
SANTISSIMA TRINITÀ 16 giugno 2019
Giovanni 14, 21-26
Riferimenti : Genesi 18, 1-10a - Salmo 104 - Prima lettera
ai Corinzi 12, 2-6 |
Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate
sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i
suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo,
suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. È lui il Signore,
nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. |
Genesi 18, 1-10a In quei giorni.
Il Signore apparve ad Abramo alle Querce di
Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della
tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò
gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi
presso di lui. Appena li vide, corse loro
incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò
fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho
trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre
senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere
un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi
sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di
pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire,
perché è ben per questo che voi siete passati
dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure
come hai detto». Allora Abramo andò in fretta
nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea
di fior di farina, impastala e fanne focacce».
All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un
vitello tenero e buono e lo diede al servo, che
si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte
fresco insieme con il vitello, che aveva
preparato, e li porse loro. Così, mentre egli
stava in piedi presso di loro sotto l’albero,
quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara,
tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda».
Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa
data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
Genesi. 18, 1-10a L'ospitalità è un regalo
grande che l'umanità dei poveri si è sentita in
obbligo di dare, soprattutto in una realtà di
vita come è il deserto, tra i beduini, e nei
pericoli dei mari tra i marinai. Qui ci troviamo
nella splendida ospitalità che Abramo offre a
degli sconosciuti. E nella lettera agli Ebrei
(13,2) si dice che "Alcuni, praticandola, hanno
accolto, senza saperlo, anche gli angeli" (e
probabilmente l'autore biblico ha in memoria
l'episodio di Abramo). Il Signore decide di
visitare il suo amico Abramo e lo fa in
incognito, sotto forma di tre viandanti anonimi
che si trovano a passare vicino alla tenda di
Abramo, alle querce di Mamre, dove Abramo si è
accampato. E' un racconto misterioso che,
inizialmente, si svolge nella normalità di
viandanti accaldati e spersi in un deserto
assolato. Mentre Abramo si riposa nell'ora più
calda del giorno, all'ombra della tenda, e
probabilmente sonnecchia, è però sempre vigile.
Scopre all'improvviso tre uomini in piedi
davanti a lui. Tutto lo scenario cambia e Abramo
si preoccupa di offrire ospitalità nel modo più
immediato e più sontuoso possibile. Provvede
subito all'acqua frasca, al lavaggio dei piedi e
a far accomodare gli sconosciuti all'ombra. Poi
li prega di pazientare e provvederà ad un
boccone di pane ed a un ristoro possibile.
Sempre Abramo non solo ordina ed organizza per
la cucina, a Sara chiede di impastare pane
fresco ma il quantitativo è enorme: circa 50 kg
di farina e lui stesso sceglie un "vitello
tenero e buono", ordinando poi di prepararlo e
cuocerlo. Il bisogno di ospitalità rende Abramo
attento, servizievole, premuroso: in piedi, a
servizio delle esigenze degli sconosciuti e
affettuoso. Di fronte all'accoglienza ed alla
gratuità gli sconosciuti rispondono con una
promessa: "Tornerò tra un anno e Sara avrà un
figlio" (da notare i cambi impensabili da
singolare a plurale e vice versa). Dio scende
nel suo popolo ed offre la vita gratuitamente.
Il popolo d'Israele si svilupperà sulla promessa
di Dio e sulla ospitalità di Abramo. Anche il
popolo santo della Chiesa si svilupperà con il
dono di Dio che si fa anonimo e piccolo e si
costituisce come un popolo accogliente della
Parola del Signore e dei suoi progetti.
