 IV Domenica dopo Pentecoste
3 luglio 2022
Mt 5, 21-24
Riferimenti:
Gen 4, 1-16 - Sal 49 - Eb 11, 1-6 |
Sacrificio gradito al Signore è l’amore per il
fratello. Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da
oriente a occidente. «Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, i
tuoi olocausti mi stanno sempre davanti». |
Gen 4, 1-16 In quei giorni. Adamo
conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì
Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al
Signore». Poi partorì ancora Abele, suo
fratello. Ora Abele era pastore di greggi,
mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso
del tempo, Caino presentò frutti del suolo come
offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua
volta primogeniti del suo gregge e il loro
grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta,
ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu
molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il
Signore disse allora a Caino: «Perché sei
irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se
agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma
se non agisci bene, il peccato è accovacciato
alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e
tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele.
Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano
contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il
Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo
fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse
io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che
hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello
grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano
dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il
sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando
lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi
prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla
terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è
la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi
scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi
lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla
terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma
il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà
Caino subirà la vendetta sette volte!». Il
Signore impose a Caino un segno, perché nessuno,
incontrandolo, lo colpisse. Caino si allontanò
dal Signore e abitò nella regione di Nod, a
oriente di Eden. Genesi. 4,
1-16 I primi tre capitoli del libro della
Genesi sono una rilettura teologica della
condizione della umanità. Alla conclusione c'è
il dramma della lacerazione tra l'umanità e Dio.
Il male ha trionfato agli albori del capolavoro
di Dio che ha creato il mondo e ha posto
l'umanità al vertice, capace di armonia. padrona
di tutta la realtà. C'è però un limite
invalicabile che è un segno: piccolo in sé ma
portatore di ubbidienza e di fiducia. "Non
mangiare dell'albero". Ma la suggestione di
avere a portata di mano tutta la potenza di Dio,
a poco prezzo, fa crollare la fiducia e la
confidenza. L'uomo e la donna hanno compromesso
totalmente la loro libertà ed hanno spalancato
il loro mondo alla tentazione e al male. Il
racconto successivo, (capp.4-11) detto anche
"preistoria biblica", da non confondere con la
preistoria scientifica del mondo, ricupera
alcuni episodi legati a tradizioni antiche, per
illustrare il cammino del mondo nei riguardi di
Dio e la sua attenzione nel non voler
distruggere l'umanità ormai perduta. Il primo
racconto della famiglia umana, dopo il peccato
dei progenitori, è collocato in un mondo duro e
difficile. Il lavoro è indispensabile nelle due
qualità di operosità del tempo dell'autore
biblico: la pastorizia e l'agricoltura. Da
sempre c'è stato conflitto tra le due culture ed
i due clan poiché l'agricoltura sottrae terreno
da coltivare e i pastori sono allontanati dalle
terre coltivate poiché distruggono ciò che
cresce. L'autore biblico, comunque, segue la
sua meditazione del dramma della lontananza da
Dio. Alla frattura dei rapporti profondi di
comunione nella prima coppia segue la frattura
dei rapporti tra fratelli. Anzi, il primo
richiamo alla morte, nel mondo, non avviene per
malattia o per debolezza della carne, ma per
l'esplosione della violenza che fa dimenticare
ogni valore, ogni solidarietà ed ogni legame
profondo. La fecondità del lavoro di Abele
appare benedetto mentre quello di Caino, spesso
soggetto all'aridità o allo stravolgimento delle
stagioni, appare maledetto e rifiutato. La
prima reazione al successo dell'altro è fatta di
gelosia, e quindi di rabbia, di odio, di
conflitto arrivando alla prospettiva di
eliminare l'altro dalla propria strada. Solo
l'esperienza ha aiutato noi a capire, se lo
vogliamo capire, che l'elemento fondamentale di
un cammino comune è la solidarietà perché
ciascuno riceva ciò che serve per una vita
dignitosa. Si è giunti faticosamente nel mondo
del lavoro, arrivando alle associazioni, ai
sindacati, alle contrattazioni, alla fatica
dello sciopero per giungere a capire che ci si
deve mettere d'accordo. E dopo due guerre
mondiali lo ha imparato l'Europa che, pure, ha
ancora molto cammino da fare. Lo impariamo tutti
a livello sociale nell'accoglienza, nella
scuola, nella sanità, nel fare le leggi giuste e
non per lobby e privilegi. Il testo garantisce
che Dio è attento a ciascuno e perciò anche a
Caino ed offre suggerimenti per affrontare la
situazione di delusione e di rabbia. "Il peccato
è accovacciato alla tua porta, ma tu puoi
dominarlo". Ci viene garantita la lotta ma anche
la possibilità di vittoria. E ci viene
riconosciuto il valore della fondamentale
libertà personale che, per quanto difficile,
libera dalla rassegnazione.
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Eb 11, 1-6 Fratelli, la fede è
fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.
Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola
di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo
visibile. Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di
quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, avendo
Dio attestato di gradire i suoi doni; per essa, benché morto,
parla ancora. Per fede, Enoc fu portato via, in modo da non
vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva
portato via. Infatti, prima di essere portato altrove, egli fu
dichiarato persona gradita a Dio. Senza la fede è impossibile
essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere
che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano.
Ebrei. 11, 1-6 I versetti precedenti, nel cap.10 parlano di
fatiche e di persecuzioni a causa della propria accoglienza di
Cristo. "Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati
e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre
sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. Non
abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata
una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza,
perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato
promesso".(10,34-36). Il testo continua con coraggio: "Noi però
non siamo di quelli che cedono, per la propria rovina, ma uomini
di fede per la salvezza della nostra anima" (10,39). Così
l'autore della lettera annuncia la necessità della fede e della
pazienza, virtù rispettivamente sviluppate nei capp.11 e 12.
