Signore Gesù Cristo Re dell'universo
10 novembre 2019
Mt 25, 31-46
Riferimenti :  Dn 7, 9-10. 13-14 -
Salmo 109 - 1Cor 15, 20-26.28
Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici!

Dn 7, 9-10. 13-14
Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Daniele 7, 9-10. 13-14
Nel libro di Daniele ci viene proposta una famosa visione apocalittica, con le quattro bestie, simboli dei quattro regni che hanno dominato il piccolo popolo d'Israele: il leone che rappresenta Babilonia, l'orso che rappresenta il popolo della Media, il leopardo con quattro teste, simbolo dei Persiani che scrutano in ogni direzione in cerca della preda, la quarta bestia, un mostro terribile, richiama il regno di Alessandro Magno e dei suoi successori. Alla fine dell'anno liturgico ci viene suggerita quella riflessione sul senso della Storia, che ha sempre tormentato gli ebrei, in particolare nel II secolo a.C., quelli che subivano l'oppressione culturale e religiosa di Antioco IV Epifane (175-164 a.C.). Questo Antioco era uno dei Seleucidi, i successori di Alessandro Magno nella zona siriaca; egli tentava di far penetrare la cultura ellenistica, quindi pagana, anche in Palestina, ma si scontrava con i partigiani della tradizione ebraica, col risultato che la società in Palestina era fortemente divisa e contrapposta. Quando si giunse alla crisi e allo scoppio della rivolta maccabaica, i fedeli tradizionalisti ebbero la meglio in modo totalmente inaspettato, e Antioco IV morì di lì a poco (1 Mac 6,1-16). Tutto questo portò a rileggere la storia di Israele e del mondo allora conosciuto cercando di individuare con quale logica Dio ne tenesse le redini del tempo e le sorti d'Israele. Israele aveva avuto il suo momento di gloria al tempo di Davide e Salomone (X sec. a.C.). Ben presto si era diviso in se stesso; poi erano giunti i primi conquistatori, gli Assiri, quindi i Babilonesi, poi ancora i Persiani, e infine i Greci; ma ecco che, proprio quando l'oppressione si era fatta più dura, un manipolo di eroi fedeli alla Legge ("tôr'"), riesce ad avere il sopravvento e a riprendere il controllo della Terra Promessa.

1Cor 15, 20-26.28
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

Corinzi 15, 20-26. 28
Nella prima lettera ai Corinti S. Paolo sta sviluppando la tematica sulla risurrezione dei cristiani. Egli dice: essa prende consistenza dalla risurrezione di Gesù. Ci sono molti testimoni (vv 5-8) ma alcuni, a Corinto, negano che i cristiani possano risorgere, dimenticando di riflettere sulla risurrezione di Gesù stesso. Una tale posizione si allinea con il pensiero dei Sadducei e con la negazione della filosofia greca.
S. Paolo non discute, ma afferma che la risurrezione dei credenti, a somiglianza di quella di Gesù, esprime una concezione globale della vita cristiana. Cristo è contrapposto ad Adamo: il primo uomo aveva aperto la strada della morte, Gesù apre la strada della vita. Viene usata qui l'immagine ebraica della "primizia": dono di novità che viene offerto a Dio e inizio di abbondanza.
Nel linguaggio apocalittico, usato nei racconti che riguardano la conclusione della storia, Cristo appare come colui che "consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e potestà e potenza". Gesù, in tal caso, si mostra Signore e Re, capace di vincere i nemici terribili di Dio e dell'uomo.


Mt 25, 31-46
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Matteo 25, 31-46
Ci troviamo davanti ad immagini drammatiche e, al limite, spietate. Siamo così obbligati ad immergere il testo, in modo particolare, nella cultura del tempo e soprattutto nello spirito con cui Gesù vuole insegnare ai suoi il significato della storia e della vita. Dobbiamo tener presente infatti che, solo qualche giorno dopo la proclamazione di questo testo, Gesù sarà arrestato, condannato e crocifisso, mentre egli stesso esprimerà infinito amore e infinito perdono per chi lo uccide o lo tradisce.
Perciò questo testo va riletto secondo un linguaggio tipico dei predicatori del tempo che volevano scuotere gli ascoltatori con immagini impressionanti. Ma il motivo non è tanto quello di suggerire ciò che avverrà nell'eternità, che resta il mistero del Dio misericordioso che si apre a noi, pur sapendo che le nostre scelte di male possono procurarci un rifiuto totale verso Dio. La teologia delle "ultime cose", come tutta la riflessione teologica, non si basa su un testo solo o su una parola, ma sulla ricchezza globale del messaggio.
Qui si vogliono fornire insegnamenti su come comportarsi oggi, su che cosa veramente vale, su che cosa significhi seguire Gesù e come veramente incontrarlo. Matteo usa l'immagine del pastore che, alla sera, quando raccoglie il suo gregge, divide i capri dalle pecore. Queste sono coperte di lana e amano il fresco della notte e stanno volentieri all'aperto, mentre i capri, i più sensibile al freddo, vanno collocati al riparo. Così i rabbini, quando parlavano del fuoco della Geenna, non si riferivano all'inferno, ma al fuoco sempre acceso nella valle attorno a Gerusalemme dove si bruciavano le immondizie.