 Domenica del Perdono
27 febbraio 2022 Lc 19,
1-10
Riferimenti : Sal 102 - Sir 18, 11-142 - Cor 2, 5-11 |
Grande è la misericordia del Signore.
Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande
nell’amore. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in
eterno. |
Sir 18, 11-14 Il Signore è
paziente verso di loro ed effonde su di loro la
sua misericordia. Vede e sa che la loro sorte è
penosa, perciò abbonda nel perdono. La
misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo,
la misericordia del Signore ogni essere vivente.
Egli rimprovera, corregge, ammaestra e guida
come un pastore il suo gregge. Ha pietà di chi
si lascia istruire e di quanti sono zelanti per
le sue decisioni. Siracide 18,
11-14 Se il capitolo precedente (17, 20-27)
incoraggia alla conversione al Signore:"Ritorna
al Signore, e abbandona il peccato" (17,25), il
capitolo 18 si apre in un canto di gioia verso
il Dio misericordioso. E' importante garantire,
nella fragilità e nella debolezza, colui che
faticosamente accetta di seguire il Signore e
tutto il brano lo incoraggia. Proprio questa
fragilità induce a compassione e a misericordia
il Signore nella sua grandezza. Infatti è
piccolo il tempo della vita: "(18, 9-10) Che
cos'è l'uomo? A che cosa può servire? Qual è il
suo bene e qual è il suo male? Quanto al numero
dei giorni dell'uomo, cento anni sono già molti,
ma il sonno eterno di ognuno è imprevedibile a
tutti". L'incoraggiamento, allora, si apre in
una grande esperienza che fa ripercorrere la
propria storia: con il Siracide siamo nel II
secolo a.C. e la lunga esperienza di fatiche, di
guerre, di deportazione e di sottomissioni fa
ripensare a Dio in modo diverso. Il clima
della Scrittura, nei testi più recenti, sente il
segno di un tempo nuovo e quindi,
particolarmente, il tempo della misericordia.
Vale per il libro di Giona (4,11): "E io non
dovrei avere pietà di Ninive, quella grande
città, nella quale vi sono più di centoventimila
persone, che non sanno distinguere fra la mano
destra e la sinistra, e una grande quantità di
animali?». Anche nella lotta di liberazione
con i fratelli Maccabei del sec. II, se viene
spesso fatto un confronto con i popoli pagani,
ci si apre alla fiducia del Signore il quale usa
misericordia mentre mantiene la giustizia. (2Mac
6,14.16) "Poiché il Signore non si propone di
agire con noi come fa con le altre nazioni,
attendendo pazientemente il tempo di punirle...
egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma,
correggendoci con le sventure, non abbandona il
suo popolo". Così anche Sap 12,19-22. "Con tale
modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il
giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi
figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu
concedi il pentimento. Se infatti i nemici
dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai
punito con tanto riguardo e indulgenza,
concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla
loro malvagità, con quanta maggiore attenzione
hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri
concludesti, giurando, alleanze di così buone
promesse! Mentre dunque correggi noi, tu
colpisci i nostri nemici in tanti modi, perché
nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà e ci
aspettiamo misericordia, quando siamo
giudicati". Questo testo, comunque, si allarga
in un orizzonte universale. Se l'uomo può essere
capace di misericordia, ma non può che limitarla
al suo vicino che conosce (prossimo), Dio copre
con la sua misericordia tutti gli uomini che ha
creato e si estende su ogni essere vivente.
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2Cor 2, 5-11 Fratelli, se
qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma,
in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. Per quel tale però
è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior
parte di voi, cosicché voi dovreste piuttosto usargli
benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un
dolore troppo forte. Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi
riguardi la carità; e anche per questo vi ho scritto, per
mettere alla prova il vostro comportamento, se siete obbedienti
in tutto. A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che
io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto
per voi, davanti a Cristo, per non cadere sotto il potere di
Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni. 2
Corinzi 2, 5-11 Paolo, ormai anziano, soffre la propria
stanchezza poiché non si sente accolto profondamente dai suoi e
sopporta con fatica le persecuzioni, i tradimenti degli amici,
le ambiguità e i sospetti che i fratelli spesso fanno emergere.
Nei primi sette capitoli di questa lettera (capp1-7), di cui fa
parte il breve testo di oggi, Paolo di difende da coloro che
chiama i "superapostoli", avversari che contestano la sua
autorità di apostolo (2 Cor 11,5). Tuttavia, nel testo che
leggiamo oggi Paolo offre un grande insegnamento di perdono alla
sua comunità. Nei versetti immediatamente precedenti parla di
una visita che aveva fatto a Corinto nella comunità e, in quella
occasione, era stato gravemente offeso. E' difficile ricostruire
il fatto. Comunque, ritornato a Efeso, ha preferito scrivere una
lettera per chiarire la situazione (v 4). E' la cosiddetta
"lettera delle lacrime" che non ci è pervenuta. Poi Paolo voleva
ritornare, ma vi aveva rinunciato "solo per risparmiarvi". Il
rinvio infatti è stato una scelta di discrezione e di saggezza
(1,23), altrimenti avrebbe dovuto "venire con tristezza" (2,1).
