 DOMENICA DI ABRAMO
III di Quaresima
24 marzo 2019
Giovanni 8, 31-59
Riferimenti : Deuteronomio 6, 4a; 18, 9-22 - salmo
105 - Romani 3, 21-26 |
Abbiamo peccato con i nostri padri, delitti e
malvagità abbiamo commesso. I nostri padri, in Egitto, non
compresero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza
del tuo amore. Molte volte li aveva liberati, eppure si
ostinarono nei loro progetti. Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. |
Deuteronomio 6, 4a; 18, 9-22
In quei giorni. Mosè disse: «Ascolta, Israele: Quando
sarai entrato nella terra che il Signore, tuo
Dio, sta per darti, non imparerai a commettere
gli abomini di quelle nazioni. Non si trovi in
mezzo a te chi fa passare per il fuoco il suo
figlio o la sua figlia, né chi esercita la
divinazione o il sortilegio o il presagio o la
magia, né chi faccia incantesimi, né chi
consulti i negromanti o gli indovini, né chi
interroghi i morti, perché chiunque fa queste
cose è in abominio al Signore. A causa di questi
abomini, il Signore, tuo Dio, sta per scacciare
quelle nazioni davanti a te. Tu sarai
irreprensibile verso il Signore, tuo Dio, perché
le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese,
ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma
quanto a te, non così ti ha permesso il Signore,
tuo Dio. Il Signore, tuo Dio, susciterà per te,
in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta
pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così
quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio,
sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo:
“Che io non oda più la voce del Signore, mio
Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché
non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che
hanno detto, va bene. Io susciterò loro un
profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in
bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io
gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le
parole che egli dirà in mio nome, io gliene
domanderò conto. Ma il profeta che avrà la
presunzione di dire in mio nome una cosa che io
non gli ho comandato di dire, o che parlerà in
nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”.
Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come
riconosceremo la parola che il Signore non ha
detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del
Signore e la cosa non accadrà e non si
realizzerà, quella parola non l’ha detta il
Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione.
Non devi aver paura di lui».
Deuteronomio 6,4a;18,9-22 Mosè sta preparando
l'entrata nella terra d'Israele che il Signore
ha destinato al suo popolo. Abitare una terra
significa trasformarla come una propria casa: vi
si sviluppa il lavoro, si costruiscono le
abitazioni, si pongono i segni di culto. In
particolare le scelte religiose lasciano tracce
sulla terra che abitiamo e nel cuore di
ciascuno. E poiché ci vorranno strutture e
istituzioni per reggere questo popolo e
governarlo in un cammino verso la propria
pienezza e pace, nel libro del Deuteronomio, si
apre una sezione in cui parlare di uffici e
cariche: i giudici (16,18-20;17,2-13), la
monarchia (17,14-20), i sacerdoti (18,1-8) ed i
profeti (18,9-22). Resta chiaro, comunque, che
al centro della propria fede c'è un solo
Signore. Nella terra in cui si entra il popolo
troverà tracce di altre culture e religiosità,
scoprirà comportamenti aberranti fatti in nome
di Dio per cui, in circostanze drammatiche e
pericolose, si arriva ad uccidere e a bruciare i
propri figli e figlie in sacrificio agli dei. Il
popolo d'Israele poi troverà culti magici e
forme di divinazione che sono tentativi di
mediazione contrapposti alla mediazione di Mosé
(qui si fa l'elenco più completo delle pratiche
superstiziose che sono 8: "la divinazione o il
sortilegio o il presagio o la magia, chi fa
incantesimi, chi consulta i negromanti o gli
indovini, chi interroga i morti"). Tutto questo
si sviluppa soprattutto in momenti di crisi. E'
male poiché tenta di ricattare la potenza di Dio
a svelare il futuro e vuole costringere il
Sigmore ad operare secondo i propri desideri
insaziabili. Ma il futuro è nelle mani di Dio e
il compito del popolo è quello di ascoltare il
Signore. E se tutti questi "abomini" sono male,
nascono dalla volontà di possedere, dalla
pretesa della conquista e del potere, dalla
ricerca di ricchezza e di potenza. La profezia
nasce dalla richiesta di mediazione sull'Oreb.
Se Mosè può parlare con Dio faccia a faccia
(Es33,11), perché il popolo deve accettare la
rivelazione del Signore tra lampi e tuoni, come
sull'Oreb? Il popolo ha paura e non vuole
sentire la Parola del Signore proclamata in
questo modo.