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Prima lettera ai Corinzi 12, 2-6
Fratelli, voi sapete che, quando eravate pagani, vi lasciavate
trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io
vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di
Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è
Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi sono
diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività,
ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 1
Cor 12, 2-6 Nella Comunità cristiana di Corinto sorgono
disagi e dissapori poiché si sono sviluppati doni particolari e
si sono messe in mostra possibilità e attività che suscitano
gelosie e rancori. Si pretende un confronto serrato ed una
gerarchia riconosciuta di doni o "carismi" che lo Spirito ha
moltiplicato tra persone credenti perché diventassero sostegni,
aiuti e forza per la comunità intera. E invece si pretendono
titoli onorifici, si esigono maggior rispetto e precedenze, si
reclamano diritti e privilegi. I doni di Dio sono dati a
ciascuno per "l'utilità comune" (12,7) e tutto è dono dello
Spirito. Mentre, quando domina il mondo della idolatria, il
rapporto con la divinità è assolutamente inesistente poiché ci
si ritrova davanti ad idoli muti, ora il linguaggio deve
imparare a verificare il significato del proprio dialogo con
Gesù. Che cosa diciamo di Gesù? Se per noi è grande, ed è il
Signore, lo riconosciamo nella forza dello Spirito poiché è lo
Spirito che alimenta la fede. Se abbiamo lo Spirito, noi
scopriamo la bellezza della fede e la presenza di Gesù che ci
porta al Padre. Entrando nella struttura del testo, si distingue
tra "carismi": doni particolari e gratuiti conferiti dallo
Spirito; ci sono "ministeri" o funzioni orientati al bene della
comunità, e ci sono "operazioni", cioè manifestazioni della
potenza di Dio. Paolo si preoccupa di accompagnare i credenti
verso una visione unitaria in comunione con Dio.
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Giovanni
14, 21-26 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama
me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli
disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti
a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia
parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso
di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi
ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose
mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il
Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto
ciò che io vi ho detto». Giovanni 14, 21-26 Stiamo
sempre leggendo, in queste domeniche dopo Pasqua, brani di discorsi di Gesù
pronunciati nella sua ultima cena e riportati da Giovanni. E' importante
tener presente questo contesto poiché quello che leggiamo è anche dialogo, ma
il tutto ha il sapore della conclusione, delle ultime raccomandazioni e
quindi di un testamento: linee essenziali che riassumono il lungo
insegnamento del Maestro. Amare Gesù è un impegno concreto di fiducia e di
accoglienza. Amare non si gioca tanto sui sentimenti o sulle emozioni, ma su
scelte precise e coraggiose poiché siamo indirizzati dalle decisioni di Gesù.
Con questo amore si costituisce una comunione inimmaginabile in cui ciascuno
diventa abitazione, tempio vivente di Dio in cui si esprime l'intimità
infinita del Padre e di Cristo nell'amore totale e immenso dello Spirito.
Gesù parla di manifestazione piena e quindi di dimora completa. E tra i
discepoli sorge spontanea una domanda, formulata quindi da Giuda, non
l'Iscariota: "Perché non ti manifesti al mondo ma solo a noi?" Anche loro,
come tutti quelli che seguivano Gesù, trepidano per una certa diffidenza che
serpeggia attorno a Gesù nelle classi colte e Gesù non fa nulla per far
esplodere la sua forza. Anche i familiari di Gesù non condividono la ricerca
del nascondimento. Addirittura gli fanno una proposta pubblica:: "«Parti di
qui e va' nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu
compi. Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di
nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!» (Gv7,3-4).
Vogliono che si imponga ma Gesù rifiuta, memore delle parole di Isaia: "«Non
griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà
una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità» (42,2-3). Si esprime qui il mistero della
Chiesa. Per Gesù il manifestarsi consiste venire ad abitare nei suoi
discepoli, prendere dimora nel mondo attraverso loro. Tutti vogliono che Gesù
manifesti attraverso le sue opere la pienezza e la novità. Ma Gesù, quando
parla delle sue opere non fa quasi mai riferimento ai miracoli. Le opere di
Gesù sono le sue scelte, la sua attenzione alla liberazione di ciascuno, il
rispetto della dignità di ogni persona. I messaggi che Gesù offre sono
incomprensibili per le attese che i discepoli hanno e per l'affetto che gli
portano. Allora Gesù, con fiducia, dice:"Lo Spirito Santo vi insegnerà e vi
ricorderà".Una splendida sintesi dell'opera dello Spirito: insegnare suppone |