 VI Domenica di Pasqua
22 maggio 2022
Gv 16, 12-22
Riferiementi : At 21, 40b–22,22 - Sal 66 - Eb 7, 17-26 |
Popoli tutti, lodate il Signore, alleluia! Dio
abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il
suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua
salvezza fra tutte le genti. |
At 21, 40b – 22, 22 In quei
giorni. Paolo, in piedi sui gradini, fece cenno
con la mano al popolo; si fece un grande
silenzio ed egli si rivolse loro ad alta voce in
lingua ebraica, dicendo: «Fratelli e padri,
ascoltate ora la mia difesa davanti a voi».
Quando sentirono che parlava loro in lingua
ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli
continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in
Cilìcia, ma educato in questa città, formato
alla scuola di Gamaliele nell’osservanza
scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo
per Dio, come oggi siete tutti voi. Io
perseguitai a morte questa Via, incatenando e
mettendo in carcere uomini e donne, come può
darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e
tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo
anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai
a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme
anche quelli che stanno là, perché fossero
puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo
avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno,
all’improvviso una grande luce dal cielo
sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii
una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi
perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”.
Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu
perséguiti”. Quelli che erano con me videro la
luce, ma non udirono la voce di colui che mi
parlava. Io dissi allora: “Che devo fare,
Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e
prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto
quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché
non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella
luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi
a Damasco. Un certo Anania, devoto osservante
della Legge e stimato da tutti i Giudei là
residenti, venne da me, mi si accostò e disse:
“Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in
quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio
dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere
la sua volontà, a vedere il Giusto e ad
ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,
perché gli sarai testimone davanti a tutti gli
uomini delle cose che hai visto e udito. E ora,
perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e
purificare dai tuoi peccati, invocando il suo
nome”. Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre
pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi
lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da
Gerusalemme, perché non accetteranno la tua
testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore,
essi sanno che facevo imprigionare e percuotere
nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e
quando si versava il sangue di Stefano, tuo
testimone, anche io ero presente e approvavo, e
custodivo i vestiti di quelli che lo
uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io
ti manderò lontano, alle nazioni”». Fino a
queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a
questo punto alzarono la voce gridando: «Togli
di mezzo costui; non deve più vivere!».
Atti 21, 40b - 22, 22 Dopo il terzo viaggio
missionario, Paolo ritorna a Gerusalemme,
consapevole dei pericoli che deve attraversare,
ma sente che deve ubbidire allo Spirito e
rendere un servizio ai fratelli. Si sono sparse
voci che predica ai pagani e che li porta alla
fede di Gesù attraverso Mosè che poi non
rispetta nelle sue leggi. Anzi insegna sia ai
giudei che ai pagani che accolgono la Parola di
Gesù e credono in Lui di "non circoncidere più i
loro figli e di non comportarsi secondo gli usi
tradizionali" (At 21,21). Paolo incontra,
invece, fratelli accoglienti, fa visita a
Giacomo apostolo e, mentre viene informato di
tutte le dicerie contro di lui, gli attestano
fiducia e venerazione. Tuttavia un giorno,, nel
tempio, Paolo viene riconosciuto e quindi
sequestrato da persone che vogliono ucciderlo.
Salvato dai soldati romani, in un trambusto in
cui nessuno si raccapezza più per la confusione,
prima di essere portato in caserma, Paolo chiede
di poter parlare al popolo (v 39). Protetto dai
soldati, pronuncia la sua prima difesa,
riportata dagli Atti (la seconda difesa è
ricordata in At 24,10-21 e la terza in At 26,
2-23) e parla in ebraico, sorprendendo la gente
che si incuriosisce e resta ad ascoltarlo in
silenzio. Paolo, mentre si difende, sviluppa
una catechesi su Gesù. Ricorda, infatti, che,
sulla strada che porta a Damasco, lo ha
incontrato come "luce" e come "voce" (6-10) e
rimproverato perché "sta perseguitando la sua
via" (v 4). Paolo tiene a presentarsi come un
fedele ebreo, studioso e osservante della legge,
"come siete tutti voi" (3), e tuttavia, mentre
sta avvicinandosi alla città, pretendendo di
imprigionare degli eretici nel nome di Dio,
proprio Gesù lo ha richiamato alla
responsabilità di fedele. "Perché mi
perseguiti?" (At 22,7). Anche gli apostoli
hanno dovuto scegliere e quindi comportarsi di
conseguenza. Per esempio Pietro e Giovanni,
arrestati, alle minacce del Sommo Sacerdote che
li obbliga al silenzio, replicano: «Se sia
giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a
Dio, giudicatelo voi» ( At 4,19). Così Paolo,
con molta semplicità, afferma che la sua
coscienza lo ha costretto ad accogliere Gesù.
