 Domenica della Divina Clemenza
20 febbraio 2022
Mc 2, 13-17
Riferimenti :
Dn 9, 15-19 - Sal 106 - Tm 1, 12-17 |
Rendete grazie al Signore, il
suo amore e per sempre. Rendete grazie al Signore perché
è buono, perché il suo amore è per sempre Lo dicano
quelli che il Signore ha riscattato, che ha riscattato dalla
mano dell’oppressore e ha radunato da terre diverse |
Dn 9, 15-19 In quei giorni. Daniele pregò il
Signore dicendo: «Signore, nostro Dio, che hai
fatto uscire il tuo popolo dall’Egitto con mano
forte e ti sei fatto un nome qual è oggi, noi
abbiamo peccato, abbiamo agito da empi. Signore,
secondo la tua giustizia, si plachi la tua ira e
il tuo sdegno verso Gerusalemme, tua città, tuo
monte santo, poiché per i nostri peccati e per
l’iniquità dei nostri padri Gerusalemme e il tuo
popolo sono oggetto di vituperio presso tutti i
nostri vicini. Ora ascolta, nostro Dio, la
preghiera del tuo servo e le sue suppliche e per
amor tuo, o Signore, fa’ risplendere il tuo
volto sopra il tuo santuario, che è devastato.
Porgi l’orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli
occhi e guarda le nostre distruzioni e la città
sulla quale è stato invocato il tuo nome! Noi
presentiamo le nostre suppliche davanti a te,
confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla
tua grande misericordia. Signore, ascolta!
Signore, perdona! Signore, guarda e agisci senza
indugio, per amore di te stesso, mio Dio, poiché
il tuo nome è stato invocato sulla tua città e
sul tuo popolo». Daniele 9, 15-19 Il libro
di Daniele costituisce un'opera coraggiosa e
generosa poiché viene composta in drammatici
momenti di persecuzione e di timore. Il libro di
Daniele è stato scritto attorno al secolo II
a.C., nel periodo in cui prende il potere in
Siria Antioco IV Epifane: anno 175 a.C.
Preoccupato della vastità del suo regno e delle
molteplici culture che rendono difficile il
governo, il re decide di uniformare tutti i
popoli sottomessi nella cultura e nella
legislazione ellenista, pretendendo così che
debbano rinunciare ai loro dei o almeno
introducano nel loro panteon anche gli dei
importati da Antioco. Molti dei popoli non
hanno problemi e questo rende più sereno il
nuovo dominio. Ma gli ebrei vedono in tutto
questo una bestemmia ed un affronto e perciò si
ribellano in uno scontro, impari eppure
violentissimo e con alterne vicende. Antioco,
per tre anni e mezzo, tenta di abbattere la
resistenza con le armi. Il racconto delle lotte
partigiane è raccolto nei libri dei Maccabei che
ci danno un resoconto di questa lotta durissima.
Ma mentre tale racconto della lotta dei fratelli
Maccabei ricorda fatti ormai avvenuti nel
passato, e quindi vi si può ritornare senza
pericolo, il libro di Daniele è contemporaneo
alle persecuzioni del II secolo. Così, per non
tradirsi, l'autore colloca gli avvenimenti
almeno tre secoli prima, in Babilonia, al tempo
del re Nabucodonosor. In tal modo i fatti
raccontati acquistano il significato compiuto di
lotta, ma anche di soluzione e di pace poiché il
popolo, alla fine, sarà liberato e chi vorrà
potrà tornare. In realtà i fatti antichi vanno
riletti nel crogiuolo della fatica e della
persecuzione perdurante.
