
III Domenica di Pasqua
1maggio 2022
Gv 8, 12-19
Riferimenti : At 28, 16-28 - Sal 96 - Rm 1, 1-16b |
Donaci occhi, Signore, per vedere la tua gloria.
Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte.
Giustizia e diritto sostengono il suo trono. |
At 28, 16-28 In quei
giorni. Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di
abitare per conto suo con un soldato di guardia.
Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili
dei Giudei e, quando giunsero, disse loro:
«Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio
popolo o contro le usanze dei padri, sono stato
arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani
dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato,
volevano rimettermi in libertà, non avendo
trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma
poiché i Giudei si opponevano, sono stato
costretto ad appellarmi a Cesare, senza
intendere, con questo, muovere accuse contro la
mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per
vedervi e parlarvi, poiché è a causa della
speranza d’Israele che io sono legato da questa
catena». Essi gli risposero: «Noi non abbiamo
ricevuto alcuna lettera sul tuo conto dalla
Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a
riferire o a parlar male di te. Ci sembra bene
tuttavia ascoltare da te quello che pensi: di
questa setta infatti sappiamo che ovunque essa
trova opposizione». E, avendo fissato con lui un
giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio.
Dal mattino alla sera egli esponeva loro il
regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di
convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla
legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano
persuasi delle cose che venivano dette, altri
invece non credevano. Essendo in disaccordo fra
di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva
quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito
Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri
padri: “Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì,
ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non
vedrete. Perché il cuore di questo popolo è
diventato insensibile, sono diventati duri di
orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non
vedano con gli occhi, non ascoltino con gli
orecchi e non comprendano con il cuore e non si
convertano, e io li guarisca!”. Sia dunque noto
a voi che questa salvezza di
Dio fu inviata alle nazioni, ed esse
ascolteranno!». At 28,16-28
Con questo testo Luca conclude il suo libro
sulla missione degli apostoli: "gli Atti" che
hanno intrapreso, fermandosi, in particolare,
prima sulle iniziali vicende di Pietro nella
Comunità cristiana e poi sulle missioni di
Paolo. Ora Paolo è giunto a Roma. Lo spiega lui
stesso: ha fatto appello a Cesare in seguito al
suo arresto a Gerusalemme da parte degli ebrei
che poi lo hanno consegnato ai romani
(28,17-20). A Roma Paolo convoca i notabili dei
Giudei per spiegare la sua posizione. Gli
garantiscono che da parte degli ebrei di
Gerusalemme non è arrivata nessuna accusa contro
di lui per cui non ci sono preconcetti, né sono
state inviate spie o staffette per scoraggiare e
metterlo in cattiva luce. Paolo inizia, perciò,
un poco rassicurato, il suo annuncio e lo fa
utilizzando tutta la sua conoscenza e
preparazione biblica: "cercava di convincerli
riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e
dai profeti" (28,23). Qui, come ha sperimentato
altrove, si ritrova con diffidenze e rifiuti
anche se alcuni si lasciano convincere,
provocando una sua reazione rassegnata, nella
constatazione che non può aiutare il suo popolo
a incontrare il Messia. E' l'occasione che Paolo
intravede, come segno di inizio di predicazione
ai pagani. E' avvenuta la stessa cosa ad
Antiochia di Pisidia (13,46-47) ed a Corinto (
18,6.). Lo scontro e il disagio lasciano
insoddisfatti tutti, per cui "se ne andarono a
casa". E questo significa un ennesimo smacco per
il compito di evangelizzazione. Paolo non
rinuncia a priori, ma sa che si deve iniziare
dai fratelli ebrei senza potere trovare scuse
poiché i suoi fratelli nella fede hanno diritto
di essere i primogeniti della salvezza. Poi però
ritorna sul lamento di Isaia (28,26-27) che, in
seguito, è fatto proprio dal racconto dei 4
Evangelisti per giustificare il rifiuto di
Israele di fronte alla predicazione di Gesù. La
conclusione è l'universalismo: "Questa salvezza
di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse
ascolteranno" (28,28). Paolo non si scoraggia,
ma opera "con franchezza e senza impedimenti"
(28,30) con tutti quelli che vengono a lui. Si
fanno spesso programmazioni e progetti, ma poi
il Signore ti conduce per altre strade che vanno
riconosciute e seguite. La Comunità cristiana
impara a scoprire il vero significato del
