V domenica dopo il martirio di giovanni
9 settembre 2019
Lc 6, 27-38
Riferimenti :Isaia 56, 1-7 - Salmo 118 - Romani 15, 2-7
 Signore, conservo nel cuore le tue parole. Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Osservando la tua parola. Con tutto il mio cuore ti cerco: non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.

Is 56, 1-7
Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi». Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male. Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: «Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!». Non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!». Poiché così dice il Signore: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Isaia 56,1-7
Il testo di oggi inizia il messaggio di un profeta anonimo che passa sotto il nome di Terzo Isaia e fa riferimento al ritorno degli ebrei dall'esilio nella terra di Giuda (sec VI). Il clima è diverso. Esisteva, prima dell'esilio, un esclusivismo esigente e duro, destinato a mantenere pura la propria fede e a non mescolarsi con altre divinità. L'esperienza del popolo o i matrimoni dei sovrani con donne straniere dimostrano a sufficienza che i matrimoni con straniere facevano deviare dalla fede. Perciò il libro del Deuteronomio, attribuito a Mosè, ma in realtà scritto nel sec.VII-VI a.C. obbliga: "Con gli stranieri non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me, per farli servire a dèi stranieri" (7,2-4). La liberazione da Babilonia ha aperto molte speranze, ma l'esperienza faticosa della convivenza, con un popolo pagano e vincitore, ha obbligato a grandi riflessioni e maturazioni. E comunque è stata una convivenza con un popolo straniero di alta cultura. La convivenza dell'esilio ha fatto loro ripensare ad atteggiamenti diversi. Ha fatto superare paure e pregiudizi. Anche a Babilonia, hanno incontrato uomini e donne di fiducia, giusti, portatori e portatrici di valori condivisi. Ma non tutti vivono il ritorno così. Altri, invece, anche tra le guide politiche e religiose, hanno ripreso diffidenze e sospetti poiché erano rimasti pregiudizi pericolosi, e ritenevano che la vera fede consistesse nel rifiutare ogni straniero.

Rm 15, 2-7
Fratelli, ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: «Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me». Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.

Romani 15,2-7
Questo capitolo inizia con il riferimento ai forti ed ai deboli: "Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi" Paolo è preoccupato delle tensioni esistenti tra quelli che lui chiama i forti e quelli che chiama deboli.
I forti erano coloro che ritengono sorpassate le osservanze dell'antica legge poiché ciò che conta è credere in Cristo, nella sua parola e nel suo progetto di vita. I deboli sono coloro che, legati ancora alle tradizioni religiose ebraiche degli antichi, conducono una vita austera, si privano anche di piaceri leciti, continuano nella prescrizione dei cibi impuri, praticano la circoncisione. I deboli giudicano i forti come persone superficiali. I forti, a loro volta, disprezzano i deboli e li trattano da retrogradi, ignoranti, nostalgici. Paolo, che si colloca tra i forti (lo dice all'inizio di questo capitolo), raccomanda carità e rispetto reciproco nella comunità cristiana. Si deve particolarmente fare del bene al fratello, anche disposti a limitare la propria piena libertà se questo è richiesto dall'amore dell'altro. Difatti Paolo riporta l'insegnamento di Gesù non solo espresso nelle parole ma anche esemplificato nel suo comportamento. Per la salvezza degli uomini che il Padre vuole, egli va incontro a disagi e ingiurie e vi si sottopone per amore dei fratelli che vuole aiutare. Nella comunità cristiana sono fondamentali la perseveranza e la consolazione reciproca e queste sono date da Dio. In un clima di preghiera perseveranza e consolazione rendono gloria a Dio e manifestano l'accoglienza negli altri, a somiglianza di quella che ha avuto Gesù per tutti noi.


Lc 6, 27-38
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Luca 6,27-38
Nel suo Vangelo Luca riprende le linee che Matteo ha formulato nel "discorso delle beatitudini" (cap5-7). C'è molta folla, racconta Luca, che cerca Gesù, e "il discorso della Pianura" è rivolto ai discepoli. I messaggi di Gesù sono splendidi ma esigono una premessa: "Queste parole sono per chi ha scelto il Maestro e quindi, nonostante i malumori e i limiti personali, se ci si è fatti discepoli di Gesù non ci si mette a discutere sul valore di una Parola di conversione, ma, al limite, si dichiara la propria difficoltà a capire e la richiesta di chiarimento e di forza. La dimensione fondamentale di Dio, in Luca, è la sua misericordia e tutto il testo che leggiamo oggi va riletto sotto questo profilo.
Il testo di oggi comincia con quattro imperativi: "Amate, fate del bene, benedite, pregate". Ci ritroviamo con scelte e stili di vita che rifiutano totalmente la violenza. La violenza non costruisce nulla, ma cancella prospettive di crescita poiché la violenza schiaccia, contrappone, scatena gli odi mentre fa sentire la debolezza come una maledizione e fa sognare la potenza di sopraffarlo l'altro, di poterlo uccidere. La violenza risveglia volontà di violenza, a sua volta, e di rivalsa. Gesù non chiede che si diventi amici, nel senso della condivisione nella simpatia. La simpatia non dipende da noi e non può essere comandata. Gesù chiede di amare, cioè di preoccuparsi dei bisogni dell'altro.
Non siamo solo nell'atteggiamento di non rispondere al male con il male, alla violenza con la violenza ma si tratta di accogliere e quindi è necessario avere il coraggio di fare il primo passo per aiutare l'altro ad uscire dalla incapacità a sperare un cambiamento, supposto lo voglia aspettare.