VI domenica di Pasqua
26 maggio 2019
Giovanni
16, 12-22 Riferimenti - Atti degli Apostoli 21, 40b – 22, salmo 66 - Ebrei 7, 17-26 |
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi
faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la
tua via, la tua salvezza fra tutte le genti. Gioiscano le
nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con
rettitudine, governi le nazioni sulla terra. |
Atti degli Apostoli 21, 40b – 22,
in quei giorni. Paolo, in piedi sui
gradini, fece cenno con la mano al popolo; si
fece un grande silenzio ed
egli si rivolse loro ad alta voce in lingua
ebraica, dicendo: «Fratelli e padri, ascoltate
ora la mia difesa davanti a voi». Quando
sentirono che parlava loro in
lingua ebraica, fecero ancora più
silenzio. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo,
nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa
città, formato alla scuola di Gamaliele
nell’osservanza scrupolosa della Legge dei
padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete
tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via,
incatenando e mettendo in carcere uomini e
donne, come può darmi testimonianza anche il
sommo sacerdote e tutto il collegio degli
anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere
per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre
prigionieri a Gerusalemme anche quelli che
stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in
viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso
mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal
cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e
sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo,
perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o
Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno,
che tu perséguiti”. Quelli che erano con me
videro la luce, ma non udirono la voce di colui
che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare,
Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e
prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto
quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché
non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella
luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi
a Damasco. Un certo Anania, devoto osservante
della Legge e stimato da tutti i Giudei là
residenti, venne da me, mi si accostò e disse:
“Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in
quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio
dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere
la sua volontà, a vedere il Giusto e ad
ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,
perché gli sarai testimone davanti a tutti gli
uomini delle cose che hai visto e udito. E ora,
perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e
purificare dai tuoi peccati, invocando il suo
nome”. Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre
pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi
lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da
Gerusalemme, perché non accetteranno la tua
testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore,
essi sanno che facevo imprigionare e percuotere
nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e
quando si versava il sangue di Stefano, tuo
testimone, anche io ero presente e approvavo, e
custodivo i vestiti di quelli che lo
uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io
ti manderò lontano, alle nazioni”». Fino a
queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a
questo punto alzarono la voce gridando: «Togli
di mezzo costui; non deve più vivere!».
Atti 21, 40b - 22, 22 Dopo il
terzo viaggio missionario, Paolo ritorna a
Gerusalemme, consapevole dei pericoli che deve
attraversare, ma sente che deve ubbidire allo
Spirito e rendere un servizio ai fratelli. Si
sono sparse voci che predica ai pagani e che li
porta alla fede di Gesù attraverso Mosè che poi
non rispetta nelle sue leggi. Anzi insegna
sia ai giudei che ai pagani che accolgono la
Parola di Gesù e credono in Lui di "non
circoncidere più i loro figli e di non
comportarsi secondo gli usi tradizionali" (At
21,21). Paolo incontra, invece, fratelli
accoglienti, fa visita a Giacomo apostolo e,
mentre viene informato di tutte le dicerie
contro di lui, gli attestano fiducia e
venerazione. Tuttavia un giorno,, nel tempio,
Paolo viene riconosciuto e quindi sequestrato da
persone che vogliono ucciderlo. Salvato dai
soldati romani, in un trambusto in cui nessuno
si raccapezza più per la confusione, prima di
essere portato in caserma, Paolo chiede di poter
parlare al popolo (v 39). Protetto dai soldati,
pronuncia la sua prima difesa, riportata dagli
Atti (la seconda difesa è ricordata in At
24,10-21 e la terza in At 26, 2-23) e parla in
ebraico, sorprendendo la gente che si
incuriosisce e resta ad ascoltarlo in silenzio.
Paolo, mentre si difende, sviluppa una catechesi
su Gesù. Ricorda, infatti, che, sulla strada che
porta a Damasco, lo ha incontrato come "luce" e
come "voce" (6-10) e rimproverato perché "sta
perseguitando la sua via" (v 4). Paolo tiene a
presentarsi come un fedele ebreo, studioso e
osservante della legge, "come siete tutti voi"
(3), e tuttavia, mentre sta avvicinandosi alla
città, pretendendo di imprigionare degli eretici
nel nome di Dio, proprio Gesù lo ha richiamato
alla responsabilità di fedele. "Perché mi
perseguiti?" (At 22,7). Anche gli apostoli hanno
dovuto scegliere e quindi comportarsi di
conseguenza. Per esempio Pietro e Giovanni,
arrestati, alle minacce del Sommo Sacerdote che
li obbliga al silenzio, replicano: «Se sia
giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a
Dio, giudicatelo voi» ( At 4,19). Così Paolo,
con molta semplicità, afferma che la sua
coscienza lo ha costretto ad accogliere Gesù. |
Ebrei 7, 17-26 Fratelli, a Cristo
è resa questa testimonianza: / «Tu sei sacerdote per sempre /
secondo l’ordine di Melchìsedek».Si ha così l’abrogazione di un
ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità –
la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha
invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla
quale noi ci avviciniamo a Dio. Inoltre ciò non avvenne senza
giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza
giuramento; costui al contrario con il giuramento di colui che
gli dice: / «Il Signore ha giurato e non si pentirà: / tu sei
sacerdote per sempre». Per questo Gesù è diventato garante di
un’alleanza migliore. Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti
in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo.
Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che
non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per
mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per
intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci
occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai
peccatori ed elevato sopra i cieli. Ebrei
7,17-26. Gesù è sacerdote per sempre. Questa affermazione,
che si ritrova nella "Lettera agli ebrei" fa molta impressione
poiché Gesù non discende dalla tribù di Levi, la tribù che ha
diritto e privilegio per il sacerdozio e il servizio al tempio.
E questo è un ruolo fondamentale nella religione ebraica.
L'autore della Lettera riprende il riferimento a Cristo dal
salmo 110,4, in cui si parla del sacerdozio regale del Messia.
Il sovrano d'Israele partecipa alla funzione sacerdotale, come a
suo tempo avevano fatto Davide (2 Samuele 6,13 ecc) e Salomone
(1 Re 3,15). L'autore si preoccupa di dimostrare che il
sacerdozio di Gesù è superiore al sacerdozio ebraico e mette in
confronto il re Melchisedek e il sacerdozio della tribù di Levi.
Melchìsedek, che pure è una piccola comparsa nella storia di
Abramo (Gen 14,18-20), è re e sacerdote nella Gerusalemme
pre-israelitica. "Questo Melchìsedek infatti, re di Salem,
sacerdote del Dio altissimo, andò incontro ad Abramo mentre
ritornava dall'avere sconfitto i re e lo benedisse; a lui Abramo
diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa
«re di giustizia»; poi è anche re di Salem, cioè «re di pace».
Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza
principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di
Dio, rimane sacerdote per sempre".( Eb 7,1-3). Gesù risorto,
scelto dal Padre e non sacerdote per eredità, come i leviti, è
sacerdote "per sempre" (v 17). Egli garantisce, insieme, secondo
il compito sacerdotale, le due caratteristiche fondamentali del
sacerdozio: la sua intercessione eterna in nostro favore presso
il Padre e la fedeltà di Dio verso di noi: "Egli invece, poiché
resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si
avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a
loro favore" (7,24-25). Gesù garantisce un cammino nuovo di
speranza e permette di aprire di aprire gli occhi sul nuovo
volto di Dio che è fedele e porta salvezza. La Comunità
cristiana ha ereditato questa consapevolezza per sé e per gli
altri per cui, comunque, il Signore alimenta la fiducia e la
speranza. Ogni credente è re, sacerdote e profeta dal giorno del
battesimo, segnato con gli stessi caratteri di Gesù, ma è anche
chiamato a questa forma preziosa di intercessione per un mondo
che ha bisogno di pace, di perdono e di misericordia. Essere
sacerdoti significa anche mostrare il volto di Dio e la sua
misericordia nel mondo.
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Giovanni
16, 12-22 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Molte cose
ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità,
perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi
annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è
mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo
ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Un poco e non mi
vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli
dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete;
un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò:
«Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol
dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra
voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”?
In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si
rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in
gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora;
ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza,
per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel
dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà
togliervi la vostra gioia». Giovanni. 16, 12-22 Gesù
sta rivelando, nella sua ultima cena, il segreto della sua vita e quindi il
segreto del Padre, ma insieme incoraggia i discepoli perché non perdano la
speranza nel prossimo smarrimento che su di loro è incombente. Non possono
capire tutto e tutto insieme poiché il significato dell'esistenza nuova, che
Gesù porta, ha bisogno di una ricerca, di un cammino, di una esperienza, di
una fedeltà che ricostruisca via via il senso delle proprie scelte e della
propria coerenza. "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete
capaci di portarne il peso" (16,12). Non si tratta di tempo scaduto.
L'essenziale è già stato detto: "Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto
conoscere a voi" (15,15) e lo Spirito Santo non aggiungerà nulla di suo:
""Non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito" (v 13). Lo
Spirito Santo accompagnerà i discepoli per assisterli nel tempo e, quindi,
per aiutare ad intendere, a scoprire, a decifrare fatti e situazioni
difficili da innestare sul pensiero di Gesù, per interpretarli e vivere.
Allora la storia del mondo sarà la strada, su cui noi, camminando, via via,
capiremo il messaggio di Gesù. La storia, nel cammino con lo Spirito, ci
aiuterà, attraverso fatti, situazioni, rapporti nuovi, sconvolgimenti,
speranze, paci, guerre, a scoprire davvero che cosa Gesù ha voluto dirci. La
Parola e lo stile di Gesù saranno i filtri attraverso cui rileggere,
umilmente, i messaggi e la traduzione della volontà di Dio, oggi. Gesù sta
camminando verso la croce ed essi non se ne rendono ancora conto, nonostante
i richiami e le predizioni. E così, ogni giorno, ci sono la fatica nostra e
degli altri, la nostra e altrui stanchezza, la nostra e l'altrui guerra. Il
Signore ci incoraggia perché accettiamo di interpretare, sull'esempio che
Gesù ci ha offerto, la volontà di Dio e i suoi segni nello Spirito. È già
tutto detto, è già tutto in cammino. E se ci si rifiuta di rileggere il
nostro tempo, fatto di grazia e di peccato, come luogo di rivelazione per noi
attraverso lo Spirito, magari ricordando che: "Ai miei tempi si faceva o era
diverso", non si coglie più il dono di Gesù per la Chiesa che ci sostiene e
che però ci rimette in ricerca. "Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità" e
questo ci aiuterà, via via, a scoprire il cammino poiché compito dello
Spirito è guidare nel tempo e affrontare, di volta in volta, fatti e
situazioni, problemi e interrogativi.
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