
V Domenica di Avvento
12 dicembre 2021
Gv 3, 23-32a
Riferimenti : Is 30, 18-26b - Sal 145 - 2Cor 4, 1-6 |
Vieni, Signore, a salvarci. Il Signore rimane
fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane
agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. |
Is 30, 18-26b In quei giorni.
Isaia disse: «Il Signore aspetta con fiducia per
farvi grazia, per questo sorge per avere pietà
di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati
coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che
abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere.
A un tuo grido di supplica ti farà grazia;
appena udrà, ti darà risposta. Anche se il
Signore ti darà il pane dell’afflizione e
l’acqua della tribolazione, non si terrà più
nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno
il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa
parola dietro di te: “Questa è la strada,
percorretela”, caso mai andiate a destra o a
sinistra. Considererai cose immonde le tue
immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli
rivestiti d’oro getterai via come un oggetto
immondo. “Fuori!”, tu dirai loro. Allora egli
concederà la pioggia per il seme che avrai
seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto
della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in
quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un
vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la
terra mangeranno biada saporita, ventilata con
la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni
colle elevato scorreranno canali e torrenti
d’acqua nel giorno della grande strage, quando
cadranno le torri. La luce della luna sarà come
la luce del sole e la luce del sole sarà sette
volte di più, come la luce di sette giorni,
quando il Signore curerà la piaga del suo
popolo». Isaia 30, 18-26b
L'orizzonte, entro cui ci si muove, è il mondo
Assiro, violento di una violenza predatoria, che
vuole combattere, vincere e saccheggiare i
popoli dell'area mediterranea. Perciò tutti sono
in subbuglio, poiché la guerra procura
devastazione e morte. In Gerusalemme i
consiglieri e il re, responsabili dei rapporti
con i popolo vicini, stanno progettando alleanze
con l'Egitto. Il profeta suggerisce invece che
l'unico rimedio debba essere il ritorno a Dio,
senza confidare nelle alleanze. Perciò tutta
la prima parte del cap. 30 è una durissima
critica a questa fiducia nell'Egitto dei
faraoni. Tra l'altro l'Egitto viene chiamato
"Rahab l'oziosa" (30,7) e Rahab è il mostro
marino femminile della mitologia corrente (a
Babilonia è chiamato Tiamat) che Dio sconfigge
nella creazione quando controlla e mette i
confini al mare. Scelte non fondate sulla
fiducia nel Signore comportano per se stesse
tragedie e sconfitte: "Il Signore aspetta con
fiducia per farvi grazia, per questo sorge per
avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il
Signore; beati coloro che sperano in lui" (v
18). Questo popolo deve mettere in conto che
ci saranno sofferenze ("Anche se il Signore ti
darà il pane dell'afflizione e l'acqua della
tribolazione" v 20) e ci saranno momenti tristi.
Ma tutto questo non dimostrerà certamente che
Dio vi abbia dimenticati. Anzi il Signore vi
accompagnerà con dolcezza e vi correggerà se vi
saranno sbandamenti. (v 21). Le deviazioni sono
in riferimento a quelle accettate tentazioni dl
rivolgersi agli idoli. E il male che fa
l'idolatria non è sempre compreso. Gli dei,
costruiti dagli uomini con legno e metallo, non
hanno e non propongono un orientamento morale.
Allora tutta la legge di Dio, che è stata data
sul Sinai nel deserto per conservare la propria
libertà, diventa insignificante. Quando la si
dimentica, si diventa schiavi delle proprie
passioni senza verifiche e senza aiuti. Ma se
Israele si purificherà, allora ci saranno grandi
doni per il lavoro che darà frutto. Si parla di
agricoltura e di pastorizia che rappresentano i
lavoro comuni e raggiungeranno risultati
floridi. Le immagini si accavallano per
raccontare l'abbondanza, la bellezza e la bontà
dei doni. |
2Cor 4, 1-6 Fratelli, avendo
questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata
accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo
rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con
astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando
apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza
umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane velato,
lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di
questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo
splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.
Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore:
quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio,
che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri
cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul
volto di Cristo. Seconda Lettera ai
Corinzi 4, 1-6 In questa parte della lettera Paolo desidera
sviluppare un confronto tra l'Antica Alleanza con le sue
istituzioni e la Nuova Alleanza e il suo ministero che ha già
svolto nella Comunità di Corinto, ma che alcuni cristiani,
ancora molto legati all'ebraismo e alla sua cultura
("giudaizzanti"), gli contestano. (cap. 3). Così Paolo, nel
cap. 4, che leggiamo in parte oggi, inizia la descrizione del
ministero della Nuova Alleanza, chiamato in precedenza, "il
ministero dello Spirito". Paolo afferma con convinzione e
consapevolezza che centro della propria predicazione è "Gesù,
Messia e Signore" e che sua preoccupazione è quella di far
splendere nel mondo la luce divina che brilla sul volto di Gesù.