La volontà di Dio si è mostrata palese, senza
illusioni o fantasie, ma chiara, esigente,
esauriente. L'apparizione e le parole
ascoltate pongono Gesù risorto come il nuovo
modello di riferimento, il nuovo segno di Dio,
la nuova strada per camminare verso la salvezza.Ma questa voce, che ormai è l'unica sua guida,
gli ha anche suggerito di camminare oltre i
confini e di evangelizzare il mondo intero.
"Va', perché ti manderò lontano, alle nazioni"
(v 21). Ma questo progetto è inimmaginabile per
un ebreo e lo impaurisce poiché, in tale
apertura, si consuma la contaminazione e il
crollo della "predilezione di Israele" da parte
di Dio. E Dio non può smentirsi, pensa chi crede
nel Dio dei Padri. Eppure il Signore apre
orizzonti nuovi perché vuole raggiungere ogni
uomo ed ogni donna che egli ama. E proprio I
suoi messaggeri, che hanno sperimentato, per
primi, la paura, dentro di sé, e quindi il
tradimento e il rifiuto verso di Lui, sono stati
ricuperati da Gesù, dimostrando, per ciascuno,
una amore profondo. Scelti e mandati perché
sappiano, con umiltà e consapevolezza, parlare
della misericordia e dell'accoglienza del
Signore nel mondo.
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Eb 7, 17-26 Fratelli, a Cristo è
resa questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre secondo
l’ordine di Melchìsedek». Si ha così l’abrogazione di un
ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità –
la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha
invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla
quale noi ci avviciniamo a Dio. Inoltre ciò non avvenne senza
giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza
giuramento; costui al contrario con il giuramento di colui che
gli dice: «Il Signore ha giurato e non si pentirà: tu sei
sacerdote per sempre». Per questo Gesù è diventato garante di
un’alleanza migliore. Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti
in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo.
Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che
non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per
mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per
intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci
occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai
peccatori ed elevato sopra i cieli. Ebrei
7,17-26. Gesù è sacerdote per sempre. Questa affermazione,
che si ritrova nella "Lettera agli ebrei" fa molta impressione
poiché Gesù non discende dalla tribù di Levi, la tribù che ha
diritto e privilegio per il sacerdozio e il servizio al tempio.
E questo è un ruolo fondamentale nella religione ebraica.
L'autore della Lettera riprende il riferimento a Cristo dal
salmo 110,4, in cui si parla del sacerdozio regale del Messia.
Il sovrano d'Israele partecipa alla funzione sacerdotale, come a
suo tempo avevano fatto Davide (2 Samuele 6,13 ecc) e Salomone
(1 Re 3,15). L'autore si preoccupa di dimostrare che il
sacerdozio di Gesù è superiore al sacerdozio ebraico e mette in
confronto il re Melchisedek e il sacerdozio della tribù di Levi.
Melchìsedek, che pure è una piccola comparsa nella storia di
Abramo (Gen 14,18-20), è re e sacerdote nella Gerusalemme
pre-israelitica. "Questo Melchìsedek infatti, re di Salem,
sacerdote del Dio altissimo, andò incontro ad Abramo mentre
ritornava dall'avere sconfitto i re e lo benedisse; a lui Abramo
diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa
«re di giustizia»; poi è anche re di Salem, cioè «re di pace».
Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza
principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di
Dio, rimane sacerdote per sempre".( Eb 7,1-3). Gesù risorto,
scelto dal Padre e non sacerdote per eredità, come i leviti, è
sacerdote "per sempre" (v 17). Egli garantisce, insieme, secondo
il compito sacerdotale, le due caratteristiche fondamentali del
sacerdozio: la sua intercessione eterna in nostro favore presso
il Padre e la fedeltà di Dio verso di noi: "Egli invece, poiché
resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si
avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a
loro favore" (7,24-25). Gesù garantisce un cammino nuovo di
speranza e permette di aprire di aprire gli occhi sul nuovo
volto di Dio che è fedele e porta salvezza. La Comunità
cristiana ha ereditato questa consapevolezza per sé e per gli
altri per cui, comunque, il Signore alimenta la fiducia e la
speranza. Ogni credente è re, sacerdote e profeta dal giorno del
battesimo, segnato con gli stessi caratteri di Gesù, ma è anche
chiamato a questa forma preziosa di intercessione per un mondo
che ha bisogno di pace, di perdono e di misericordia. Essere
sacerdoti significa anche mostrare il volto di Dio e la sua
misericordia nel mondo.

Il Cenacolo |
VANGELO Gv 16, 12-22 In
quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Molte cose ho ancora da
dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà
lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non
parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose
future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo
annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che
prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Un poco e non mi vedrete più;
un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra
loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco
ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che
cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi
perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In
verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si
rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in
gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora;
ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza,
per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel
dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà
togliervi la vostra gioia». Giovanni. 16, 12-22 Gesù sta
rivelando, nella sua ultima cena, il segreto della sua vita e quindi il
segreto del Padre, ma insieme incoraggia i discepoli perché non perdano la
speranza nel prossimo smarrimento che su di loro è incombente. Non possono
capire tutto e tutto insieme poiché il significato dell'esistenza nuova, che
Gesù porta, ha bisogno di una ricerca, di un cammino, di una esperienza, di
una fedeltà che ricostruisca via via il senso delle proprie scelte e della
propria coerenza. "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete
capaci di portarne il peso" (16,12). Non si tratta di tempo scaduto.
