
II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
8 Settembre 2019
Mt 21, 28-32
Isaia5, 1-7 - Salmo 79 - Gal 2, 15-20 |
La vigna del Signore è il suo popolo. Hai sradicato
una vite dall’Egitto, hai scacciato le genti e l’hai
trapiantata. Ha esteso i suoi tralci fino al mare, e arrivavano
al fiume i suoi germogli. R Dio degli eserciti, ritorna! Guarda
dal cielo e vedi e visita questa vigna.
L'autore del Salmo di questa domenica, il 79, è una
supplica collettiva che eleva un'accorata preghiera a Dio
invitandolo a visitare la sua vigna e, con la sua presenza,
allontani i nemici del suo popolo e con essi le sofferenze
fisice e morali. |
Isaia5,
1-7
Così dice il Signore Dio: «Voglio
cantare per il mio diletto il mio cantico
d’amore per la sua vigna. Il mio diletto
possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli
l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi
aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva
costruito una torre e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva; essa produsse,
invece, acini acerbi. E ora, abitanti di
Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici
fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare
ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi
conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe e si trasformerà in
pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà
calpestata. La renderò un deserto, non sarà
potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la
casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la
sua piantagione preferita. Egli si aspettava
giustizia ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine ed ecco grida di
oppressi».
Isaia. 5, 1-7
L'immagine della vigna è un prezioso impegno,
una gloria per il contadino d'Israele e il suo
capolavoro poiché richiede cura e attenzione,
competenza e sollecitudine, fatica e operosità.
Il risultato non è immediato, ma alimenta la
sorpresa che rimanda a fine stagione, quando
finalmente l'uva è stata torchiata e il vino è
raccolto. Se tutto è andato bene, se la stagione
ha mantenuto i suoi ritmi, se il lavoro si è
svolto con intelligenza e con pazienza, se si è
vigilato contro le bestie selvatiche e contro i
ladri, con l'aiuto di Dio, finalmente, il
risultato buono c'è stato. |
Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, noi, che per nascita siamo Giudei e non
pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato
per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in
Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere
giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della
Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai
giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la
giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli
altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! Infatti
se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come
trasgressore. In realtà mediante la Legge io sono morto alla
Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con
Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita,
che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che
mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
Galati. 2, 15-20
Paolo si è fermato nella regione occupata dai Galati (attuale
Turchia centrale) durante il secondo viaggio missionario (50-52
d.C.) a causa di una malattia (4,13-14). Per Paolo anche questa
è un'occasione e un segno per parlare di Gesù a queste
popolazioni. Molti, probabilmente appartenenti a diverse
comunità, accolgono il suo annuncio e sono per lo più pagani.
Perciò si capisce il significato di rivolgersi, nella lettera,
"alle chiese della Galazia" (1,2). Il messaggio che Paolo porta
è stato, prima di tutto, sperimentato nella sua vita. E'
consapevole e si preoccupa di parlarne con grande lucidità, pur
rendendosi conto di dover dire agli ebrei che la legge e i riti
debbono definitivamente cedere il passo alla legge di Gesù
Signore. Egli conduce i suoi ascoltatori su un'altra strada,
liberandoli dalla ossessione della legge di Mosè, carica di
prescrizioni che angosciano l'esistenza e rendono davanti a Dio
ogni credente, continuamente, solo cosciente di infedeltà. E
tuttavia, alcuni ebrei, pur convertiti alla parola di Gesù,
ritengono che bisogna continuare ad essere attenti alla legge
ebraica, lo predicano e quindi creano confusione. Molti rivedono
la loro posizione, precedentemente assunta con Paolo, e
accettano la proposta di questi ebreocristiani, probabilmente di
origine farisaica, come d'altra parte lo era stato Paolo, ma
esigenti e, in mancanza di confronto, anche convincenti. Quando
Paolo viene a saperlo, si preoccupa non solo di chiarire la
propria posizione, ma anche di richiamare i fratelli cristiani,
che ha conosciuto, alla chiarezza della fede. Così, dopo aver
compreso la libertà del Vangelo, le "Chiese della Galazia"
stanno ritornando alla schiavitù della legge mosaica (1,6-10;
3,1-5). Paolo parla, nel suo scritto, della missione avuta da
Dio, dei suoi rapporti con gli apostoli di Gerusalemme, e
ripropone, con grande intensità, i temi centrali del Vangelo e
l'assoluta superiorità della fede cristiana sull'antica legge.
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Mt 21, 28-32
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Che ve ne pare? Un uomo
aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare
nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò.
Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma
non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il
primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le
prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi
sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le
prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste
cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Un uomo aveva due figli!. Ed è come dire: Un uomo aveva due cuori. Ognuno di
noi ha in sé un cuore diviso; un cuore che dice “sì” e uno che dice “no”; un
cuore che dice e poi si contraddice. L'obiettivo santo dell'uomo è avere un
cuore unificato. Il primo figlio rispose: non ne ho voglia, ma poi si pentì e
vi andò. Il primo figlio è un ribelle; il secondo, che dice “sì” e non fa, è
un servile. Non si illude Gesù. Conosce bene come siamo fatti: non esiste un
terzo figlio ideale, che vive la perfetta coerenza tra il dire e il fare. Il
primo figlio, vivo, reattivo, impulsivo che prima di aderire a suo padre
prova il bisogno imperioso, vitale, di fronteggiarlo, di misurarsi con lui,
di contraddirlo, non ha nulla di servile. L'altro figlio che dice “sì,
signore” e non fa è un adolescente immaturo che si accontenta di apparire.
Uomo di maschere e di paure. I due fratelli della parabola, pur così diversi,
hanno tuttavia qualcosa in comune, la stessa idea del padre: un padre-padrone
al quale sottomettersi oppure ribellarsi, ma in fondo da eludere. Qualcosa
però viene a disarmare il rifiuto del primo figlio: si pentì. Pentirsi
significa cambiare modo di vedere il padre e la vigna: la vigna è molto più
che fatica e sudore, è il luogo dove è racchiusa una profezia di gioia (il
vino) per tutta la casa. E il padre è custode di gioia condivisa. Chi dei due
figli ha fatto la volontà del Padre? Parola centrale. Volontà di Dio è forse
mettere alla prova i due figli, misurare la loro obbedienza? No, la sua
volontà è la fioritura piena della vigna che è la vita nel mondo; è una casa
abitata da figli liberi e non da servi sottomessi. Gesù prosegue con una
delle sue parole più dure e più consolanti: I pubblicani e le prostitute vi
passano avanti nel Regno di Dio. Perché hanno detto “no”, e la loro vita era
senza frutti, ma poi hanno cambiato vita. Dura la frase! Perché si rivolge a
noi, che a parole diciamo “sì”, ma poi siamo sterili di frutti buoni.
Cristiani di facciata o di sostanza |