 VI Domenica dopo Pentecoste
21 luglio 2019
Giovanni 19, 30-35
Riferimenti : Es 24, 3-18--SALMO 49--Eb 8, 6-13a |
Ascoltate oggi la voce del Signore. Parla il
Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente.
Da Sion, bellezza perfetta, Dio risplende. Viene il nostro Dio e
non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a
lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall’alto e la
terra per giudicare il suo popolo. |
Es 24, 3-18 In quei giorni. Mosè
andò a riferire al popolo tutte le parole del
Signore e tutte le norme. Tutto il popolo
rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i
comandamenti che il Signore ha dato, noi li
eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del
Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un
altare ai piedi del monte, con dodici stele per
le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni
giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e
di sacrificare giovenchi come sacrifici di
comunione, per il Signore. Mosè prese la metà
del sangue e la mise in tanti catini e ne versò
l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro
dell’alleanza e lo lesse alla presenza del
popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo
eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese
il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco
il sangue dell’alleanza che il Signore ha
concluso con voi sulla base di tutte queste
parole!». Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i
settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio
d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un
pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il
cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non
stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono
e bevvero. Il Signore disse a Mosè: «Sali verso
di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le
tavole di pietra, la legge e i comandamenti che
io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con
Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di
Dio. Agli anziani aveva detto: «Restate qui ad
aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco,
avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una
questione si rivolgerà a loro». Mosè salì dunque
sul monte e la nube coprì il monte. La gloria
del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e
la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo
giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La
gloria del Signore appariva agli occhi degli
Israeliti come fuoco divorante sulla cima della
montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e
salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta
giorni e quaranta notti. Esodo
24, 3-18 Ci troviamo di fronte ad un testo
complesso in cui si distinguono varie operazioni
avvenute con Mosé, il popolo, i 70 anziani, il
rito di comunione con Dio e infine la salita di
Mosé sul Sinai. Con il Signore si realizza un
rito che sancisce un'Alleanza con il popolo,
come si usava fare tra popoli per garantirsi
delle alleanze. Mosè "scrive la legge" (qui v. 4
e in 34,27) ma anche Dio scrive la legge
(24,12;31,18; 34,1). Nel Medio Oriente il testo,
scritto dai contraenti l'alleanza, è deposto nel
tempio ai piedi della statua del Dio e poi letto
periodicamente (per es. all'inizio dell'anno).
Dio si assoggetta a questi riti perché sono
segni che si praticano e la gente li capisce.
Così il Signore vuole garantire un'alleanza con
il suo popolo attraverso il sacrificio di
animali e il mutuo consenso del popolo intero e
non solo di Mosè. Così metà del sangue è versato
sull'altare (che rappresenta Dio): Dio in tal
modo esprime il suo consenso. Un'altra metà è
posta in catini. A questo punto Mosé "prese il
libro dell'Alleanza e lo lesse alla presenza del
popolo". Un'alleanza si compie quando per tutti
sono chiare le clausole e si sa quello che si
accetta. E qui vengono lette le leggi che il
popolo deve mantenere per stare ai patti e
quindi meritare la fiducia del Signore e la sua
protezione. Il popolo accetta e formula la
propria adesione. "Dissero: «Quanto ha detto il
Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Assunta l'alleanza perché c'è accordo con le
regole-leggi di Dio, Mosè versa l'altra metà del
sangue contenuta nei catini: Con tutta
probabilità si asperge il popolo versando il
sangue su dodici stele o colonnine,
probabilmente disposte in cerchio (vv 4-8) che
rappresentano le 12 tribù. La medesima vita,
significata dal sangue, lega i due contraenti:
Dio e il suo popolo diventano "consanguinei". Il
rito del sangue, che conclude il patto, insieme
al banchetto di comunione, esprime adesione,
comunicazione, unità con Dio e non certo magia:
unità e intreccio inscindibile tra rito e
parola. Esso crea vincoli, ripara, difende,
ristabilisce. Nella fedeltà il sangue unisce, lo
stesso sangue garantisce. Nel tradimento il
sangue è morte, è minaccia, grida la maledizione
(vedi l'episodio della morte di Abele da parte
di Caino: "La voce del sangue di tuo fratello
grida a me dal suolo" (Gen 4,10). Anche oggi, se
nel bene è vita (trasfusione), nel male il
sangue è documento di morte: guerra di sangue,
sangue sulle strade, scempio.
|
Eb 8, 6-13a
Fratelli, Gesù ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto
migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su
migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata
perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. Dio
infatti, biasimando il suo popolo, dice: «Ecco: vengono giorni,
dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza nuova con la
casa d’Israele e con la casa di Giuda. Non sarà come l’alleanza
che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano
per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non rimasero
fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro,
dice il Signore. E questa è l’alleanza che io stipulerò con la
casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie
leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il
loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da
istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello,
dicendo: “Conosci il Signore!”. Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le
loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati». Dicendo
alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima.