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Romani 3, 21-26 Fratelli, ora, indipendentemente
dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata
dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede
in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è
differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria
di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia,
per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. È lui che Dio
ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo
della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia
per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di
Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente,
così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa
sulla fede in Gesù. Romani 3,21-26 Si parla
spesso di giustizia di Dio e Paolo ci offre una prospettiva
totalmente diversa da ciò che siamo abituati a pensare. Noi
riteniamo che giustizia sia valutare in modo imparziale le
persone ed il loro comportamento e retribuire ciascuno secondo i
loro meriti. E invece, nella Scrittura, alla giustizia di Dio
corrispondono la sua benevolenza, la sua grazia, la sua
misericordia. Dio fa giustizia quando fa germogliare il bene,
quando trasforma il peccatore in giusto. Perciò, già al tempo di
Gesù, i migliori rabbini pensano che la giustizia e la bontà di
Dio si manifestano verso coloro che non hanno alcun tesoro di
misericordia. Paolo riprende questa intuizione, spiegando che
Dio ha sviluppato la sua giustizia e misericordia in Gesù.
"Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono
giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della
redenzione che è in Cristo Gesù" (23-24). Poco prima Paolo ha
ricordato (Rom 2,20-22) che perfino il popolo d'Israele, che
possiede la legge, non è stato fedele alla legge. Ma il Signore
ha deciso di giustificare il suo popolo e lo fa prima di
qualunque azione buona. L'intervento di Dio si è sviluppato
dando all'uomo un cuore nuovo come aveva predetto il profeta
Ezechiele "Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno
spirito nuovo" (Ez 36,26-28). Paolo vede, nella parola
"redenzione", l'immagine del comperare uno schiavo o liberare un
prigioniero con il riscatto. "È lui che Dio ha stabilito
apertamente" (25). E' chiaro il richiamo alla crocifissione,
palese a tutti quelli che hanno fede, come "manifestazione della
giustizia di Dio per la remissione dei peccati passati." Ma qui
si ricorda anche il "Propiziatorio" La traduzione letterale dice
infatti: "Dio lo ha esposto come propiziatorio" (e viene
tradotto "come strumento di espiazione").
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Giovanni 8, 31-59 In quel tempo. Il Signore Gesù disse a
quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete
davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi
di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In
verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del
peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta
per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che
siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia
parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il
Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».
Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli
di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me,
un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha
fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non
siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù:
«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo;
non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non
comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia
parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre
vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità,
perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo,
perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete,
perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la
verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per
questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei:
«Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un
indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio,
ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e
giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non
vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei
indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva
la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del
nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di
essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe
nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”,
e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco,
sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola.
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide
e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora
cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità
io vi dico: prima che Abramo fosse, Io ero. Giovanni 8, 31-59
Questo testo, complesso e carico di fede e di lotte interne tra credenti, ha
al centro, continuamente, la figura di Abramo, ricordato 8 volte e che,
tuttavia, resta sullo sfondo non come il vertice della rivelazione, ma come
colui che aspetta una soluzione matura nel suo cuore e quindi una speranza.
Il testo inizia con l'affermazione di Gesù: "Sono la luce del mondo" (8,12) e
l'affermazione è fatta nel tempio, nella Festa delle Capanne, quando
particolarmente splende ovunque la luce. Gesù non vuole partecipare alla
festa delle Capanne, a Gerusalemme, come invece vogliono i suoi parenti (7,3)
che pretendono che, finalmente, si faccia pubblicità e si mostri per quello
che è. Gesù deve far esplodere, come tutti sperano, il tempo del Messianismo.
Ma Egli rifiuta di andarvi, affermando, esplicitamente, la pericolosità
dell'andare a Gerusalemme. Ma poi, in incognito, si reca nella città santa e
sale direttamente al tempio. Egli parla pubblicamente, affrontando, come un
buon maestro, i temi della Scrittura, tra lo stupore della gente che,
comunque, si meraviglia della competenza senza che avesse frequentato dei
famosi maestri. La discussione si fa subito accesa e intervengono solo alcuni
che si ritengono esperti mentre la maggior parte delle persone ascolta. Le
parole di Gesù sono subito di fuoco. Giovanni ricorda che Gesù parla presso
il "Tesoro" (8,20), il luogo dove si raccolgono i proventi della raccolta del
popolo per il tempio. Dagli interventi precedenti e seguenti e dai giudizi,
che Gesù dà del culto, si risente la denuncia di un pesante sfruttamento
delle persone, riversato nelle casse del tempio stesso che è diventato luogo
di commercio e di ricchezza, deformazione del culto e durezza di cuore. Gesù
parla, ma a suo rischio e pericolo. Giovanni, in questi due capitoli (7/8),
ricorda 6 volte il verbo "uccidere". E, d'altra parte, il momento è tragico
per il peccato della classe dirigente. Perciò, nella denuncia, Gesù
chiaramente accetta di manifestarsi come Messia e come inviato dal Padre. La
predicazione non propone "un'attesa, uno stare attenti, un preparatevi", ma
diventa una chiara e drammatica proposta: "Se rimanete nella mia parola,
siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà
liberi" (vv31-32). E' pur vero che qualcuno presta attenzione a Gesù ("quelli
che avevano creduto"v 31), ma Gesù li avvia immediatamente sull'itinerario
dell'essere discepoli e nella responsabilità di accettare pienamente la sua
parola. E aggiunge: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose
e uscì dal tempio. |