
Pentecoste
5 giugno 2022
VANGELO Gv 14, 15-20
Riferimenti : At 2, 1-11 -
Sal 103 1 - Cor 12, 1-11 |
Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra.
Benedici il Signore, anima mia!Sei tanto grande, Signore, mio
Dio! Quante sono le tue opere, Signore! La terra è piena
delle tue creature. |
At 2, 1-11 Mentre stava
compiendosi il giorno della Pentecoste, i
discepoli si trovavano tutti insieme nello
stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un
fragore, quasi un vento che si abbatte
impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco, che si
dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e
tutti furono colmati di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo
in cui lo Spirito dava loro il potere di
esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme
Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto
il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e
rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare
nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di
sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro
che parlano non sono forse Galilei? E come mai
ciascuno di noi sente parlare nella propria
lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti,
abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della
Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia
e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti
della Libia vicino a Cirene, Romani qui
residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi,
e li udiamo parlare nelle nostre
lingue delle grandi opere di Dio». Atti degli
Apostoli. 2, 1-11 Sono passati ormai quasi
due mesi, 50 giorni dal tempo dell'angoscia,
della solitudine e quindi della esaltazione alla
vista di Gesù risorto che ha voluto restare con
i suoi, secondo il calendario di Luca negli
"Atti degli apostoli" 40 giorni. Ci sono stati
incontri sorprendenti e improvvisi, nei momenti
più impensati e nei posti più diversi. Curiosi
di vedere la conclusione di questa avventura e
incapaci di prevedere altro, senza la presenza
visibile del maestro, i discepoli si stanno
organizzando per riprendere la loro vita normale
e il lavoro di cui si sentono esperti. In
occasione della Pentecoste ebraica, però,
capiscono di dover essere tutti presenti a
Gerusalemme per il pellegrinaggio di un buon
ebreo, in memoria del dono della legge che il
Signore aveva consegnato a Mosè sul Sinai. Si
ritrovano ormai in un luogo preciso, abitato
nell'ultima cena con Gesù e quindi luogo stabile
per quando si ritrovano a Gerusalemme. Il
Cenacolo, casa di un amico che volentieri ha
offerto a Gesù ospitalità, diventa il luogo
dell'assemblea nuova. Si ritrovano ora insieme
in questo giorno di festa, dopo averne vissuti
50, in emozioni, interrogativi e in discussioni,
e pregano, sempre consapevoli che debbono
aspettare, e sempre sicuri che arriverà una
indicazione. Il testo di Luca vuole mostrare il
significato del mistero del dono dello Spirito
mediante le Scritture sulla piccola Comunità.
Testimonianza e attesa raccontano che il centro
della fede è Gesù. Gesù, infatti, ha rivelato,
nella sua ultima cena, il segreto della sua vita
e quindi il segreto del suo rapporto con il
Padre. Ma sa che i discepoli non possono capire
il significato dell'esistenza nuova, e hanno
bisogno di una ricerca, di un cammino, di una
esperienza, di una fedeltà che ricostruiscano
via via il senso della loro esperienza di Gesù.
"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il
momento non siete capaci di portarne il peso"
(Giovanni 16,12). L'essenziale è già stato
detto: "Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho
fatto conoscere a voi" (Giovanni 15,15) e lo
Spirito Santo non aggiungerà nulla di suo: ""Non
parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà
udito" (Giovanni 16,13). Lo Spirito Santo
accompagnerà i discepoli, li assisterà, sarà una
garanzia per ricercare e per approfondire. Lo
Spirito Santo li aiuterà a scoprire ed a capire
il Progetto di Gesù su loro e sul mondo. Ci sono
alcune parole chiave: "Tutti, rumore,
divisione". I discepoli si ritrovano "tutti",
come alla promulgazione della legge sul Sinai,
dove "tutto il popolo rispose insieme" (Es
19,8): tutti in attesa della sapienza di Dio.