Paolo stesso elenca le esigenze che il suo ministero comporta:
manifestare la verità alla coscienza di ciascuno, preoccupato di
non dissimularla, non nasconderla, proposta con un coordinamento
corretto e coerente, in modo integro. Paolo si impegna di
dare un profilo alto dell'apostolo, ricco della sua esperienza
di evangelizzatore itinerante: costanza, fortezza di spirito,
sincerità, fedeltà, umiltà, servizio. Paolo si rammarica, ma
constata che il Vangelo predicato non è percepito nella sua
genuinità e risulta "velato". Se non c'è chiarezza, il Dio di
questo mondo (Satana) ha accecato la mente dei suoi, rendendoli
increduli. Ma Paolo ha annunciato con correttezza "Gesù Messia e
Signore": è la formula essenziale che esprime l'umanità storica
di Gesù (Messia) e la sua glorificazione (Signore). Questa
formula viene detta anche "Kerigma cristiano": è la sintesi
della fede e tutto l'insegnamento degli apostoli si orienta su
questa formula e la sviluppa. Il Vangelo, che non è sapienza di
uomini, non può essere manipolato nel suo annuncio, né ci si può
approfittare: " noi non predichiamo noi stessi" (v 5). Il
Dio, che ha creato la luce (Gn1,3), ha fatto splendere la nuova
luce prima di tutto nel cuore degli apostoli e quindi nella sua
manifestazione nel mondo: questa luce nuova risplende sul "volto
di Cristo" e comunicare Gesù aiuta a intravedere questo disegno
splendido di Dio che ci ha inviato Gesù uomo e luce stessa di
Dio. Accoglierlo significa, perciò, essere trasfigurati dalla
stessa luce di Gesù.
|
Gv 3, 23-32a In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a
Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.
Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora
una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla
purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che
era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza,
ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno
può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete
testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato
avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico
dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello
sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece,
diminuire». Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla
terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è
al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.
Giovanni 3, 23-32a ha aperto la strada a Gesù. Il brano che leggiamo
riprende alcuni aspetti della testimonianza di Giovanni il Battista (vv
3,22-30) e si rifà alle riflessioni riguardanti il Messia iniziate con
Nicodemo (vv 3,31-36). Giovanni il Battista ha un seguito di discepoli che
si sono aggregati a lui sia con il battesimo di penitenza e sia per
l'insegnamento, mentre il suo compito si svolge prevalentemente con le folle
che lo raggiungono, desiderose di ricevere dal profeta una comprensione del
tempo che si sta vivendo e di essere aiutati per una conversione del cuore.
Ma i suoi discepoli incominciano a veder calare la frequenza della
folla che si assottiglia mentre voci insistenti di pellegrini comunicano che
molta più gente va in cerca di Gesù che battezza non molto lontano (ma
proprio l'evangelista, qualche versetto dopo, chiarisce che sono i discepoli
di Gesù che battezzano, non Gesù stesso: Gv 4,2).
Giovanni il Battista viene avvisato delle iniziative di Gesù e del suo
seguito, ma il racconto è venato di irritazione: questo comportamento viene
giudicato dai discepoli come un grave segno scorretto di concorrenza e di
mancata lealtà. Giovanni allora chiarisce con una splendida testimonianza.
Giovanni garantisce che quello che avviene è corretto perché era in
previsione e li aveva anche avvertiti: "Io non sono il Cristo, ma sono
mandato davanti a Lui" (v.28). «Nessuno può prendersi
qualcosa se non gli è stata data dal cielo» (v 27).
Per spiegare egli utilizza una immagine, familiare a tutti, che rappresenta
anche una brevissima parabola: quella del matrimonio. Tale immagine
restituisce il riconoscimento della identità e della vocazione di Gesù che è
lo sposo e a Giovanni viene, per le sue stesse parole, affidato il ruolo
dell'amico dello sposo. E l'amico dello sposo è incaricato di domandare la
mano della sposa e, preparate le feste nuziali, di introdurla dallo sposo.
Perciò Giovanni gioisce perché lo sposo sta incontrando la sposa che
si è preparata per Gesù. Essa, il popolo del Signore, è stata iniziata da lui
stesso alla purificazione con la parola e l'invito alla conversione. Giovanni
dichiara perfetta la sua gioia perché Gesù cresce e lui diminuisce (vv
29-30).
|