Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
30 gennaio 2021
Mt 2, 19-23
Riferimenti :Sir 44, 23 – 45, 1a. 2- 5Sal 111 -  Ef 5, 33 – 6, 4
Beato l’uomo che teme il Signore. Beato l’uomo che teme il Signore e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe, la discendenza degli uomini retti sarà benedetta.

Sir 44, 23 – 45, 1a. 2-5
In quei giorni. La benedizione di tutti gli uomini e la sua alleanza Dio fece posare sul capo di Giacobbe; lo confermò nelle sue benedizioni, gli diede il paese in eredità: lo divise in varie parti, assegnandole alle dodici tribù. Da lui fece sorgere un uomo mite, che incontrò favore agli occhi di tutti, amato da Dio e dagli uomini. Gli diede gloria pari a quella dei santi e lo rese grande fra i terrori dei nemici. Per le sue parole fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò parte della sua gloria. Lo santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse fra tutti gli uomini. Gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d’intelligenza, perché insegnasse a Giacobbe l’alleanza, i suoi decreti a Israele.

Siracide 44, 23 - 45, 1a. 2-5
Ben Sirà o Siracide (figlio di Sira) è uno scriba e maestro di sapienza, vissuto probabilmente a Gerusalemme tra il III e il II secolo a.C. Il testo porta anche la firma del suo autore, uno dei pochi nella Scrittura (50,27). E' un'opera scritta in ebraico intorno al 180 a.C. e tradotta in greco dal nipote attorno al 130 a.C. ( come dice nel Prologo, all'inizio del libro).
E' uno di quegli scritti accolto nell'elenco dei testi ispirati dalla Chiesa Cattolica e ortodossa ma non considerato nell'elenco ebraico dei libri ispirati e quindi non incluso dal mondo protestante.
Tutto il cap. 44 sviluppa la lode degli antichi padri d'Israele che manifestano, nella loro grandezza, la sapienza e lo splendore di Dio. In loro il progetto di Dio si è irrobustito poiché hanno offerto l'esempio e la fedeltà, pur nelle difficoltà e nella fatica quotidiana. "Facciamo ora l'elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni. Il Signore li ha resi molto gloriosi e la sua grandezza è da sempre" (44,1-2). La lunga rassegna inizia con i Patriarchi, da Enoc fino a Giacobbe (44,16-23). Poi il Siracide parla di Mosè, "amato da Dio e dagli uomini" (45,1) e continua, ricordando che l'intervento di Dio su di lui è stato particolarmente carico di attenzioni. Così Mosè diventa depositario della legge e quindi custode della sapienza di Dio per il suo popolo e per le generazioni future. Lo santifica "nella fedeltà e nella mansuetudine" e questo suggerisce quali miracoli Dio è capace di fare. Sa mantenere il cuore nella continuità e nella non violenza poiché, qualunque cosa si voglia dire della Prima Alleanza, il vertice della Santità è la misericordia e quindi la mansuetudine come virtù attiva.
Mosè è trattato come un amico, un messo, un ambasciatore, un interprete presso il popolo. Introdotto nella nube misteriosa, riceve i comandamenti che sono progettati per vivere, per capire e per maturare l'Alleanza.

 Ef 5, 33 – 6, 4
Fratelli, ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito. Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. «Onora tuo padre e tua madre!». Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: «perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra». E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore.

Efesini 5, 33 - 6, 4
Questa lettera esprime una grande attenzione e tenerezza verso gli abitanti credenti di Efeso. Può essere stata scritta a Roma, nel periodo della prigionia (61-63 d.C), oppure qualche anno prima a Cesarea (58-60 d. C.). E' una grande lettera teologica in cui è centrale l'amore grande di Dio, "ricco di misericordia" ed è centrale la Chiesa, luogo carico di novità e di vita. Poiché la Chiesa ha una sua visibilità che la porta a diventare segno, significato ed esempio, i rapporti tra le famiglie, tessuto fondamentale dell'esperienza e della quotidianità, debbono svolgersi in correttezza e sapienza. Quello che leggiamo oggi è solo una piccola parte della conclusione della lettera in cui vi sono cenni ad una morale familiare con destinatari precisi:
5,22-33 il rapporto della coppia,
6,1-4: il rapporto tra padri e figli,
6,5-9: il rapporto tra schiavi e padroni.
Dopo il ricordo di un comportamento rispettoso tra marito e moglie che è di reciprocità e di chiara attenzione, ci si sofferma al rapporto tra figli e padri.
Come in ogni comunità, antica o contemporanea, la riflessione sul comportamento verte molto nel rapporto tra padri e figli. Gli esempi sono lampanti, le differenze tra generazioni sviluppano diverse logiche di comportamento; spesso prevalgono l'emotività e la intemperanza contro il comando e la rigidità.
" Fate attenzione al vostro modo di vivere" (5,15): è la sintesi di una esemplificazione successiva che richiama la saggezza:"il buon uso del tempo" (16), il non essere sconsiderati, il non ubriacarsi per non perdere il controllo di sé, desiderosi di ricevere e di vivere nello Spirito, attenti ad un preghiera interiore e ad un continuo rendimento di grazie" (5,15-20). Viene suggerito il cammino nella sapienza che permette di superare contrasti, discordie, incomprensioni familiari che rivelano, spesso, la volontà di prevaricazioni che l'uno vuole avere sull'altro. Perciò, viene formulata la regola d'oro dei rapporti educativi, a iniziare dai rapporti di coppia: "Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri" (5,21). Quando ci si sente perplessi per una teologia di Paolo che richiama la lettura ebraica del rapporto uomo-donna, non bisogna mai dimenticare questo versetto che ridimensiona e corregge immediatamente l'idea della sudditanza o della supremazia.