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1Cor 12, 1-11 Riguardo ai
doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi
nell’ignoranza. Voi sapete infatti che, quando eravate pagani,
vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli
muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione
dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può
dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito
Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi
sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono
diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A
ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per
il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene
dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso
Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso
Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle
guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono
della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a
un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione
delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo
Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
1Corinti 12, 1-11 Paolo si preoccupa di aiutare i credenti a
cogliere ed a capire il significato di grazie e di attitudini
personali, ordinarie o straordinarie, presenti in ciascuno "per
l'utilità di tutta la comunità". Si tratta di analizzare e
scoprire un buon uso dei doni dello Spirito, chiamati "carismi",
segno e testimonianza visibile della presenza dello Spirito,
anche per rimediare alla situazione anormale di una giovane
comunità, la cui fede non ha ancora trasformato la mentalità
impregnata di paganesimo. Gli abitanti di Corinto sono tentati
di apprezzare soprattutto i doni più spettacolari e di
utilizzarli in interessi di parte, sviluppandoli nello stesso
stile di alcune manifestazioni proprie di certe cerimonie
pagane. Dice Paolo che, essendo "per utilità comune", sono dati
per il bene della comunità e quindi non debbono dare occasione a
rivalità (cap 12). Riscoprendo umiltà e solidarietà, va
ricordato che "la carità li sorpassa tutti" (cap 13). Infine
spiega come la loro gerarchia si stabilisce in base al
contributo che portano all'edificazione della comunità. Paolo si
ferma sul dono delle lingue, pare molto apprezzato a Corinto,
che però deve essere sottoposto alla profezia ed alla
interpretazione (cap 14). Paolo ricorda fenomeni violenti,
disordinati, di certi culti pagani, che sono considerati come il
segno della loro autenticità (v 2). Invece, nelle assemblee
cristiane, vale il contenuto del discorso, non la forma
espressiva di ostentata ispirazione (v 3). All'interno di questo
mondo di doni, manifestazioni e di maturazioni, c'è la ricchezza
del volto di Dio nella sua dimensione trinitaria:"Vi sono
diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività,
ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti". L'elenco dei
"carismi" è costituito da nove elementi: è la lista più lunga
che si trovi nelle lettere (1 Cor 12, 28-30; 14,26; Rm 12,6-8;
Ef 4,11). Si comincia a distinguere il linguaggio di sapienza e
di conoscenza. Il linguaggio di sapienza, forse, è il dono di
esporre le più alte verità cristiane, legate alla vita divina e
alla vita di Dio in noi: «l'insegnamento perfetto» di Eb 6,1. Il
linguaggio della conoscenza è il dono di esporre le verità
elementari del cristianesimo: «il discorso iniziale su Cristo»
di Eb 6,1. La fede, qui, probabilmente è una fondamentale
fiducia nel compimento dei miracoli (Mt 17,20). I miracoli e le
guarigioni distinguono la comunità cristiana per l'attenzione ai
malati e per la confidenza del credente con la verità di Dio. La
profezia costituisce il contenuto del cap. 14: è la capacità di
convertire, esortare, persuadere con il dono della Parola alla
costruzione della Comunità. Si parla poi del discernimento che
aiuta ad operare un giudizio critico per aiutare le persone a
scegliere; discernere gli spiriti: il dono di determinare
l'origine (Dio, la natura, il Maligno) dei fenomeni carismatici.
Si parla infine della varietà delle lingue: glossolalia (il
parlare in lingue incomprensibili: S. Paolo non stima molto
questo dono (14,6-11) e della interpretazione delle lingue. La
varietà delle lingue è il dono di lodare Dio proferendo, sotto
l'azione dello Spirito Santo e in uno stato più o meno estatico,
suoni incomprensibili.
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VANGELO Gv 14, 15-20 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi
discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il
Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,
lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e
non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in
voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi
vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel
giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Giovanni. 14, 15-20 Stiamo leggendo uno dei brani di
Gesù che parla ai discepoli e che Giovanni riporta, inquadrato nell'ultima
cena, carico di tensione e di aspettative. I discepoli non si rendono conto
di ciò che sta per accadere e quindi sono stupefatti di alcune indicazioni di
allontanamento, di abbandono e di ritorno. Poiché non capiscono, ascoltano
Gesù con stupore e perplessità, difficilmente consapevoli dello spessore
delle parole che il maestro dice ma che ripescheranno dalla memoria e dalla
riflessione nei tempi futuri. Non va dimenticato che il testo è riletto e
meditato dopo la risurrezione, quando ormai la Comunità cristiana ha
affrontato lunghi cammini, tensioni, alcune persecuzioni locali, rifiuti e
accoglienze inimmaginabili. L'amore a Gesù non si gioca sulle emozioni ma
sulla coerenza e il coraggio di seguire i suoi comandi. Ma quali comandi?
La comunità, che ripensa ai messaggi di Gesù, sa che ce ne sono tanti,
riassunti "nell'amatevi l'un l'altro come io vi ho voluto bene". Ma questa
una sintesi e un risultato di stili, di scelte, di comportamenti che si
sviluppano ogni giorno nella vita familiare, sociale, religiosa e politica.
La Comunità ne è consapevole, anzi sente il disagio e la fatica di andare
contro corrente, di riproporre tutta la vita ed i propri rapporti nei termini
che Gesù ha vissuto ed ha indicato. In tal modo, spesso, la fatica e la
fragilità fanno paura e costringono a pensare di essere stati abbandonati.
Gesù, allora, soccorre dicendo: "Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro
Paràclito perché rimanga con voi per sempre" (v 16). Si parla allora del
"Paràclito" come un personaggio che porta fiducia e garanzia: la "persona che
si siede accanto" nei processi e che sostiene, incoraggia, suggerisce,
garantisce chi è accusato in un processo. Anzi la sua presenza di persona
degna garantisce l'assemblea che l'imputato vada assolto. Gesù garantisce di
inviare un altro Paràclito, "perché rimanga con voi per sempre", visto che il
primo Paràclito, cioè Gesù stesso, sta per andarsene. La preghiera di Gesù
interpella il Padre perché un altro Paràclito prosegua l'opera che il maestro
ha iniziato e sviluppato con i discepoli. Il dono che Gesù offre è lo
"Spirito di verità". E' una persona che si identifica con la verità, la
mantiene viva e la dona. Questo non significa che siamo diventati
infallibili, i garanti per eccellenza, i detentori delle verità nel mondo, o
i portatori di realtà che ormai non serve verificare perché vanno prese a
scatola chiusa. Sostenuti dallo Spirito, siamo però sempre nella ricerca, e
pur sempre alle prese con il dubbio, la perplessità, la verifica. Lo Spirito
della verità ci offre la rivelazione di Gesù, il rapporto profondo e unico
con il Padre, la pienezza e la garanzia della verità, che è Gesù. Ma è
necessaria la fede, altrimenti non lo si vede e non lo si conosce. Se però lo
si crede, egli dimora nel credente e la sua presenza porta una conoscenza
familiare. Infatti lo Spirito è presentato in rapporto con Gesù, i discepoli
ed il mondo.
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