Tutto il cap. 11 si apre alla riflessione ed alla testimonianza
della fede degli antenati del popolo d'Israele nei tempi
primitivi (vv 4-7), all'epoca dei Patriarchi (vv 8-22), di Mosè
(vv 22-31), dei Giudici e dei Profeti fino al III secolo a.C. il
tempo dei Maccabei (vv 32-38). La fede è definita come
garanzia dei beni promessi che si sperano, garantiti da Dio che
si è impegnato per la nostra salvezza. Dante Alighieri nel
Paradiso (24,64) riprende lo stesso testo: "Fede è sustanza di
cose sperate, ed argomento delle non parventi; e questa pare a
me sua quiditate" Questa fede nasce dalla Parola di Dio che,
prima di tutto, ha creato il mondo: dall'invisibile è scaturito
il visibile. Così dalla garanzia della Parola di Dio nasce la
liberazione e la certezza di una fedeltà che strappa dalla
sofferenza. Il retroterra di questa riflessione ricerca il
senso della nostra fedeltà. Come faccio a credere se non vedo?
Come faccio a fidarmi se il Signore è nascosto e non mi parla?
Come faccio a mantenere la mia fedeltà anche nella fatica e
nella prova se non vedo il suo aiuto proprio nella mia fatica di
onorarlo? La fede degli antenati vuole mostrarci che essi
hanno creduto e noi siamo chiamati ad allungare questa
processione di fedeli a cui il Signore non fa mancare la sua
fiducia ed il suo premio. E certamente il primo testimone è un
martire giusto, ucciso dal fratello eppure "parla ancora" (v4).
Poi viene ricordato Enoch. La Bibbia dice che "camminò con Dio"
(Gen 5,24). Si tratta di un misterioso personaggio, elencato
nella genealogia di Adamo, e non a caso al settimo posto (il
numero della pienezza), di cui per ben due volte si ricorda la
sua comunione con Dio. Di lui non si dice che morì, quanto che
"non fu più perché Dio l'aveva preso". Enoch aveva manifestato
una grande fedeltà al Signore, diventando un profondo esempio di
fiducia. Così la fede è necessaria e senza di essa non è
possibile piacere a Dio. Essa ci apre gli orizzonti di Dio e sa
che è garanzia di giustizia. Allora il mondo acquista una sua
fondamentale giustizia poiché, nonostante il male, il Signore è
capace di giudicare e di premiare chi è giusto e si comporta
come tale (v 6).
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Mt 5, 21-24 In quel
tempo. Il Signore Gesù disse: «Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non
ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi
dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al
giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al
sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Matteo 5, 21-24. Gesù annuncia con la sua parola il completamento della
legge. Con il " discorso delle Beatitudini," il primo dei cinque lunghi
discorsi che l'evangelista Matteo scrive nel suo Vangelo, Gesù, nuovo Mosè,
non rinnega la legge (la Torah dei primi 5 libri della Bibbia) ma la riprende
e approfondisce. Nella tradizione ebraica un antico insegnamento invita i
dottori della legge a costruire "una siepe attorno alla Torà". Questo
significa che bisogna ricircondare un precetto di Dio di successive norme
destinate a proteggerlo, ad accoglierlo, a custodirlo e quindi a metterlo in
pratica nella sua pienezza e nelle sue sfumature. Per esemplificare, la legge
del sabato, importante nei secoli, difesa con coraggio sotto tutte le
latitudini, comporta un elenco («una siepe»), un insieme di azioni che non si
possono fare di sabato e sono 39: seminare, mietere, raccogliere, portare
pesi, accendere il fuoco ecc. Anche Gesù conosce e pratica la costruzione
della "siepe", ma con il coraggio della misericordia. Gesù, come in questo
caso, vuole promuovere una "giustizia sovrabbondante". Non si tratta,
infatti, di rispettare alla lettera i comandamenti di Dio, ma di arrivare ad
un atteggiamento interiore profondo del cuore e alla purezza di intenzione.
Matteo riporta sei esempi o "antitesi" (contrapposizioni), introducendo con:
"In antico fu detto" e concludendo con: "Ma io vi dico". Sono 6 poiché Gesù
sa di aver solo iniziato un elenco che la sua comunità continuerà per vivere
con profondità la volontà di Dio dopo la sua morte e risurrezione. Il "non
uccidere" è una disposizione chiara (Gen 9,5-6) che vale anche di fronte ad
un criminale (Gen 4,15: Caino). La vita umana è sacra e intangibile. Ma il
cuore delle persone, pur senza arrivare ad uccidere una persona, accumula
atteggiamenti di rifiuto: "non gli rivolgo la parola, ne parlo male, lo odio,
gli rinfaccio un errore, gli tolgo la stima". Gesù dice che bisogna
circondare di attenzione l'altro, altrimenti il nostro cuore può diventare,
esso stesso, un cimitero di uccisi. Usare parole offensive, adirarsi,
alimentare l'odio significa uccidere il fratello (v 22). E fa parte di questa
operazione di esclusione e di violenza il denigrare l'altro con una delle
parole: "stupido, pazzo, senza Dio...". Pazzo: traduce in greco «insensato»,
ma l'uso ebraico aggiunge una sfumatura molto più grave di empietà religiosa.
Nel testo, per quattro volte, viene ripetuta la parola "fratello" (versetti
22-24): e così si pone il significato di questa volontà di riconciliazione.
Altrimenti noi maceriamo l'odio e la recriminazione di Caino.
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