 DOMENICA DOPO L’ASCENSIONE – VII di Pasqua
2 giugno 2019
Giovanni 17 , 1b. 20-26
Riferimenti : Atti degli Apostoli 7, 48-57 -
Salmo 26 - Efesini 1, 17-23 |
Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò
timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare
nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per
contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario |
Atti degli Apostoli 7, 48-57 In
quei giorni. Stefano disse: «L’Altissimo non
abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come
dice il profeta: / “Il cielo è il mio trono / e
la terra sgabello dei miei piedi. / Quale casa
potrete costruirmi, dice il Signore, / o quale
sarà il luogo del mio riposo? / Non è forse la
mia mano che ha creato tutte queste cose?”.
Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle
orecchie, voi opponete sempre resistenza allo
Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete
anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non
hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che
preannunciavano la venuta del Giusto, del quale
voi ora siete diventati traditori e uccisori,
voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini
dati dagli angeli e non l’avete osservata».
All’udire queste cose, erano furibondi in cuor
loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma
egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo,
vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla
destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli
aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra
di Dio». Allora, gridando a gran voce, si
turarono gli orecchi e si scagliarono tutti
insieme contro di lui. Atti
degli Apostoli. 7, 48-57 Stiamo celebrando
una liturgia di attesa, carica di apertura e di
speranza, tra l'Ascensione e la Pentecoste. I
tre testi ci propongono, in modo diverso, il
progetto di una Comunità, voluta dal Padre,
amata da Gesù, costituita in un progetto che si
allarghi sul mondo e porti speranza per tutti.
Stefano, nella comunità ebraica di lingua greca
in Gerusalemme, piccola rispetto alla vasta
comunità di lingua ebraica, è una presenza
particolarmente vivace ma anche sconcertante.
"Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza,
faceva grandi prodigi e segni tra il popolo" (At
6,8). Una presenza così pubblica, carica di
segni di liberazione e di parola profetica, che
esalta Gesù, vivissimo nella memoria e da
pochissimo giustiziato, suscita rancore e
rabbia. Perciò "alcuni della sinagoga detta dei
Liberti..., sollevarono il popolo, gli anziani e
gli scribi, piombarono addosso a Stefano, lo
catturarono e lo condussero davanti al sinedrio"
(6,9-12). Luca sviluppa la difesa di Stefano,
riportando il lungo discorso che percorre la
storia di Israele, riletta alla luce di Cristo.
Rappresenta un esempio di predicazione biblica
in uso nella Chiesa delle origini,
particolarmente comprensibile da parte degli
ebrei, anche se non da tutti accettata. Nel
testo che oggi leggiamo, si pone il valore del
tempio che è diventato pericolosamente
intoccabile, pena la morte per chiunque lo
avesse svalutato. Anche il processo di Gesù è
incominciato con l'accusa sul tempio. Ma Stefano
cita il profeta Isaia (66,1-2: atti 7, 49-50) in
cui si afferma che Dio è presente ovunque, al di
là di ogni "spazio sacro". Stefano difende la
testimonianza di Gesù che è il Giusto e accusa
implacabilmente "i padri e voi, traditori ed
assassini" (v 52). Mentre i responsabili della
sinagoga stanno decidendo la morte, viene
riferita, in sintesi, la visione di Gesù ( in
piedi) alla destra di Dio che indica la pienezza
del Messia vittorioso. Stefano vede la "gloria"
di Dio, parola che si usa, insieme alla
"presenza", non potendo dire :"Ho visto Dio e
Gesù alla sua destra".
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Efesini 1, 17-23 Fratelli, il Dio
del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia
uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda
conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di
gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che
crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo, / quando lo risuscitò dai morti / e
lo fece sedere alla sua destra nei cieli, / al di sopra di ogni
Principato e Potenza, / al di sopra di ogni Forza e Dominazione
/ e di ogni nome che viene nominato / non solo nel tempo
presente ma anche in quello futuro. / «Tutto infatti egli ha
messo sotto i suoi piedi» / e lo ha dato alla Chiesa come capo
su tutte le cose: / essa è il corpo di lui, / la pienezza di
colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.
