II Giorno dell'Ottava di Natale
26 dicembre 2021
Matteo 17,24-27
Riferimenti : At 6, 8 – 7, 2a; 7, 51 – 8, 4 - Sal 30 -  2Tm 3, 16 – 4, 8
Signore Gesù, accogli il mio spirito. Tendi a me il tuo orecchio, vieni presto a liberarmi. Sii per me una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva

At 6, 8 – 7, 2a; 7, 51 – 8, 4
In quei giorni. Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo. Disse allora il sommo sacerdote: «Le cose stanno proprio così?». Stefano rispose: «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.

Atti degli Apostoli 6,8-7,2a; 7,51-8,4
Negli Atti degli Apostoli il cap. 6 segna l'inizio di rapida espansione del Vangelo in Israele, fino ad Antiochia, mentre nei primi 5 capitoli è stata descritta la formazione e 1' attività della Comunità cristiana a Gerusalemme. L'istituzione dei "sette" responsabili delle mense rappresenta un punto fondamentale che favorirà l'iniziò della missione della Chiesa. Nel conflitto tra gli "ellenisti" che si sentono trascurati dei bisogni di povertà delle proprie vedove (giudeo-cristiani provenienti dall'impero e dimoranti a Gerusalemme: parlano greco e leggono la bibbia in greco) e gli "ebrei" che sembrano privilegiati (giudeocristiani, originati della Palestina, che leggono la bibbia in ebraico), gli Apostoli sono chiamati ad una verifica per alcuni disagi denunciati, e decidono di sviluppare, diversificando, ruoli e compiti. L'elezione dei "sette", tutti di origine greca (lo si vede dal nome), identifica la scelta coraggiosa di responsabilizzare la minoranza per le mense e per il lavoro pastorale nella comunità degli ellenisti. Tra i "sette" almeno due, Stefano e Filippo, svolgono anche un prezioso lavoro di predicazione, aperto ai pagani e una riflessione biblica nuova: interpretare il Vecchio Testamento alla luce dei fatti e delle parole di Gesù. Stefano, in particolare, sostiene continue discussioni con gli ellenisti di Gerusalemme e si dimostra molto attrezzato nello sviluppo della Scrittura e nella comprensione dell'Antico Testamento. Con un lavoro particolarmente difficile, inizia, anzi, a rileggere nel mondo ebraico la vicenda di Gesù alla luce della Legge e dei profeti. E' un'operazione sconcertante e blasfema poiché eleva la figura di Gesù, che tutti hanno visto condannato su una croce e morto, come la presenza di Dio tra noi, la rivelazione ultima e definitiva, l'autorità più alta, anche oltre quella di Mosè. Questa traduzione si dimostra sorprendente e pericolosissima, tanto che gli procura la morte.

 2Tm 3, 16 – 4, 8
Carissimo, tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del vangelo, adempi il tuo ministero. Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

Seconda lettera di san Paolo apostolo aTimoteo 3,16-4,8

L'apostolo Paolo vuole aiutare il suo discepolo Timoteo ad affrontare con generosità il compito di educatore nella comunità che Paolo gli ha affittato. Dopo aver ricordato il passato e le meraviglie della evangelizzazione (cap.1) e dopo aver esposto le difficoltà presenti (cap.2), Paolo rivolge l'attenzione all'avvenire con i suoi pericoli. I primi versetti del terzo capitolo elencano le deformazioni, i mali, le brutture che dovranno affrontare Timoteo e la sua comunità; ma può contare su un equipaggiamento che gli permetterà di sostenere la lotta, di fuggire gli eretici, e di seguire la sana dottrina. Timoteo non deve impaurirsi perché ha ricevuto una solida formazione fin dall'infanzia, maturando via via attraverso lo studio della Scrittura. Egli non ha imparato teorie o formule ma ha accolto la sapienza che conduce alla salvezza mediante Gesù. In questi versetti si ritrovano le affermazioni più esplicite nella Seconda Alleanza circa il valore della Scrittura. Per un buon lavoro pastorale, perciò, sono importanti il ricorso alla Parola di Dio e una fedeltà coraggiosa. Così il discepolo può sentirsi religiosamente attrezzato per svolgere il suo compito, incoraggiando alla fedeltà, correggendo, educando, convincendo all'interno di una comunità cristiana, poiché deve contrastare una mentalità pagana corrente molto pervasiva.

     VANGELO Mt 17, 24-27

In quel tempo. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».
Matteo 17,24-27
È curioso scoprire questo testo come riflessione biblica sul martirio di Stefano e sulla meditazione del Natale di Gesù. E tuttavia si ripete che questo testo era ampiamente utilizzato da Sant'Ambrogio nella riflessione sul martirio di Stefano. Probabilmente, facendo riferimento alla testimonianza piena e coraggiosa di Stefano, ci si ricorda che essa ripete con pienezza la coscienza di Gesù di essere Figlio di Dio. Nel messalino festivo, per giustificare la scelta di questo brano, viene proposta questa frase: "Il sangue dei martiri, seme dei cristiani. Paolo, moneta d'argento scaturita dal martirio di Stefano". In tal caso San Paolo rappresenta il Tesoro impensabile, guadagnato dal sacrificio di Stefano, che Gesù collega la comunità ebraica alla novità cristiana, Di questo episodio ci parla solo Matteo. Ne è protagonista Pietro a cui ci si rivolge per chiedere: "Il vostro maestro non paga la tassa?". A Pietro sembra ovvio garantire l'impegno che ogni buon israelita, superiore ai vent'anni, era tenuto a pagare per le necessità del culto. Era stato stabilito dalla legge (Esodo 30,13-15); la prescrizione era stata rimessa in vigore da Neemia dopo l'esilio (10,33). La domanda, comunque, viene dal fatto che non tutti ammettevano l'obbligatorietà del tributo: i sadducei e i Galilei erano fra questi. Matteo parla di Gesù come di colui che "prevenne" qualsiasi verifica. Infatti, consapevole della risposta ovvia data da Pietro ma anche della mancanza di spessore e di significato che il consenso comporta, Gesù utilizza l'occasione per chiarire, nei suoi riguardi, il rapporto con il Padre e con il tempio. Ma vengono ripensati anche i rapporti con i discepoli i quali fanno parte dell'unica famiglia di Gesù (12,50: "Chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, questi è mio fratello, sorella e madre").