
VII Domenica dopo il martirio di San Giovanni il
Precursore
13 ottobre 2019 Mt 13, 44-52
Riferimenti : Is 66, 18b-23 -Sal 66 - 1Cor 6, 9-11 |
Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere
il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua
salvezza fra tutte le genti. |
Isaia 66, 18b-23
Così dice il Signore Dio: «Io verrò a
radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi
verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in
essi un segno e manderò i loro superstiti alle
popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros,
Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno
udito parlare di me e non hanno visto la mia
gloria; essi annunceranno la mia gloria alle
genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da
tutte le genti come offerta al Signore, su
cavalli, su carri, su portantine, su muli, su
dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme –
dice il Signore –, come i figli d’Israele
portano l’offerta in vasi puri nel tempio del
Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti
leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cieli
e la nuova terra, che io farò, dureranno per
sempre davanti a me – oracolo del Signore –,
così dureranno la vostra discendenza e il vostro
nome. In ogni mese al novilunio, e al sabato di
ogni settimana, verrà ognuno a prostrarsi
davanti a me, dice il Signore».
Isaia 66, 18b-23 Il terzo Isaia, cioè il
profeta anonimo che vive nel tempo del ritorno
da Babilonia (sec. VI-V a C), si è assunto il
compito di aiutare la nuova popolazione della
Giudea. Si ritrovano mescolati, per gli
avvenimenti sconcertanti e gioiosi, abitanti del
luogo, rassegnati e poveri e gli esuli da
Babilonia, esultanti e pieni di speranza per il
progetto di vita che si prospetta davanti, ma
poveri anch'essi. Lo scritto del profeta si
trova alla fine del libro di Isaia. Egli si
preoccupa di aiutare a rileggere i tempi nuovi
che si stanno svolgendo in silenzio e senza
scalpore: sta nascendo un nuovo popolo. Deve
crescere e camminare, avendo intuito una nuovo
volto del Signore e un nuovo stile di incontro:
di adorazione, di comprensione della convivenza,
di responsabilità nel mondo che si sta
ricostruendo passo passo, con fatica. Gli
israeliti, prima dell'esilio in Babilonia,
credevano di essere gli unici uomini giusti,
fedeli a Dio, che avevano stabilito leggi severe
per impedire rapporti con stranieri che non
conoscevano il Signore, e quindi servivano agli
idoli (Deut 7,1-8). Durante l'esilio hanno
conosciuto invece stranieri, con sorpresa,
diversi dal proprio immaginario, generosi,
ospitali, con un'alta moralità familiare e
responsabilità sociale. Anzi spesso hanno
incontrato persone migliori dei propri
compatrioti. Al ritorno, in questo nuovo
contesto, ripensano alla propria religiosità,
reinterpretando la creazione come il grande dono
che Dio fa nel mondo a tutta l'umanità. E
l'umanità è costituita dai giusti che vengono
dal mondo ebraico e dal mondo pagano. Si capisce
allora l'immagine che il profeta Isaia
prospetta: la storia diventa il grande banchetto
per tutti i popoli e non solo per gli israeliani
(Isaia 25,6). Il banchetto raffinato è offerto
da Dio stesso. Ma lo stupore diventa ancora più
grande quando D
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1Cor 6, 9-11 Fratelli, non sapete che gli
ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né
immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti,
né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori
erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma
siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati
giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito
del nostro Dio. Corinzi 6, 9-11 Nella sua prima
lettera ai Corinzi Paolo, dal capitolo 5, riprende le notizie
che gli sono giunte circa il comportamento dei cristiani nella
comunità di Corinto e le commenta come responsabile della fede e
della purezza di questa comunità. Inizia col richiamare la
convivenza scandalosa di un uomo con la moglie di suo padre e
rimprovera i credenti che non possono tollerare questo
comportamento senza prendere provvedimenti di espulsione dalla
comunità allo scopo, comunque, di ricuperarlo. Nel capitolo 6,
Paolo affronta un nuovo problema che è quello della giustizia e
dei tribunali. Venuto a conoscenza del frequente ricorso dei
cristiani ai tribunali pagani, Paolo disapprova e condanna che
ci si rivolga a giudici idolatri per risolvere le proprie liti.
E' assurdo che ci si rivolga a loro, quando, alla fine del
mondo, proprio i pagani saranno giudicati dai cristiani
unitamente a Cristo (6,2-6). Ma a questo punto, Paolo pone il
problema alla radice: "E' assurdo che nella comunità cristiana
sorgano liti". Nei capitoli 5-6 vengono riportati 3 cataloghi di
vizi: il primo: quattro vizi (5,10); il secondo: sei (5,11), il
terzo: 10, elencati nel testo di oggi (6,10-11). Coloro che
vivono in questi mali non possono ereditare il Regno di Dio, e
per ereditare si intende "entrare in possesso". Paolo non si
scandalizza nel riconoscere che nel mondo c'è il male e questo
tipo di male personale c'era anche nei cristiani di questa
comunità. Tuttavia da questa esperienza ne sono usciti, poiché
sono stati "lavati, santificati, giustificati". L'acqua ricorda
il battesimo, i verbi "santificare e giustificare" esprimono gli
effetti del battesimo. La santificazione esprime lo stato dei
credenti, venuti alla fede e costituenti il popolo santo di Dio,
la giustificazione indica la condizione dei cristiani, resi
giusti per la fede in Gesù nello Spirito Santo.
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Mt 13, 44-52 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il
regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e
lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel
campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di
perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi
averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel
mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la
tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e
buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e
separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove
sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli
risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto
discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal
suo tesoro cose nuove e cose antiche». Mt 13,44-52 Un
contadino e un mercante trovano tesori. Accade a uno che, per caso, senza
averlo programmato, tra rovi e sassi, su un campo non suo, resta folgorato
dalla scoperta e dalla gioia. Accade a uno che invece, da intenditore
appassionato e determinato, gira il mondo dietro il suo sogno. Due modalità
che sembrano contraddirsi, ma il Vangelo è liberante: l'incontro con Dio non
sopporta statistiche, è possibile a tutti trovarlo o essere trovati da lui,
sorpresi da una luce sulla via di Damasco, oppure da un Dio innamorato di
normalità, che passa, come dice Teresa d'Avila, "fra le pentole della
cucina", che è nel tuo campo di ogni giorno, là dove vivi e lavori e ami,
come un contadino paziente. Tesoro e perla: nomi bellissimi che Gesù
sceglie per dire la rivoluzione felice portata nella vita dal Vangelo. La
fede è una forza vitale che ti cambia la vita. E la fa danzare. «Trovato il
tesoro, l'uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel
campo». La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala, è il movente che fa
camminare, correre, volare: per cui vendere tutti gli averi non porta con sé
nessun sentore di rinuncia (Gesù non chiede mai sacrifici quando parla del
Regno), sembra piuttosto lo straripare di un futuro nuovo, di una gioiosa
speranza. Niente di quello di prima viene buttato via. Il contadino e il
mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere
di più. Non perdono niente, lo investono. Così sono i cristiani: scelgono e
scegliendo bene guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi:
hanno investito in un tesoro di speranza, di luce, di cuore. |