 Domenica in Albis depositis
II di Pasqua - 24 aprile 2022
Gv 20, 19-31
Riferimenti : At 4, 8-24a - Sal 117 - Col 2, 8-15 |
La pietra scartata dai costruttori,ora e pietra angolare. Rendete grazie al
Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la casa di
Aronne: «Il suo amore è per sempre».
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At 4, 8-24a In quei giorni. Pietro,
colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del
popolo e anziani, visto che oggi veniamo
interrogati sul beneficio recato a un uomo
infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato
salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il
popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il
Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha
risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi
risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata
scartata da voi, costruttori, e che è diventata
la pietra d’angolo. In nessun altro c’è
salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo,
altro nome dato agli uomini, nel quale è
stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la
franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi
conto che erano persone semplici e senza
istruzione, rimanevano stupiti e li
riconoscevano come quelli che erano stati con
Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro,
l’uomo che era stato guarito, non sapevano che
cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e
si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che
cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno
evidente è avvenuto per opera loro; esso è
diventato talmente noto a tutti gli abitanti di
Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché
non si divulghi maggiormente tra il popolo,
proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad
alcuno in quel nome». Li richiamarono e
ordinarono loro di non parlare in alcun modo né
di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e
Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a
Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo
voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo
visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli
ulteriormente minacciati, non trovando in che
modo poterli punire, li lasciarono andare a
causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio
per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era
avvenuto questo miracolo della guarigione aveva
più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro
e Giovanni andarono dai loro fratelli e
riferirono quanto avevano detto loro i capi dei
sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo,
tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.
Atti 4, 8-24 Siamo nei primi tempi della
comunità cristiana a Gerusalemme. La vita si
svolge normalmente e con una certa tranquillità.
Tuttavia la comunità cristiana, sconvolta dalla
morte e stupita e ricca di entusiasmo per la
risurrezione di Gesù, mentre si organizza,
ripensa ai messaggi ricevuti. Ovviamente Gesù è
il centro della vita, ma la comunità cristiana è
costituita da ebrei che mantengono le loro
abitudini. Perciò, in un giorno feriale, Pietro
e Giovanni salgono al tempio per pregare alle
tre del pomeriggio (3,1). Mentre attraversano la
porta, detta "bella", del tempio, uno storpio,
povero, chiede, come al solito, l'elemosina e
tutti lo conoscono perché è una presenza
stabile. Pietro gli dice: "Non possiedo né oro
né argento ma quello che ho te lo do. Nel nome
di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina"
(3,6). Lo storpio risanato non si comporta certo
in modo discreto ma nel tempio, suscitando
stupore tra la gente che via via si è raccolta,
canta, urla, danza. Pietro e Giovanni sentono il
bisogno di chiarire ciò che è avvenuto: "Noi non
abbiamo questi poteri. Abbiamo agito nel nome di
Gesù il Nazareno che voi avete rinnegato di
fronte a Ponzio Pilato e che il Dio dei padri ha
esaltato. Voi avete ucciso l'autore della
vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti e noi
ne siamo testimoni. Per la fede riposta in lui,
Gesù ha dato vigore a questo corpo" (3,13-16).
Tutto questo suscita rivolgimenti e ripensamenti
in molti, e la Comunità cristiana si ingrandisce
fino a 5000 persone (4,4) Nel contempo queste
uscite clamorose producono preoccupazione nelle
autorità del tempio che arrestano e mettono in
prigione Pietro e Giovanni fino al giorno dopo.
Quindi si riunisce in Gerusalemme il gran
Sinedrio, supremo tribunale d'Israele. Vengono
interrogati i due discepoli sulle motivazioni e
la spiegazione di ciò che è avvenuto il giorno
precedente. La testimonianza, data pubblicamente
il giorno prima alla gente, viene ripetuta qui:
"Noi abbiamo fatto questo nel nome di Gesù
Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso e
Dio ha risuscitato dai morti". E secondo il
metodo dei rabbini si richiamano alla Scrittura
per dare significato di chi è Gesù: "Questo Gesù
è la pietra, che è stata scartata da voi,
costruttori, e che è diventata la pietra
d'angolo" (4,11). La libera citazione è tratta
dal salmo 118,22 che già Gesù ha utilizzato in
una discussione con gli scribi (Luca 20,12). I
dotti ebrei, studiosi della legge che
interrogano, non condannano mentre colgono,
stupiti, la franchezza e il fatto che fossero
analfabeti e senza cultura. La franchezza (in
greco parresia) indica la libertà e il coraggio
con cui gli apostoli annunciano il loro
messaggio, nonostante le minacce. Viene
continuamente richiamato il termine salvezza che
poi è il significato del nome Gesù:. «Dio salva»
(Mt 1,21).
