazione coerente e
coraggiosa, capace di superare gli ostacoli e le iniziali
eresie, serpeggianti alla fine del secolo I. Timoteo è nato a
Listra, da padre greco e madre giudea (At16,1). Forse convertito
da Paolo stesso nella sua predicazione del primo viaggio
missionario (attorno al 45 d. C), è lungamente istruito dalla
nonna Loide e dalla madre Eunice, già cristiane. Al tempo del
secondo viaggio missionario Paolo lo prende con sé, come
collaboratore, e lo educa via via, maturandolo nella fede.
Diventato adulto, assume importanti incarichi affidati da Paolo
presso le comunità dei macedoni e di Corinto.. L'apostolo Paolo,
in questi versetti, ricorda la sua conversione che Gesù ha
compiuto "fortificandolo" e affidandogli il compito del
ministero: "Così sono cambiato, dice Paolo, da bestemmiatore ad
annunciatore. Il Signore sovrabbondò con la fede e la carità".
Paolo dice che la verità di Gesù, venuto nel mondo a salvare, è
stata da lui stesso verificata. Sa così di essere diventato un
esempio, un testimone ed ha raggiunto, senza merito, un tale
ruolo da diventare maestro delle genti nella fede e nella
verità.
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Marco
2, 13-17 In quel tempo. Il Signore Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta
la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio
di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si
alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani
e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti
quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare
con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e
beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro:
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono
venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Marco 2, 13-17
Marco racconta dell'invito di Gesù a Levi perché faccia parte della sua
sequela.. Si sta componendo il gruppo dei seguaci di Gesù e finora il
Maestro, lungo il mare di Galilea, aveva invitato una coppia di fratelli a
seguirlo, mentre erano intenti al loro lavoro. (1,16-20) Così Andrea e
Pietro, Giacomo e Giovanni avevano lasciato il loro lavoro e si erano uniti a
Gesù. Ora Gesù, ancora lungo il mare di Galilea, incontra Levi, figlio di
Alfeo che sta lavorando al banco dei gabellieri. Lo invita e Levi si alza e
lo segue. Ma la professione di Levi è considerata disonesta poiché gli
esattori sono ritenuti avidi di danaro, interessati e sfruttatori, rinnegati
dal punto di vista religioso e politico. E' proibito ricevere un'elemosina da
loro e cambiare il danaro ai loro banchi, poiché certamente il loro danaro
proviene da un furto. Levi è un impiegato subalterno che riscuote i diritti
di entrata o il pedaggio per merci e schiavi ai confini di una provincia o di
una città. E' un esattore giudeo e, in Galilea, è a servizio dell'autorità di
Erode Antipa, alleato dei romani e quindi particolarmente odioso. Gesù, a
questo punto, ha al suo seguito ebrei onorati ed ebrei esclusi dalla
convivenza religiosa. Egli vuole costituire un popolo nuovo, superando tutte
le preclusioni. Marco dice che, insieme con Levi, si ritrovano a mangiare a
casa di lui con persone del suo genere. E Gesù, mentre mangia con loro, non
ha un atteggiamento di rifiuto, né esprime giudizio contro di loro o
opposizione. Gesù mangia insieme, prende da vassoi comuni il cibo che viene
offerto, esprimendo, così, vincoli di fraternità tra i commensali. Ci
troviamo in un banchetto di amicizia, di libertà e di comunione, immagine del
banchetto messianico. Nel suo testo Marco ricorda che Gesù sta in mezzo tra i
peccatori e i discepoli per indicare un vincolo di comunione. Pubblicani e
peccatori sono gli "esattori e i miscredenti" e questo fa inorridire scribi e
farisei, le persone fedeli alla legge e quindi i giusti. I peccatori sono
considerati esclusi dalla misericordia di Dio, poiché si sono rivolti a
pagani per il loro mestiere, e sono diventati collaborazionisti con i nemici,
gli sfruttatori romani. In tal modo sono praticamente impossibilitati a
convertirsi.
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