Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo
6 novembre 2022
Mt 25, 31-46

Riferimenti : Dn 7, 9-10. 13-14 - Sal 109 - 1Cor 15, 20-26.28
Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici!

Dn 7, 9-10. 13-14
Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Daniele 7, 9-10. 13-14
Nel libro di Daniele c'è la volontà di voler intravedere il senso della storia come si presenta, ai credenti nel Dio d'Israele, nel secolo secondo avanti Cristo. Questo capitolo inizia con la visione apocalittica di quattro bestie che sorgono dall'oceano, il luogo del caos e del male. Le bestie rappresentano il dominio e il potere di quattro regni che si sono succeduti nel Medio Oriente e di cui è stato testimone il popolo d'Israele nel suo cammino faticoso: il leone che rappresenta Babilonia, l'orso che rappresenta il popolo della Media, il leopardo con quattro teste che è simbolo dei Persiani che scrutano in ogni direzione in cerca della preda, la quarta bestia, un mostro terribile, che richiama il regno di Alessandro Magno e dei suoi successori. Israele sta vivendo un tempo angoscioso in cui si ribella e tenta di conquistarsi una libertà, combattendo l'oppressione culturale e religiosa di Antioco IV Epifane (175-164 a.C.).
Nella visione della storia, come luogo dell'operosità dell'uomo e della giustizia di Dio, Daniele intravede il giudizio finale come un grande processo da parte di Dio, un vegliardo, che pronuncia la sentenza contro le bestie che opprimono il mondo con la violenza. Poi, all'orizzonte, appare uno, simile a un "figlio d'uomo" che scende dalle nubi, perciò non viene dal caos, dall'abisso ma dal cielo, ed è portatore di speranza e di accoglienza, semplicemente "uomo" ma viene nel mondo come risolutore della speranza di un popolo e quindi può essere considerato come un nome collettivo: uomo che rappresenta Israele e che prenderà il posto rimasto vacante dalla caduta degli imperi. Porterà finalmente la pace ed il benessere. Sottometterà tutti i popoli come i regni precedenti, ma viene da Dio, riceve i poteri da Dio e regnerà indisturbato e giusto poiché il Signore gli avrà riconosciuto potenza e forza su tutti i regni della terra. Su questa attesa la guerra partigiana dei Maccabei incomincia e si sviluppa con vicende via via più promettenti, fino a pensare che si possa arrivare, non solo alla indipendenza ma anche al dominio del mondo come, d'altra parte, lo sono state altre nazioni.
Purtroppo però, anche i vincitori ebrei non sanno mantenere salda l'alleanza con Dio e rientrano anch'essi nella prospettiva del potere come violenza, oppressione, intrighi e crudeltà.

1Cor 15, 20-26.28
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.

1 Corinzi 15, 20-26. 28
Sembra che i rabbini ritenessero che con la venuta del Messia iniziasse il primo regno: "il regno del Messia" o il regno del cambiamento e della rivoluzione; dopo di che sarebbe venuto il "Regno di Dio".
Così il regno del Messia sarebbe stato lungo quanto tutto il tempo dell'umanità in attesa del giudizio finale. In questa prospettiva si capisce il compito di Gesù che avrebbe distrutto via via il male e sottomesso tutti i nemici fino a distruggere la morte, l'ultimo avversario.
I nemici, però, non sono le persone ma le forze del male che impediscono all'uomo di vivere in pienezza la propria esistenza: la malattia, la fame, la nudità, l'ignoranza, la schiavitù, la paura, l'odio, l'egoismo, il peccato. Quando tutto questo sarà superato e le realtà negative, che schiacciano e deformano la bellezza delle persone, saranno scomparse, allora il Regno del Messia sarà compiuto.
Allora Gesù consegnerà al Padre il suo regno, purificato e liberato, e inizierà il regno di Dio nella pienezza. per l'eternità. Così all'inizio di questo testo si dice che Gesù non elimina la morte biologica.
Questo nostro organismo lentamente si deteriora. Egli ha vinto la morte con il suo significato di annientamento e l'ha trasformata in una nascita definitiva, in vita piena. A questo punto non possiamo sottrarci alla spirale di novità che si innesta nella vita: ogni atto di amore apre orizzonti di cambiamento, ogni tentativo di solidarietà avvicina al Regno di Dio poiché collabora nel progetto di Gesù, ogni liberazione apre mondi nuovi e sgretola il male e la disperazione. Ogni scoperta è un cammino verso la liberazione. Il Regno si libera lentamente, con la collaborazione e l'entusiasmo di tutti, credenti e no. La differenza è data dalla consapevolezza e dalla coscienza che si sta operando una liberazione in compagnia di infiniti gesti e persone, sia pure ignare della fede, ma disposte ad aprire al meglio.