privilegio e della elezione di un popolo che non
diventa esclusivismo di scelta da parte di Dio,
ma che si fa servizio, annuncio gioioso. Come
credenti scopriamo la responsabilità di dover
svelare la novità del Padre della misericordia
per ogni persona poiché il Padre desidera che
tutti siano raggiunti nel suo messaggio di
novità e di speranza. Perciò il messaggio di
questi giorni, ma che i Pontefici ci stanno
facendo da anni, è:" Aprite le porte, incontrate
le persone, accettate di condividere". |
Rm 1, 1-16b Paolo, servo di
Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi
profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato
dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio
con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di
lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare
l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo
nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a
tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata,
grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù
Cristo! Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù
Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla
nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel
mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io
continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie
preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio,
io abbia l’opportunità di venire da voi. Desidero infatti
ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale,
perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi
confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non
voglio che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto
di venire fino a voi – ma finora ne sono stato impedito – per
raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre
nazioni. Sono in debito verso i Greci come verso i barbari,
verso i sapienti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto,
per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi che
siete a Roma. Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è
potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.
Romani 1,1-16b Paolo scrive la Lettera ai Romani, di cui
leggiamo l'inizio. Egli incomincia un rapporto che si
approfondirà nel tempo. Per ora non ha avuto rapporti con la
Comunità Romana che non è stata fondata da lui, ma altri vi
hanno portato la Parola del Signore. Sa che è una grande
comunità di giudeo-cristiani presso cui si presenta e indica le
caratteristiche del suo messaggio (Roma ha circa 1 milione e
mezzo di abitanti e circa 40.000 ebrei). - Paolo si presenta
come "servo di Gesù". Quest'ultimo titolo può sembrare un
dispregiativo ma Paolo si rivolge a conoscitori della Scrittura
dove si parla di Mosè, Giosuè e Davide "servi di Jhwh". - Si
presenta come "apostolo", quindi inviato nel mondo per volontà
di Gesù, con la vocazione di fondare tra i pagani comunità
cristiane. - Infine si presenta come "scelto" e quindi
onorato di annunciare il Vangelo di Gesù. La centralità della
fede si pone in Gesù Messia che si è rivelato a Pasqua nello
splendore della potenza di Dio che vince la morte: criterio e
risposta dell'esistenza umana. E la fede in Gesù della Comunità
romana ha raggiunto un alto grado di notorietà in tutto il
mondo. Paolo ne è suggestionato e continua a ripensare e a
desiderare di poter essere presente in questa Chiesa, mentre la
ricorda intensamente. Nel frattempo, continuando a pensarsi
strumento di Dio, schiavo e proprietà del Signore, interpreta i
fatti personali come indicazioni di Dio. In particolare l'aver
ricevuto la grazia della conversione (a Damasco -Atti 9) "lo ha
reso apostolo per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le
genti". Saluta così con "Grazia e pace" per indicare ai
cristiani la benevolenza di Dio (Grazia) e la pace tra i
fratelli (1,7).Il richiamo alle proprie tradizioni ricorda che
l'elemento fondamentale, per tutti i credenti, è il culto, ma
Paolo traduce che il vertice del culto consiste
nell'evangelizzare: lo stesso sacrificio di Gesù si attua nel
manifestare l'amore di Dio. Così per Paolo: "Mi è testimone Dio,
al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il Vangelo del
Figlio suo" (1,9). Paolo insegna, qui ed in altri testi (es. Rom
12,1 ss), che il culto si vive particolarmente nella vita: è il
culto spirituale che ognuno propone mentre opera con
responsabilità ed amore nella vita quotidiana. E' qui che si
compie l'offerta gradita a Dio, molto più importante
dell'offerta sacrificale del tempio. Così ha vissuto Gesù. Nella
consapevolezza per cui agiamo nella fede, sulla quale fede ci
sentiamo gioiosi: "Non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza
di Dio per la salvezza di chiunque crede (1,16).