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Col 2, 8-15 Fratelli, fate attenzione
che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti
raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del
mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente
tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della
pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni
Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante
una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del
corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui
sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la
fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con
lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa
delle colpe e della non circoncisione della vostra carne,
perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto
contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha
tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della
loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico
spettacolo, trionfando su di loro in Cristo. Colossesi 2,8-15
Paolo, già all'inizio del cap. 2, comunica ai Colossesi che il
compito che si è assunto è quello di sostenere una lunga lotta
per le Comunità cristiane di Colossi, di Laodicea e per tutti
quelli che sono stati raggiunti dalla fede perché siano aiutati
nella verità e quindi vengano consolati (2,1). Egli vuole
"arricchire le sue comunità di una piena intelligenza per
conoscere il mistero di Dio, che è Cristo". L'apostolo vuole
chiarire ai credenti che la fede ci viene trasmessa dai fatti e
dalle parole di Gesù mentre ci si ritrova in contesti in cui
circolano insegnamenti e norme imposte da falsi profeti (è
filosofia di cui parla). Non si deve, perciò, diventare "preda",
cioè «ridursi in schiavitù». Siamo stati liberati dal potere
delle tenebre e affrancati da Cristo (1,13s). Se lo si rinnega,
si ritorna agli errori antichi: ricadremmo in schiavitù (cf.Gal
4,8s;5,1). Noi siamo stati chiamati a seguire Gesù. E Paolo
unisce la parola «pienezza» (1,19) all'avverbio «corporalmente»:
ci si richiama a Cristo risorto che ricapitola tutto il mondo
divino (il suo essere preesistente e glorificato: la pienezza),
e tutto il mondo creato, che ha assunto direttamente, facendosi
uomo e quindi coinvolgendo anche il creato. Con la sua
incarnazione e la sua risurrezione tutta la realtà, e quindi
anche il corpo, entra nella pienezza di Dio. Il cristiano
partecipa alla pienezza di Cristo, in quanto membro del suo
corpo, del suo «pleroma» (cf.1,19). Associato così a colui che è
capo delle potenze celesti, è ormai superiore ad esse. I vv
seguenti sviluppano queste due idee: partecipazione del
cristiano al trionfo di Cristo (vv 11-13); sottomissione delle
potenze celesti a questo trionfo (vv 14-15). Il mondo antico è
particolarmente sensibile alle gerarchie degli spiriti
superiori, superiori agli uomini e immediatamente solo inferiori
a Dio. La presenza di Gesù che si pone alla destra di Dio
sconcerta tutto l'equilibrio delle gerarchie celesti. Da qui
discussioni e lacerazioni su questi temi, a noi molto lontani.
Il documento inchiodato. Si usava, nel linguaggio e tra gli
strumenti del commercio, scrivere un documento in cui si
riportavano i debiti. In questo caso si suppone la
certificazione e la denuncia dei peccati dell'uomo, oppure,
secondo altre interpretazioni, la trascrizione della legge
mosaica con tutti i suoi precetti. Il debitore certificava e
sottoscriveva, di proprio pugno, il debito contratto,
impegnandosi ad onorarlo, altrimenti sottoscriveva la propria
condanna. In tal caso il sistema della Legge, proibendo il
peccato, sfociava in una sentenza di morte, pronunciata contro
l'uomo trasgressore (cf.Rm 7,7). È questa sentenza che Dio ha
soppresso, eseguendola sulla persona del suo Figlio: dopo averlo
«fatto peccato» (2Cor 5,21), «sotto la Legge» (Gal 4,4) e
«maledetto» con essa (Gal 3,13), lo ha consegnato alla morte
sulla croce, inchiodandolo al legno e distruggendo nella sua
persona il documento che porta il nostro debito e che ci
condanna.

Entrata del cenecolo.
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VANGELO Gv 20, 19-31 In
quel tempo. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano
chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei
Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto
questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il
Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me,
anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito
Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a
cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici,
chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri
discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo
nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei
chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni
dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne
Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a
Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e
mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose
Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu
hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in
presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati
scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che
Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel
suo nome.
Giovanni 20,19-31 E' la sera dello stesso giorno: i
discepoli, e c'è da pensare le discepole (ormai teologhi e teologhe lo
accreditano), sono rinchiusi nel luogo dove si trovavano con le porte
sbarrate per paura dei Giudei. Sono impauriti, smarriti, non sanno più che
pensare degli ultimi fatti accaduti: come credere a delle donne? o ad altri
che affermano di aver fatto un tratto di strada addirittura con Gesù che non
hanno subito riconosciuto? Che cosa si va dicendo? E la tomba vuota? E i
Giudei che vanno raccontando falsità? E loro sono lì che si guardano; e
ciascuno ha un suo rimorso nei confronti di Gesù: in fondo tutti lo hanno
piantato in asso! C'è chi lo ha tradito, chi lo ha rinnegato, chi si è
nascosto: nessuno la ha difeso o gli è stato vicino per confortarlo.
Addirittura in un momento cruciale si sono addormentati. Si salva forse
qualche donna, ma, si sa, le donne sono emotive. E guardandosi
reciprocamente ciascuno scopre la sua viltà, il suo tradimento, la sua
pochezza, la sua angusta e pusillanime amicizia. Ed ecco: GESU' si fermò
in piedi in mezzo a loro e, mostrandosi vivo nella concretezza di mani e
fianco ferito, pronuncia parole di pace: via, via i turbamenti, le
recriminazioni, il piangere su stessi. PACE. E subito il RESPIRO, cioè la sua
vita: d'ora in poi respireranno lo Spirito, respireranno la sua vita. Per
questo è possibile il PERDONO. Che è perdono prima di tutto fra di loro: è un
riaccogliersi senza diffidenze e senza sospetti, è un ritrovare le radici di
un'amicizia nella propria comune fragilità, nell'accettare di non essere
all'altezza degli ideali e di accogliere come dono e come gratitudine la
stima riaccesa, la fiducia ricomposta e rinnovata. Per questo il perdono è
affidato alla comunità cristiana (il testo di Giovanni va molto oltre
l'istituzione di un sacramento!), all'interno della quale va vissuta e
praticata ogni riconciliazione come realtà trasfigurata dalla resurrezione,
cioè dalla vita che vince la morte. E Tommaso, che è l'uomo del coraggio,
più che del dubbio, capisce e non ha più bisogno di verifiche concrete: ha
capito che lasciarsi toccare da Gesù è lasciarsi respirare dentro il suo
Spirito, cioè la sua VITA.
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