Efesini 1, 17-23 Paolo saluta i destinatari della sua
lettera, all'inizio, augurando "grazia e pace"(1,1). E' il
miglior augurio che si possa fare come dono che proviene dal
Padre e da Gesù: la grazia è l'accoglienza di Dio che diventa
pienezza nel cuore di ogni persona, la pace è il corredo di ogni
armonia che trasforma i rapporti con gli uomini e le donne e il
rapporto con il creato. Poi Paolo prosegue: Dio ci ha
benedetti e ci ha prescelti: "Il Signore ci ha ricolmati di ogni
sorta di benedizione spirituale in Cristo" (3). E l'elenco delle
benedizioni è lungo e prezioso. Ci serve riprenderle, per
scoprire la ricchezza di cui siamo fatti segno anche noi,
credenti come i fratelli e le sorelle di Efeso. I.
benedizione: la vocazione degli eletti alla vita beata, già
cominciata, misticamente, con l'unione dei fedeli a Cristo
glorioso (1,4). II. benedizione: il modo scelto per questa
santità: è una filiazione divina, di cui Gesù Cristo, il Figlio
unico, è la fonte e il modello (1,5; cfr. Rm 8,29). III.
benedizione: l'opera storica della redenzione per mezzo della
croce di Cristo (1,7). IV. benedizione: la rivelazione del
«mistero» (1,9; Rm 16,25). V. benedizione: l'elezione di
Israele, «eredità» di Dio, come testimone nel mondo dell'attesa
messianica (1,11). VI. benedizione: la chiamata dei pagani che
condividono la salvezza già riservata a Israele. Essi ne hanno
la certezza, ricevendo lo Spirito promesso. Il dono dello
Spirito corona l'esecuzione del piano divino e la sua
esposizione in forma trinitaria (1,13). Paolo ricorda con
affetto e ammirazione questa comunità che è ricca di fede nel
Signore Gesù e di amore verso "tutti i santi", i fratelli e le
sorelle credenti (v15). Lo riconosce. "Rendo grazie per voi".
A questo punto, Paolo vuole esplicitare il contenuto e le
motivazioni della sua gratitudine; ci introduce così nella
ricchezza della sua fede, fondamentale per una comunità che
cresce e che rende testimonianza (15-23). "Vi ricordo nelle mie
preghiere" (1,16) perché il Signore "vi dia uno spirito di
sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui".
La fede è il fondamento che penetra nel mistero del Padre e
quindi nella pienezza del Figlio.
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Giovanni 17, 1b. 20-26 In quel tempo. Il Signore
Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Non prego solo per questi, ma anche
per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano
una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a
me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola
cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo
conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre,
voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché
contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato
prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto,
ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io
ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con
il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». Giovanni.
17, 1b. 20-26 Con la preghiera di Gesù, Giovanni conclude il lungo
itinerario di rivelazione e di parole ultime ai discepoli ed alla Chiesa,
nell'ambito dell'ultima cena, Tutti i temi toccati tra gli amici si
riuniscono, ora, nel dialogo di Gesù con il Padre, nella tenerezza e nella
pienezza che Gesù rivela. Siamo al dialogo-preghiera al Padre: vertice della
fiducia e della fedeltà che Gesù porta a Dio. Nella preghiera (Gv17,1-26)
Gesù chiede al Padre di glorificarlo (1-5), prega per i suoi discepoli
(6-19), prega per tutti coloro che accoglieranno la parola dei suoi discepoli
(20-26). Nella sua preghiera Gesù valorizza la dignità dei discepoli in modo
sconcertante. Essi sono mandati da Gesù come Gesù stesso è inviato dal Padre
(v 18). Così, attraverso la scelta di Gesù e la loro fiducia e fedeltà, i
discepoli sono al termine di una concatenazione stupefacente che inizia dal
Padre, passa per Gesù dopo l'attesa di secoli e giunge a semplici lavoratori
a cui è affidato il mistero della pienezza. E se spaventati, si volessero
sottrarre per paura delle responsabilità o per indegnità riconosciuta, essi
sanno che Gesù, per loro, ha offerto se stesso, come garanzia, consacrandosi
con una offerta che supera tutte le offerte di tutti i tempi. Essa sale a Dio
Padre come il dono più alto che può salire dal mondo, segno di ubbidienza e
di consapevolezza di totale pienezza: "Per loro consacro me stesso" (v19). Il
centro di tutta la preghiera è il Padre e l'unità con Lui. Gesù si fa carico
del presente, pur tragico e tribolato per la fuga dei suoi, e di questa unità
e pienezza, Gesù si fa carico per il futuro. Tutti noi, credenti in Gesù
"mediante la loro parola" (20), siamo chiamati alla pienezza dell'unità e
allo stesso dialogo con il Padre. |