Di questo offensore anonimo non si sa nulla, né si sa che cosa
sia successo. Comunque, tornata la calma, dopo che la comunità
ha isolato l'offensore e lo ha castigato, Paolo chiede di
perdonare e di accoglierlo nella comunità poiché si è ravveduto
e si è sottomesso. E questo perdono Paolo lo offre lui stesso
volentieri. Nel versetto 11 si fa esplicito riferimento a
Satana. Egli vuole impedire l'azione missionaria dell'annuncio
della fede e il metodo migliore per ostacolare l'annuncio è
arrivare a seminare discordia e divisione di animi ("per non
cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le
intenzioni"). Nel perdono viene anche ricordata la
possibilità di riprendere la speranza e di ricuperare un cammino
di fiducia. Il perdono è proprio di Dio per aiutarci a
riprendere il nostro percorso senza abbandonare o disperarci.
Il perdono ricupera la solidarietà e aiuta l'altro a sentirsi in
un popolo di fratelli e sorelle che sanno capire e sanno
accogliere. Il perdono ricupera splendore e apre orizzonti
imprevisti. La Giornata della Solidarietà dovrebbe aiutare a
ripensare ai rapporti che si mantengono nei luoghi di lavoro.
Sono troppo facili la lamentela, la critica, il rancore e la
gelosia. Ci sono troppe manovre e competizioni per la carriera e
difficilmente si percepisce che è un dovere di coscienza
costruire un clima di serenità e di pace. Non tutti sanno
sufficientemente reggere rapporti difficili, ma chi ha il dono
di un carattere più elastico e più sereno, aiuti i colleghi a
reggere. Spesso il modo migliore è intervenire quando l'altro è
in difficoltà ed offrire in amicizia un contributo di tempo e di
competenza. Se si può.
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Lc 19, 1-10 In quel tempo.
Il Signore Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando,
quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di
vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era
piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un
sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo
sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a
casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti
mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi,
disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri
e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli
rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è
figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto». 2 Corinzi 2, 5-11 Paolo, ormai
anziano, soffre la propria stanchezza poiché non si sente accolto
profondamente dai suoi e sopporta con fatica le persecuzioni, i tradimenti
degli amici, le ambiguità e i sospetti che i fratelli spesso fanno emergere.
Nei primi sette capitoli di questa lettera (capp1-7), di cui fa parte il
breve testo di oggi, Paolo di difende da coloro che chiama i "superapostoli",
avversari che contestano la sua autorità di apostolo (2 Cor 11,5).
Tuttavia, nel testo che leggiamo oggi Paolo offre un grande insegnamento di
perdono alla sua comunità. Nei versetti immediatamente precedenti parla di
una visita che aveva fatto a Corinto nella comunità e, in quella occasione,
era stato gravemente offeso. E' difficile ricostruire il fatto. Comunque,
ritornato a Efeso, ha preferito scrivere una lettera per chiarire la
situazione (v 4). E' la cosiddetta "lettera delle lacrime" che non ci è
pervenuta. Poi Paolo voleva ritornare, ma vi aveva rinunciato "solo per
risparmiarvi". Il rinvio infatti è stato una scelta di discrezione e di
saggezza (1,23), altrimenti avrebbe dovuto "venire con tristezza" (2,1).
Di questo offensore anonimo non si sa nulla, né si sa che cosa sia successo.
Comunque, tornata la calma, dopo che la comunità ha isolato l'offensore e lo
ha castigato, Paolo chiede di perdonare e di accoglierlo nella comunità
poiché si è ravveduto e si è sottomesso. E questo perdono Paolo lo offre lui
stesso volentieri. Nel versetto 11 si fa esplicito riferimento a Satana. Egli
vuole impedire l'azione missionaria dell'annuncio della fede e il metodo
migliore per ostacolare l'annuncio è arrivare a seminare discordia e
divisione di animi ("per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non
ignoriamo le intenzioni"). Nel perdono viene anche ricordata la
possibilità di riprendere la speranza e di ricuperare un cammino di fiducia.
Il perdono è proprio di Dio per aiutarci a riprendere il nostro percorso
senza abbandonare o disperarci. Il perdono ricupera la solidarietà e aiuta
l'altro a sentirsi in un popolo di fratelli e sorelle che sanno capire e
sanno accogliere. Il perdono ricupera splendore e apre orizzonti
imprevisti. La Giornata della Solidarietà dovrebbe aiutare a ripensare ai
rapporti che si mantengono nei luoghi di lavoro. Sono troppo facili la
lamentela, la critica, il rancore e la gelosia. Ci sono troppe manovre e
competizioni per la carriera e difficilmente si percepisce che è un dovere di
coscienza costruire un clima di serenità e di pace. Non tutti sanno
sufficientemente reggere rapporti difficili, ma chi ha il dono di un
carattere più elastico e più sereno, aiuti i colleghi a reggere. Spesso il
modo migliore è intervenire quando l'altro è in difficoltà ed offrire in
amicizia un contributo di tempo e di competenza. Se si può.
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