 Mt 25, 31-46
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Matteo 25,31-46
Tutto il capitolo 25 racchiude come un testamento fondamentale di Gesù per i suoi sulla laicità che orienta verso prospettive particolari di operosità e di responsabilità. Dobbiamo tener presente, infatti che, solo qualche giorno dopo la proclamazione di questo testo, Gesù sarà arrestato, condannato e crocifisso, mentre egli stesso esprimerà infinito amore e infinito perdono per chi lo uccide o lo tradisce. Si parla di una parabola dedicata alle donne, una agli uomini ed una a tutti, uomini e donne, indipendentemente dalla loro religione o rango. E' più di una parabola, ma suggerisce le linee del giudizio.
Alle donne vengono riconosciute le responsabilità di essenzialità e previdenza nel proprio ruolo, mantenendo la sapienza del vivere e sapendo provvedere con saggezza a ruoli e compiti di persone affidabili (Mt 25,1-13): le dieci vergini aspettano lo sposo con le lampade accese ma, al momento in cui è maggiormente necessario l'essere pronte, scoprono di essere sprovvedute di olio e quindi incapaci a sostenere il ruolo per cui sono state chiamate. Risultano stolte cinque di loro e cinque previdenti, sagge.
Agli uomini la parabola che li vede impegnati nel dover gestire in somme ingentissime chiede la responsabilità di far fruttificare le ricchezze che possiedono. Pur diversi, i tre uomini, a cui si riconoscono capacità diverse, si vedono affidare compiti compatibili con le rispettive risorse: a uno sono affidati 5 talenti (circa 160 kg d'oro), ad uno 2 talenti (circa 65 kg d'oro) e all'ultimo un talento (circa 33 Kg d'oro). Alla fine dovranno rendere conto dei frutti guadagnati (Mt25,14-30). E non è pensabile di poter restituire solo il capitale: ognuno riceve e deve far crescere ciò che ha ricevuto. In mancanza d'altro, bisogna almeno mettere i soldi in banca per restituire con l'interesse (25,27). Nella vita ciascuno ha ricevuto tesori e ciascuno deve rendere nel mondo i propri frutti. Così collabora alla vita del mondo, creato da Dio.
Il giudizio. Il terzo testo (Mt 25,31-46) è il brano di oggi: drammatico, conclusivo della storia, aperto a tutti, uomini e donne, responsabili di una mondo segnato dal male in cui è necessario intervenire per sanare e aiutare. Il gesto del dividere come i pastori dividono le pecore e i capri è una scena normale, in Israele. Sul fare della sera, quando bisogna prepararsi per la notte, i capri debbono essere separati dalle pecore perché sono più delicati nel confronto del freddo e bisogna portarli dentro l'ovile, al coperto, mentre le pecore, per la lana che portano, vivono più facilmente nel fresco della notte. Ci troviamo davanti ad immagini drammatiche e, al limite, spietate. Siamo così obbligati ad immergere il testo, in modo particolare, nella cultura del tempo e soprattutto nello spirito con cui Gesù vuole insegnare ai suoi il significato della storia e della vita. Perciò questo testo va riletto secondo un linguaggio tipico dei predicatori del tempo che vogliono scuotere gli ascoltatori con immagini impressionanti.

Credo
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.