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Gv 8, 12-19 In quel tempo. Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai
farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà
nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu
dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù
rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia
testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece
non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non
giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non
sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta
scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do
testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà
testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù:
«Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste
anche il Padre mio».
Giovanni 8,12-19
Gesù sta celebrando la festa delle capanne, il ricordo dell'esodo
e quindi il tempo della peregrinazione nella fiducia in Dio. C'è l'allusione
ai grandi lampioni accesi la prima notte per la processione in Gerusalemme
(8,12). L'affermazione: "Io sono la luce del mondo" è
un'espressione sconcertante, anche se si usava spesso nel giudaismo per
identificare, di volta in volta, realtà grandi e significative quali la
Legge, il tempio, Gerusalemme, Adamo. Nel VT Jahvé è
la luce che accompagna il popolo d'Israele nel deserto. Ma anche Davide dice
"Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?" (Sal 27,1) Il
"Servo di Jahvé" è chiamato "luce delle genti "( Is 42,6). Si collegano i
linguaggi del "Camminare nella luce e camminare nelle tenebre" che
identificano uno stile diverso di vita, il ricupero della pienezza o la
perdizione che arriva alla morte. Gesù insiste nel
voler dare testimonianza di Sé poiché è consapevole e conosce la sua origine.
Sembra in contrasto con Gv5,31 ("Se fossi io a testimoniare di me stesso, la
mia testimonianza non sarebbe vera"), ma qui viene posto l'accento
sull'origine dal Padre e sul suo destino divino. E di questo Gesù ha
consapevolezza. Perciò si dice testimone di sé. Gesù
non giudica nessuno "secondo la carne" come fanno i giudei. Egli è venuto a
salvare (3,17); Egli non condanna ma salva (12,47 "Se qualcuno ascolta le mie
parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per
condannare il mondo, ma per salvare il mondo".) Il potere di giudicare è
stato offerto a Gesù dal Padre. Nei versetti precedenti (8,1-11) a Gesù è
stata presentata una donna colta in adulterio. Gli dicono che deve giudicare
secondo la legge di Mosè per la lapidazione: è un tranello poiché chi la
accusa sa già che cosa deve fare. Ma vogliono che Gesù si comprometta e
smetta la sua posizione di misericordia, almeno in questo caso molto chiaro,
e restituisca il Dio giustiziere e potente. Non hanno ancora capito che,
nelle mani di Gesù, la legge è la verifica di una coerenza interiore, non uno
strumento di potere che interviene con durezza e senza nessuna possibilità di
misericordia. Perciò: "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra". Se
ne vanno tutti, senza nessuna pietra in mano. In tali contraddizioni e
confusioni, Gesù si proclama luce: "Io sono la luce del mondo", e quindi
presenza di Dio. L'affermazione si rifà a quella serie di risposte che
accompagnano la vita e i fatti ("segni") di Gesù. "Io sono" suscita l'eco
della rivelazione di Dio sul Sinai, dove è stato svelato il nome di Dio:
Jahveh che letteralmente significa: "Io sono" e quindi esplicita la bellezza
del dono che la pienezza di Dio offre. "Io sono la luce", ma anche: "Io
sono il pane, il pastore, la porta, la vita". In queste manifestazioni c'è lo
svelarsi strano di Gesù alla sua gente e alla polemica successiva. Gesù sa
che non possono capirlo, ma continua a parlare di rivelazione e
testimonianza. La rivelazione di Gesù è completa poiché egli dà un volto
nuovo a Colui in cui ciascuno crede. E' Gesù che illumina, che manifesta
stili e contenuti. E' Lui che si fa guida e che arricchisce della luce di
vita. Ognuno tenti, nonostante le difficoltà, di farsi discepolo per entrare
nella comunione e nella luce del Padre e di Cristo.
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