
II Domenica dopo l'Epifania
16 gennaio 2022
Giovanni 2, 1-11
Riferimenti : Est 5, 1-1c. 2-5Sal 44 Ef 1, 3-14 |
Intercede la regina, adorna di bellezza.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo
popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua
bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio. |
Est 5, 1-1c. 2-5 Il terzo giorno,
quando ebbe finito di pregare, Ester si tolse
gli abiti servili e si rivestì di quelli
sontuosi. Fattasi splendida, invocò quel Dio che
su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé
due ancelle. Su di una si appoggiava con
apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva
sollevando il manto di lei. Era rosea nel fiore
della sua bellezza: il suo viso era lieto, come
ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era
oppresso dalla paura. Attraversate tutte le
porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto
sul suo trono regale e rivestiva i suoi
ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro
e di pietre preziose e aveva un aspetto che
incuteva paura. Alzato lo scettro d’oro, lo posò
sul collo di lei, la baciò e le disse:
«Parlami!». Gli disse: «Ti ho visto, signore,
come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto
sconvolto per timore della tua gloria: tu sei
ammirevole, signore, e il tuo volto è pieno
d’incanto». Mentre parlava, cadde svenuta; il re
si turbò e tutti i suoi servi cercavano di
rincuorarla. Allora il re le disse: «Che cosa
vuoi, Ester, e qual è la tua richiesta? Fosse
pure metà del mio regno, sarà tua». Ester
rispose: «Oggi è un giorno speciale per me: se
così piace al re, venga egli con Amàn al
banchetto che oggi io darò». Disse il re: «Fate
venire presto Amàn, per compiere quello che
Ester ha detto». E ambedue vennero al banchetto
di cui aveva parlato Ester.
Ester 5, 1-1c. 2-5 Riporto la sintesi del
breve testo di Ester che è prezioso per il mondo
ebraico. "Durante una festa, l'imperatore
persiano Assuero (Serse I, 485-465 a.C) ripudia
sua moglie Vasti (cap. 1), fino ad allora la
preferita. Al suo posto è fatta regina Ester (il
cui nome ebraico è Adassa), cugina e figlia
adottiva dell'ebreo Mardocheo, che abita a Susa
e discende da una famiglia giudaica (cap. 2). In
seguito il secondo dignitario dell'impero
persiano dopo l'imperatore, Aman l'Agaghita,
progetta un colpo mortale contro gli Ebrei,
senza però sapere che la regina Ester è ebrea
(cap. 3). Mardocheo spinge Ester a intercedere
per il popolo, per cui Assuero fa giustiziare
Aman (capp. 4-7). Mardocheo diventa successore
di Aman e insieme con Ester fa sì che il re dei
Persiani emani un nuovo editto che permette agli
Ebrei di esercitare la legittima difesa contro i
loro nemici (cap. 8). Quando gli Ebrei sono
perseguitati il 13 di Adar (forse l'8 marzo del
473 a.C), riescono a resistere e a vincere (cap.
9,1-19). A ricordo della salvezza degli Ebrei
dallo sterminio, Ester e Mardocheo istituiscono
la festa di Purim (9,20-32). Per i Persiani e
per il popolo ebraico il governo di Mardocheo è
assai fecondo di benedizioni (cap. 10).
Questo bellissimo testo, continuamente riletto
nella festa di Purim, ricostruisce la fiducia
nel Signore che protegge il suo popolo e porta
al ringraziamento per i risultati raggiunt,
anche con il contributo intelligente e diverso
dei personaggi che vi partecipano.. Qui
vengono riferiti solo alcuni spunti di tutta la
tragica situazione che si stava profilando. E se
un nemico giurato di Mardocheo, Aman, ottiene
l'autorizzazione per attuare un pogrom (una
strage) contro il popolo ebraico, Ester, che
vuole difendere il suo popolo, invita il re e
Aman a un banchetto e intercede per il proprio
popolo. Il re, finalmente, si ricorda della
onestà di Mardocheo ( che lo aveva liberato da
una congiura) e condanna a morte Aman. Anzi i
Giudei sono autorizzati ad opporsi agli
assalitori e punire i loro nemici nel giorno
fissato da Aman per la strage. Da qui la
commemorazione della liberazione per le molte
stragi che questo popolo ha subito, in
particolare, durante il nazismo. La regina osa
disperatamente lottare per convincere il re alla
giustizia ed alla clemenza mentre la visione del
re è come una manifestazione potente e terribile
di Dio: lo splendore, la gloria, la bellezza. La
regina aveva osato avvicinarsi al re senza
essere stata chiamata e questo aveva riempito di
collera il re.
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Ef 1, 3-14 Fratelli, benedetto
Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci
ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e
immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a
essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il
disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della
sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui,
mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle
colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha
riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e
intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo
della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo,
tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui
siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il
progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a
essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato
nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola
della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso
creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era
stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in
attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è
acquistato a lode della sua gloria. Efesini 1,
3-14 Questa lettera riporta sicuramente le linee teologiche
nello spirito di Paolo che è custode fedele della rivelazione di
Gesù e, tuttavia, si discute se la lettera sia stata scritta (o
dettata, come spesso avveniva) da Paolo stesso e, allora, si
tratterebbe di un testo che, tradizionalmente, viene collocato
agli inizi degli anni 60 durante la prigionia a Roma, o sia
stata scritta da un discepolo attorno agli anni 80- 90. Siamo
ad una preghiera di benedizione (in ebraico "beraka"), costituta
da un'unica frase lunga 11 versetti, molto elaborata e molto
complessa. Per fortuna le traduzioni la spezzettano altrimenti è
un solo respiro nei vv 3-14. Paolo inizia dal Padre che sta nei
cieli e che realizza, alla fine dei tempi, le «benedizioni
spirituali» che i versetti seguenti esporranno nei particolari.