VANGELO Mt 2, 19-23
In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

 

Matteo 2, 19-23
Il racconto ci riporta a preoccupazioni di richiami teologici. Le vicende di Gesù ci ricollegano a Mosé ed alle sue avventure, ci ricorda il cammino dell'Esodo e il ritorno dall'Egitto del popolo di Giacobbe liberato.
L'evangelista, che vuole motivare il perché Gesù non sia cresciuto nel paese di Davide, a Betlemme, vuole garantire che Gesù è stato osteggiato fin dall'inizio, ma il Signore aveva un suo progetto di salvezza e, per quanto ci si accanisca contro, se chi porta il progetto accetta di essere disponibile e fedele, arriverà a concludere: porterà la fiducia e la novità.
Certo, e qui ci ritroviamo nella tragedia della storia. L'adesione a Dio e al suo disegno costa vittime, sangue e morte. E perché Dio non è intervenuto?
Il grande interrogativo non ha da parte nostra soluzioni. Ma lo stesso interrogativo si ritrova nella persecuzione a Gesù, nella fatica che egli vive, pur essendo giusto e, quindi, nella sua stessa morte in croce.
Erode muore qualche anno dopo la nascita di Gesù, tra atroci dolori a circa 70 anni. Gli succede Archelao, designato dal padre come re di Giudea, Idumea e Samaria ma l'imperatore Augusto non accetta il testamento di Erode e nomina Archelao solo etnarca dal 4 a.C a 6 d.C, quando è esiliato da Augusto stesso. Non sembri strana la cronologia poiché la data della nascita di Gesù è stata posticipata di circa 6 o 7 anni, quando l'hanno fissata verso il secolo VI d.C. Perciò Gesù sarebbe nato il 6/7.a C.
Il brano che abbiamo letto è un semplice fatto di cronaca, molto arido, se non nascondesse la fatica e la sofferenza di trasferimenti di persone povere, in cerca di una patria, di una casa e di un lavoro e il piano di Dio che deve districarsi nelle avventure umane. La famiglia vive con amore e unità questo tempo, pur dovendo affrontare l'incertezza del domani e la paura dell'oggi. Questo avviene in Egitto, nel ritorno non più praticabile a Betlemme, nella decisione di raggiungere Nazareth da cui erano partiti senza alcuna intenzione di ritorno.
Così, bisogna ricominciare sempre tutto da capo.
L'evangelista Matteo accenna al Nome che sarà dato a Gesù nella sua vita pubblica. Sarà chiamato Nazareno.
E la parola conserva insieme un filo di ironia: Nazareth è una città insignificante (Gv1,46). Ma il nome Nazareth nasconde anche la parola "germoglio, nezer" come il profeta Isaia chiama il Messia (11,1). Qualcuno dice che il nome Nazareth è stato attribuito a questo sperduto villaggio della Galilea poiché un gruppo di rifugiati, discendenti da Davide, sono arrivati esuli qui, in fuga dalla Giudea.
Così la vita quotidiana per questa piccola famiglia inizia nel nascondimento, nel lavoro, nella ferialità di ogni giorno sempre uguale, mentre Gesù cresce, custodito da Giuseppe e Maria e matura la sua umanità nel lavoro, nella convivenza e nello studio della Scrittura, frequentando la sinagoga e la scuola del villaggio. Anche Gesù ha avuto bisogno di una famiglia