L'essenziale è già stato detto: "Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto
conoscere a voi" (15,15) e lo Spirito Santo non aggiungerà nulla di suo:
""Non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito" (v 13).
Lo
Spirito Santo accompagnerà i discepoli per assisterli nel tempo e, quindi,
per aiutare ad intendere, a scoprire, a decifrare fatti e situazioni
difficili da innestare sul pensiero di Gesù, per interpretarli e vivere.
Allora la storia del mondo sarà la strada, su cui noi, camminando, via via,
capiremo il messaggio di Gesù. La storia, nel cammino con lo Spirito, ci
aiuterà, attraverso fatti, situazioni, rapporti nuovi, sconvolgimenti,
speranze, paci, guerre, a scoprire davvero che cosa Gesù ha voluto dirci. La
Parola e lo stile di Gesù saranno i filtri attraverso cui rileggere,
umilmente, i messaggi e la traduzione della volontà di Dio, oggi.
Gesù sta
camminando verso la croce ed essi non se ne rendono ancora conto, nonostante
i richiami e le predizioni. E così, ogni giorno, ci sono la fatica nostra e
degli altri, la nostra e altrui stanchezza, la nostra e l'altrui guerra. Il
Signore ci incoraggia perché accettiamo di interpretare, sull'esempio che
Gesù ci ha offerto, la volontà di Dio e i suoi segni nello Spirito.
È già
tutto detto, è già tutto in cammino. E se ci si rifiuta di rileggere il
nostro tempo, fatto di grazia e di peccato, come luogo di rivelazione per noi
attraverso lo Spirito, magari ricordando che: "Ai miei tempi si faceva o era
diverso", non si coglie più il dono di Gesù per la Chiesa che ci sostiene e
che però ci rimette in ricerca. "Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità"
e questo ci aiuterà, via via, a scoprire il cammino poiché compito dello
Spirito è guidare nel tempo e affrontare, di volta in volta, fatti e
situazioni, problemi e interrogativi.Si prospettano per Gesù un suo
andare ed un suo tornare, vicinissimi l'un l'altro. Direttamente c'è un
richiamo alla morte ed alla risurrezione, ma dal Vangelo scaturisce anche un
andare al Padre e un ritorno alla fine dei tempi: si delinea il cammino della
Chiesa nel tempo. Nell'attesa ci sarà afflizione, ma non sarà sterile:
sarà una sofferenza per una nascita, una preparazione alla gioia. "La vostra
afflizione si tramuterà in gioia" (v 20) e, subito dopo, aggiunge: "nessuno
vi potrà togliere la vostra gioia" (v 23). Su questa fiducia sull'opera
dello Spirito si sono particolarmente sviluppate alcune intuizioni in Papa
Giovanni XXIII mentre ha suggerito sia la ricerca dei "segni dei tempi" e
sia, in modo più vasto, il Concilio Sono state queste alcune intuizioni
che Papa Giovanni XXIII ha suggerito sia nella ricerca dei "segni dei tempi"
e sia, in modo più vasto, nel Concilio. La stessa operazione
dell'interpretazione del nostro tempo, il famoso "aggiornamento" non è tanto
una spolverata linguistica per tradurre concetti e verità teologiche nella
comprensione di oggi, ma è il rileggere la Parola di Dio nel cammino della
storia che stiamo vivendo, con umiltà, alla ricerca dello Spirito.
Dice
Mons. Capovilla, segretario di Giovanni XXIII, che quando riferiscono al
Papa, ormai sul letto di morte, i mormorii e le accuse sulla sua enciclica:
"Pacem in terris" (siamo nel 1963), rimproverandogli di aver cambiato il
Vangelo nel suo sforzo di valorizzare la pace e l'impegno contro la guerra,
anche quella cosiddetta giusta, Papa Roncalli risponde quello che potrebbe
essere il significato della sua vita e, in fondo, lo sforzo della Chiesa:
"Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo
meglio". Nelle Comunità cristiane dovremmo essere molto attenti al cammino
della storia. Senza pretendere di indirizzarla ad interessi di parte, la
accogliamo, la interpretiamo nei suoi segni che il Signore ci può indicare e
la viviamo, nel tentativo di interpretarla e orientarla verso i grandi valori
di ogni persona, soprattutto dei più deboli e più fragili. Non si tratta di
giustificare il male, ma di essere solidali con la sofferenza, incoraggiando
a camminare insieme e sostenendo quelli che, per scelte, vocazioni, lavoro
sono impegnati e faticano.
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