A lui noi dobbiamo la lode, riconoscimento e riconoscenza per
ciò che ha fatto per noi. Ci ha benedetti con una benedizione
che è spirituale poiché viene dallo Spirito di Dio che è
creatore ed efficace: in Cristo poiché tutto passa attraverso
Lui. - Prima benedizione: abbiamo ricevuto la vocazione degli
eletti alla vita beata, comunque già cominciata in maniera
mistica con l'unione dei fedeli a Cristo glorioso. La «carità»
richiama, prima di tutto l'amore di Dio per noi, che ispira la
sua «elezione» e la sua chiamata alla «santità» (cf.Col 3,12;1Ts
1,4;2Ts 2,13;Rm 11,28), ma poi attrae anche il nostro amore per
Dio, che ne deriva e gli risponde (cf.Rm 5,5). - Ef 1,5
Seconda benedizione: siamo stati scelti per questa santità, come
figli, fratelli di quel Figlio unico, Gesù che è la fonte e il
modello (cf.Rm 8,29). - Ef 1,6 Ci ha fatti grandi per quella
grazia (in greco "charis" ) che significa il favore divino nella
sua gratuità. Essa manifesta la «gloria» stessa di Dio (cf.Es
24,16) poiché egli opera così per pura liberalità e la pienezza
della sua bellezza nella creazione. Tutto viene da lui e deve
tornare a lui, nel Figlio amato. - Ef 1,7 Terza benedizione.
Dio ci ha amato mediante la redenzione della croce di Cristo. E'
stato il Padre stesso che ci ha investito di questo amore
totale. - Ef 1,9 Quarta benedizione: Ci viene svelato il
«mistero» (Rm 16,25) di Dio: finalmente, nell'offerta totale di
Gesù tutte le realtà del cielo e della terra si riuniscono. La
lettera garantisce che è Gesù che rigenera e unisce sotto la sua
autorità ciò che il male ha disperso, corrompe e travolge. In
questa unificazione si riuniscono nella stessa salvezza Giudei e
pagani.

Nozze di Cana - Giotto 1303/1305
Cappella degli Scrovegni - Padova |
Gv 2, 1-11 In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana
di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i
suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non
hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta
la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela ».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei,
contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro:
«Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di
nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi
gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che
dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i
servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti
mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto,
quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli
manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Ci ritroviamo in un racconto molto complesso per i
richiami che Giovanni pone in questo primo "segno". I "segni" non sono
miracoli, nel linguaggio del quarto Vangelo ma indicazioni per scoprire il
signficato di Gesù. Tutto il brano, infatti vuole identificare colui che
porta la novità, il vino della gioia e della Sapienza, il salvatore che
supera la legge ebraica per sostituirla con la gioia di Dio. Per questo
bisogna analizzare con attenzione i fatti e le parole poiché altrimenti
riduciamo tutto a un intervento veloce e tempestivo, carico di misericordia e
di compassione, da supermercato di fronte a giovani sposi sprovveduti, tra
l'altro il settimo giorno. Se è richiamato il terzo giorno dopo l'incontro
con Filippo e Natanaele (e tre giorni possono ricordare il tempo della
risurrezione) il Vangelo ha sviluppato una settimana completa, calcolata
quasi giorno per giorno, fino alla manifestazione della gloria di Gesù.
Cana è vicina a Nazareth e con gli sposi ci debbono essere legami familiari.
Maria è invitata ed è chiamata "la madre di Gesù", presente al primo miracolo
che rivela la gloria di Gesù e, di nuovo, presso la croce (19,25-27). E
Maria è chiamata anche "donna" (Gv 2,4), ripreso in 19,26 sotto la croce,
dove il significato si illumina come un richiamo ad Eva di Gen 3,15.20: Maria
è la nuova Eva, «la madre dei viventi». "Che vuoi da me?: lett.: «che cosa a
me e a te?», Un tale linguaggio lo si usa per respingere un intervento
giudicato inopportuno: Gesù obietta: «La mia ora non è ancora giunta». E'
l'ora della sua glorificazione, del suo ritorno alla destra del Padre. Maria
anticipa l'annuncio simbolico. Gesù si sente coinvolto nella speranza di
questo popolo, di questi sposi che sono il segno del popolo, dell'attesa
della novità di Dio. Allora le sei idrie (non sette), segno della
incompiutezza che portavano l'acqua per la purificazione, ma che sono anche
vuote, vengono riempite perché si possa attingere la gioia della novità di
Dio (in questo caso dai 600 a 800 litri di vino): questo testo inizia anche
una lunga riflessione sulla fede in Gesù: si contrappongono due gruppi alla
rivelazione di Gesù: i suoi discepoli che credono (2,11) e l'incredulità dei
giudei (2,13-22) poiché Gesù scaccia i venditori dal tempio e discute sullo
stesso significato del tempio ("Distruggete questo tempio ed io lo farò
risorgere" 2,19). Giovanni continua la sua riflessione di ricerca di fede,
presentando l'ambiente giudaico (Nicodemo: 3,1-21), quello samaritano
(4,4-45) e quello ellenistico pagano (l'ufficiale regio e il figlio guarito:
4,46-54). Il testo di Giovanni, per la profondità con cui affronta il
messaggio di Gesù, perciò, si presenta carico di richiami, di storia biblica,
di anticipazioni, di progetti, di novità.
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