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1Tm 1, 12-17 Carissimo, rendo grazie a colui
che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha
giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che
prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi
è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano
dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato
insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa
parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù
è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali
sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché
Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta
la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero
creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli,
incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei
secoli dei secoli. Amen. 1Timoteo 1, 12-17 Questa lettera
ha come destinatario non tanto una comunità quanto una persona,
Timoteo, discepolo da molto, grande collaboratore di Paolo che,
poi, è stato posto a capo della Chiesa di Efeso, mentre Tito,
altro destinatario di una delle tre "lettere pastorali", è a
capo della Comunità nell'isola di Creta. Le tre lettere (due a
Timoteo e una a Tito) sono dette "pastorali" perché sono
indirizzate ai responsabili di comunità, per la loro cura nel
governo, nell'insegnamento e nella condotta della comunità a cui
presiedono. L'immagine che ne risulta è quella di una Chiesa
ormai stabile, che ha bisogno di una organizzazione coerente e
coraggiosa, capace di superare gli ostacoli e le iniziali
eresie, serpeggianti alla fine del secolo I. Timoteo è nato a
Listra, da padre greco e madre giudea (At16,1). Forse convertito
da Paolo stesso nella sua predicazione del primo viaggio
missionario (attorno al 45 d. C), è lungamente istruito dalla
nonna Loide e dalla madre Eunice, già cristiane. Al tempo del
secondo viaggio missionario Paolo lo prende con sé, come
collaboratore, e lo educa via via, maturandolo nella fede.
Diventato adulto, assume importanti incarichi affidati da Paolo
presso le comunità dei macedoni e di Corinto.. L'apostolo
Paolo, in questi versetti, ricorda la sua conversione che Gesù
ha compiuto "fortificandolo" e affidandogli il compito del
ministero: "Così sono cambiato, dice Paolo, da bestemmiatore ad
annunciatore. Il Signore sovrabbondò con la fede e la carità".
Paolo dice che la verità di Gesù, venuto nel mondo a salvare, è
stata da lui stesso verificata. Sa così di essere diventato un
esempio, un testimone ed ha raggiunto, senza merito, un tale
ruolo da diventare maestro delle genti nella fede e nella
verità.
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VANGELO Mc 2, 13-17 In quel
tempo. Il Signore Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a
lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto
al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori
erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo
seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori
e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangià e beve insieme ai
pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani
che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i
giusti, ma i peccatori». Marco 2, 13-17 Marco racconta dell'invito di
Gesù a Levi perché faccia parte della sua sequela.. Si sta componendo il
gruppo dei seguaci di Gesù e finora il Maestro, lungo il mare di Galilea,
aveva invitato una coppia di fratelli a seguirlo, mentre erano intenti al
loro lavoro. (1,16-20) Così Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni avevano
lasciato il loro lavoro e si erano uniti a Gesù. Ora Gesù, ancora lungo il
mare di Galilea, incontra Levi, figlio di Alfeo che sta lavorando al banco
dei gabellieri. Lo invita e Levi si alza e lo segue. Ma la professione di
Levi è considerata disonesta poiché gli esattori sono ritenuti avidi di
danaro, interessati e sfruttatori, rinnegati dal punto di vista religioso e
politico. E' proibito ricevere un'elemosina da loro e cambiare il danaro ai
loro banchi, poiché certamente il loro danaro proviene da un furto. Levi è un
impiegato subalterno che riscuote i diritti di entrata o il pedaggio per
merci e schiavi ai confini di una provincia o di una città. E' un esattore
giudeo e, in Galilea, è a servizio dell'autorità di Erode Antipa, alleato dei
romani e quindi particolarmente odioso. Gesù, a questo punto, ha al suo
seguito ebrei onorati ed ebrei esclusi dalla convivenza religiosa. Egli vuole
costituire un popolo nuovo, superando tutte le preclusioni. Marco dice che,
insieme con Levi, si ritrovano a mangiare a casa di lui con persone del suo
genere. E Gesù, mentre mangia con loro, non ha un atteggiamento di rifiuto,
né esprime giudizio contro di loro o opposizione. Gesù mangia insieme, prende
da vassoi comuni il cibo che viene offerto, esprimendo, così, vincoli di
fraternità tra i commensali. Ci troviamo in un banchetto di amicizia, di
libertà e di comunione, immagine del banchetto messianico. Nel suo testo
Marco ricorda che Gesù sta in mezzo tra i peccatori e i discepoli per
indicare un vincolo di comunione. Pubblicani e peccatori sono gli "esattori e
i miscredenti" e questo fa inorridire scribi e farisei, le persone fedeli
alla legge e quindi i giusti. I peccatori sono considerati esclusi dalla
misericordia di Dio, poiché si sono rivolti a pagani per il loro mestiere, e
sono diventati collaborazionisti con i nemici, gli sfruttatori romani. In tal
modo sono praticamente impossibilitati a convertirsi.
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