Ebrei 8, 6-13a Il cap 8 inizia una parte centrale della
riflessione di questa lettera: "Il punto capitale delle cose che
stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così
grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei
cieli, ministro del santuario e della vera tenda, che il
Signore, e non un uomo, ha costruito" (vv1-2). In sottofondo c'è
il testo del rito della Prima Alleanza, celebrata nel deserto
tra Dio e il suo popolo, con il rito del sangue versato
sull'altare e sul popolo. Gesù sostituisce il rito con la
propria offerta di amore e di sangue. Egli è stato glorificato e
perciò inaugura un nuovo ed eterno sacerdozio, superiore per la
sua efficacia al sacerdozio levitico del popolo d'Israele. Tutto
il testo, che abbiamo letto, è una lunga citazione del profeta
Geremia (31, 31-34) in cui il profeta intravede una nuova
Alleanza. Il sacerdozio è stato istituito, nel Primo Testamento,
per offrire a Dio i sacrifici per l'espiazione dei peccati
(5,1). E' un popolo di figli che Dio vuole condurre alla
salvezza, ma è anche popolo di peccatori e quindi il capo e la
guida alla salvezza deve essere un sacerdote per espiare i
peccati del popolo (2,17). Gesù è sacerdote non nella linea di
Aronne, il sacerdozio ebraico, ma nella linea del sacerdozio del
re di Salem, Melchisedek, come ci dice in 5,5-6, riprendendo il
salmo 110,4. Il sacerdozio di Gesù non ha origine nella
eternità, ma Il Figlio di Dio è divenuto sacerdote per vocazione
divina, quando si è incarnato, abilitato a offrire se stesso in
sacrificio. (10,5-10). La mediazione sacerdotale di Gesù
purifica le coscienze delle persone, non attraverso la
ripetizione di riti e di sacrifici esteriori, ma attraverso la
sua offerta, unica e personale, per la santificazione di
ciascuno dei credenti. Esiste una coincidenza tra l'offerente e
l'offerta: Gesù, nello stesso tempo, è colui che compie la nuova
alleanza (offerente), ed è colui che si pone come vittima
(offerta) pura, consapevole, cosciente, senza macchia, nella
piena scelta di amore di Dio e del suo popolo.
|
Gv 19, 30-35 In quel tempo. Dopo aver preso l’aceto, Gesù
disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno
della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce
durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a
Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero
dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati
crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto,
non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il
fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e
la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi
crediate. Giovanni 19, 30-35 Giovanni, e in particolare
in questi testi della passione, si preoccupa di rincorrere predizioni e
profezie perché desidera garantire l'assoluta identità di Gesù come
l'inviato, promesso del Padre. E Gesù ha compiuto fedelmente il progetto che
si è proposto nei riguardi del Padre: "Io ti ho glorificato sopra la terra,
compiendo l'opera che tu mi hai dato da fare" (Gv 17,4). Questa è la
consapevolezza che Gesù esprime al Padre nella preghiera dell'ultima cena, ad
alta voce, avendo a testimoni i discepoli. Ora, sulla croce, Gesù ricorda che
"tutto si è compiuto" fino in fondo. Persino la sete spaventosa del
crocifisso fa ricordare una profezia: "quando avevo sete mi hanno dato
l'aceto" si dice nel Sal. 69,22. E' la parasceve: giorno e ora in cui i
sacerdoti stanno immolando gli agnelli pasquali. E Gesù è il vero e unico
agnello che, immolato, offre la vita per il suo popolo poiché lo salva e lo
ama, purificandolo. Gesù "consegnò lo spirito", pronto per essere trasmesso
alla sua Chiesa a Pentecoste, ricco di tutta l'accoglienza del Padre e
dell'umanità, forte di tutta la comunione del Dio Trinitario. Giovanni sta
ricordando alcune coincidenze e alcuni piccoli episodi, ma è consapevole di
rammentare grandi verità, preoccupato di ricordare che la sua testimonianza è
attendibile (v 35). Gesù è il vero agnello di Dio, ricordato da Giovanni
Battista (Gv 1,29), il vero agnello che libera dalla schiavitù d'Egitto (Es
12,46). Ma è anche più dell'agnello perché è il "servo sofferente", secondo
la profezia di Isaia (53): la parola "servo" e la parola "agnello" sono
identiche in ebraico e quindi Giovanni gioca sulle due immagini, sia
ricordando che le ossa del crocifisso non sono state spezzate (come per
l'agnello pasquale) e sia che il servitore, con le sue sofferenze, espia il
peccato del mondo (Sal 34,21). Attraverso la ferita del costato esce l'ultima
goccia di sangue insieme all'acqua. Il sangue rappresenta l'offerta della
vita di Dio (sangue), completamente, fino all'ultima goccia, e l'acqua è
l'inizio della vita nuova del credente, per gli esegeti anche il dono dello
Spirito Santo che santifica nel battesimo.
|