
XI Domenica dopo Pentecoste
21 agosto 2022
Lc 16, 19-31
Riferimenti : 1Re 21, 1-19 - Sal 5 - Rm 12, 9-18 |
Ascolta, Signore, il povero che t’invoca. Porgi
l’orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento.
Sii attento alla voce del mio grido,o mio re e mio Dio, perché a
te, Signore, rivolgo la mia preghiera. |
1Re 21, 1-19 In quei giorni.
Avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl
possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al
palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a
Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto,
perché è confinante con la mia casa. Al suo
posto ti darò una vigna migliore di quella,
oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro
al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi
guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei
padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e
sdegnato per le parole dettegli da Nabot di
Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò
l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto,
voltò la faccia da un lato e non mangiò niente.
Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò:
«Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e
perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché
ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna
per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra
vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la
mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli
disse: «Tu eserciti così la potestà regale su
Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca.
Te la farò avere io la vigna di Nabot di
Izreèl!». Ella scrisse lettere con il nome di
Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le
spedì agli anziani e ai notabili della città,
che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere
scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot
alla testa del popolo. Di fronte a lui fate
sedere due uomini perversi, i quali l’accusino:
“Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo
fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini
della città di Nabot, gli anziani e i notabili
che abitavano nella sua città, fecero come aveva
ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto
nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono
un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del
popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si
sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono
Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha
maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori
della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi
mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato
lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che
Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad
Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot
di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in
cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è
morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab
si alzò per scendere nella vigna di Nabot di
Izreèl a prenderne possesso. Allora la parola
del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su,
scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita
a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è
sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui
dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato
e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il
Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di
Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”».
1 Re 21, 1-19 Dio si presenta come custode
della giustizia e come difensore del debole. E
questo avviene attraverso il profeta, oggi con
Elia e, un tempo, con Natan di fronte al peccato
di Davide con Betsabea (2 Sm 11) e l'omicidio
del marito di Betsabea, Uria. Anche là, tutto si
sarebbe svolto nell'anonimato e nel silenzio, se
il Signore non avesse fatto emergere la condanna
del profeta che ha denunciato apertamente a
Davide il suo peccato e quindi il castigo che ne
sarebbe venuto. Nella Scrittura i racconti di
misfatti sono riferiti senza reticenze poiché
sono il volto di una umanità prepotente,
sfruttatrice, debole. Il racconto non risparmia
amici e nemici mentre mette sempre in luce la
giustizia e la misericordia di Dio, custode di
una umanità di cui è pastore. Il testo di oggi è
il paradigma di come il mondo può essere
sovvertito dalla prepotenza e dall'ingordigia.
In tal modo chi ha potere, se non segue le leggi
di Dio, può stravolgere secondo il proprio
interesse quello che è giusto e travolgere ogni
persona debole e fragile, anche se si trova
dalla parte della ragione. Il racconto della
vigna di Nabot segna un esempio classico di
ingiustizia e di prevaricazione per il potere
che si esercita sui sudditi. Acab è re di
Samaria e desidera la vigna di un contadino che
confina col suo palazzo. La gestione del potere,
non a caso, è governata da una regina pagana che
non ha assimilato la responsabilità del re verso
i suoi sudditi, Pastore visibile del Dio
invisibile. Nel mondo pagano il re è
considerato, spesso, una divinità, comunque
sottratto alla legge che è solo dei sudditi. Il
potere del re è potere assoluto (absolutus:
sciolto e superiore alla legge). Per sé la
proposta del re è ragionevole, ma non accetta
che l'altro si rifiuti. Ed il rifiuto dipende
dal valore della terra, ricevuta in eredità dai
padri che dà diritto di cittadinanza e che
custodisce, spesso, la sepoltura degli antenati
(1 Samuele 25,1). Problemi e spogliazioni
ancora più macroscopiche avvengono oggi con i
popoli poveri. Le loro terre sono depredate
delle ricchezze del sottosuolo senza un serio
mercato che permetta di superare la fame, la
malattia, l'ignoranza e la miseria. Sono
saccheggi e rapine su paesi di sfruttamento.
Spesso tali territori diventano anche discariche
di rifiuti tossici. |
Rm 12, 9-18 Fratelli, la
carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene;
amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello
stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate
invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti
nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella
preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi
nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e
non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia;
piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi
sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di
grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi
sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male.
Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se
possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Romani 12, 9-18 Tra i due drammi della vigna di Nabot e il
ricco epulone questo testo fa da cerniera per incoraggiare nel
mondo un criterio nuovo di rapporto con le persone. La Comunità
cristiana viene invitata ad essere esempio, come novità di Gesù
e quindi come il nuovo volto di Dio attraverso noi. Non si può
leggere questi bellissimi testi, esemplificativi sulla "carità",
senza premettere i primi due versetti di questo capitolo che
qualificano e illustrano il significato successivo del
messaggio. "Vi esorto, fratelli, ad offrire i vostri corpi come
sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro
culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi
trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e
perfetto." (12,1-2). Paolo incoraggia la comunità cristiana
perché riscopra, nella propria vocazione, un culto vissuto nello
Spirito, fatto di gesti e di scelte, di consapevolezza, di
responsabilità e di attenzione, trasformandosi completamente
rispetto alla mentalità corrente. Il tempio raccoglieva e
offriva preghiere e offerte sacrificali a Dio. Ora non c'è più,
ma preghiere e offerte salgono a Dio da un nuovo tempio, prima
quello di Gesù e poi costituito dalla nostra vita e dal nostro
corpo, a somiglianza del corpo del Signore Gesù che ha riassunto
in sé la pienezza della preghiera e la totale offerta del suo
cuore sulla croce. Noi siamo come Gesù segno e offerta con una
novità tutta sua che lo rende unico agli occhi di Dio. La
"carità" è l'amore di Dio e del prossimo con cui rispondo
all'amore di Dio e corrisponde alla parola di Gesù che
raccomanda il superamento della ipocrisia o dell'amore per il
proprio tornaconto "Infatti, se amate quelli che vi amano, -
dice Gesù - quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i
pubblicani? (Mt 5,46). Perciò, nell'amore fraterno che ci
sostiene non ci si mette al primo posto ma si apprezza l'altro
più di sé.
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VANGELO
Lc 16, 19-31 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «C’era un uomo ricco,
che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a
lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di
piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma
erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e
fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo,
e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di
me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la
lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose:
“Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i
suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai
tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro
che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere
fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a
casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente,
perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose:
“Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo,
ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose:
“Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno
risorgesse dai morti”». Lc 16,19-31 Ci troviamo di fronte
ad un ricco che, in fondo, non fa nulla di male. Non si dice che sfrutta i
poveri, che ruba, che è disonesto nel pagare le tasse, che perseguita gli
onesti con metodi mafiosi di potere. E' una persona che si fa gli affari
suoi, nessuno gli può rimproverare qualcosa. Ma anche di Lazzaro non si
dice qualcosa della sua vita, se è stato un padre amoroso, un lavoratore, un
onesto o fannullone. La situazione fotografata è la irreparabile situazione
di disparità tra chi ha e chi non ha e l'inesistente tentativo di superare
questa lacerazione. Si sono fatti passi avanti? Ci sono stati molti
tentativi di provvidenze in questi ultimi due secoli a livello politico.
Prima, fino all'inizio del 900, salvo qualche eccezione, tutta l'attenzione
alla povertà era lasciata alle provvidenze private o religiose. A livello
politico sono sorti movimenti, ideologie, partiti. Ci sono stati tentativi di
legislazioni sociali più attente ai bisogni. Il mondo cattolico stesso ha
fatto molti passi avanti dalla metà dell'Ottocento, quando si è sviluppato il
fenomeno rivoluzionario della industrializzazione e lo sconvolgimento di
ritmi di lavoro, di vita, di ritmi, di sfruttamento. Non va dimenticato che,
a dispetto del Vangelo e del coraggio degli antichi padri della Chiesa,
soprattutto nel tempo della prima industrializzazione in Inghilterra, in
Francia ed in Germania, e in qualche modo anche in Italia, i cambiamenti
senza regole e quindi lo sfruttamento di uomini, donne e bambini sono saliti
alle stelle con miserie infinite. E salvo qualche eccezione di Vescovi
attenti, tutta la riflessione cristiana si risolveva nello stile del: "Abbi
pazienza, se soffri di qui, di là sarai ricompensato". Una tale religiosità
difficilmente ha fatto reagire il popolo cristiano, salvo alcune frange e
alcuni grandi santi. Così le riletture insofferenti rilessero la religione
come oppio, altri la ripensarono come nemica dei poveri, altri ancora
interpretarono le scelte della Chiesa come furba posizione di dominio delle
sofferenze per aggregare a sé i sofferenti. A pensare che già nel sec. IV
sant'Ambrogio diceva: "Quando tu dai qualcosa al povero, non gli offri ciò
che è tuo, ma gli restituisci soltanto ciò che è già suo, perché la terra e i
beni di questo mondo sono di tutti, non dei ricchi".
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |