
Domenica dopo l'Ascensione
VII di Pasqua
29 maggio 2022
Gv 17, 1b. 20-26
Riferimenti : At 7, 48-57 - Sal 26 - Ef 1, 17-23 |
Nella casa del Signore contempleremo il suo
volto. Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?
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At 7, 48-57 In quei giorni.
Stefano disse: «L’Altissimo non abita in
costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il
profeta: “Il cielo è il mio trono e la terra
sgabello dei miei piedi. Quale casa potrete
costruirmi, dice il Signore, o quale sarà il
luogo del mio riposo? Non è forse la mia mano
che ha creato tutte queste cose?”. Testardi e
incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi
opponete sempre resistenza allo Spirito Santo.
Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale
dei profeti i vostri padri non hanno
perseguitato? Essi uccisero quelli che
preannunciavano la venuta del Giusto, del quale
voi ora siete diventati traditori e uccisori,
voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini
dati dagli angeli e non l’avete osservata».
All’udire queste cose, erano furibondi in cuor
loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma
egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo,
vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla
destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli
aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra
di Dio». Allora, gridando a gran voce, si
turarono gli orecchi e si scagliarono tutti
insieme contro di lui. Atti
degli Apostoli. 7, 48-57 Stiamo celebrando
una liturgia di attesa, carica di apertura e di
speranza, tra l'Ascensione e la Pentecoste. I
tre testi ci propongono, in modo diverso, il
progetto di una Comunità, voluta dal Padre,
amata da Gesù, costituita in un progetto che si
allarghi sul mondo e porti speranza per tutti.
Stefano, nella comunità ebraica di lingua greca
in Gerusalemme, piccola rispetto alla vasta
comunità di lingua ebraica, è una presenza
particolarmente vivace ma anche sconcertante.
"Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza,
faceva grandi prodigi e segni tra il popolo" (At
6,8). Una presenza così pubblica, carica di
segni di liberazione e di parola profetica, che
esalta Gesù, vivissimo nella memoria e da
pochissimo giustiziato, suscita rancore e
rabbia. Perciò "alcuni della sinagoga detta dei
Liberti..., sollevarono il popolo, gli anziani e
gli scribi, piombarono addosso a Stefano, lo
catturarono e lo condussero davanti al sinedrio"
(6,9-12). Luca sviluppa la difesa di Stefano,
riportando il lungo discorso che percorre la
storia di Israele, riletta alla luce di Cristo.
Rappresenta un esempio di predicazione biblica
in uso nella Chiesa delle origini,
particolarmente comprensibile da parte degli
ebrei, anche se non da tutti accettata. Nel
testo che oggi leggiamo, si pone il valore del
tempio che è diventato pericolosamente
intoccabile, pena la morte per chiunque lo
avesse svalutato. Anche il processo di Gesù è
incominciato con l'accusa sul tempio. Ma Stefano
cita il profeta Isaia (66,1-2: atti 7, 49-50) in
cui si afferma che Dio è presente ovunque, al di
là di ogni "spazio sacro". Stefano difende la
testimonianza di Gesù che è il Giusto e accusa
implacabilmente "i padri e voi, traditori ed
assassini" (v 52). Mentre i responsabili della
sinagoga stanno decidendo la morte, viene
riferita, in sintesi, la visione di Gesù ( in
piedi) alla destra di Dio che indica la pienezza
del Messia vittorioso. Stefano vede la "gloria"
di Dio, parola che si usa, insieme alla
"presenza", non potendo dire :"Ho visto Dio e
Gesù alla sua destra". Stefano, e quindi la
Comunità cristiana di cui, in questa occasione,
Stefano è il portavoce, offrono una sintesi
della fede che in Gesù converge e prende forma.
Il messaggio di Stefano rimette in discussione
pratiche e culto che, nella visione di Gesù che
muore e risorge, debbono essere ripensati,
ridimensionati, mutati. |
Ef 1, 17-23 Fratelli, il
Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi
dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda
conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di
gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che
crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo
fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni
Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e
di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma
anche in quello futuro. «Tutto infatti egli ha messo sotto i
suoi piedi» e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto
compimento di tutte le cose. Efesini 1, 17-23
Paolo saluta i destinatari della sua lettera, all'inizio,
augurando "grazia e pace"(1,1). E' il miglior augurio che si
possa fare come dono che proviene dal Padre e da Gesù: la grazia
è l'accoglienza di Dio che diventa pienezza nel cuore di ogni
persona, la pace è il corredo di ogni armonia che trasforma i
rapporti con gli uomini e le donne e il rapporto con il creato.
Poi Paolo prosegue: Dio ci ha benedetti e ci ha prescelti: "Il
Signore ci ha ricolmati di ogni sorta di benedizione spirituale
in Cristo" (3). E l'elenco delle benedizioni è lungo e prezioso.
Ci serve riprenderle, per scoprire la ricchezza di cui siamo
fatti segno anche noi, credenti come i fratelli e le sorelle di
Efeso. I. benedizione: la vocazione degli eletti alla vita
beata, già cominciata, misticamente, con l'unione dei fedeli a
Cristo glorioso (1,4). II. benedizione: il modo scelto per
questa santità: è una filiazione divina, di cui Gesù Cristo, il
Figlio unico, è la fonte e il modello (1,5; cfr. Rm 8,29). III.
benedizione: l'opera storica della redenzione per mezzo della
croce di Cristo (1,7). IV. benedizione: la rivelazione del
«mistero» (1,9; Rm 16,25). V. benedizione: l'elezione di
Israele, «eredità» di Dio, come testimone nel mondo dell'attesa
messianica (1,11). VI. benedizione: la chiamata dei pagani che
condividono la salvezza già riservata a Israele. Essi ne hanno
la certezza, ricevendo lo Spirito promesso. Il dono dello
Spirito corona l'esecuzione del piano divino e la sua
esposizione in forma trinitaria (1,13). Paolo ricorda con
affetto e ammirazione questa comunità che è ricca di fede nel
Signore Gesù e di amore verso "tutti i santi", i fratelli e le
sorelle credenti (v15). Lo riconosce. "Rendo grazie per voi".
A questo punto, Paolo vuole esplicitare il contenuto e le
motivazioni della sua gratitudine; ci introduce così nella
ricchezza della sua fede, fondamentale per una comunità che
cresce e che rende testimonianza (15-23). "Vi ricordo nelle mie
preghiere" (1,16) perché il Signore "vi dia uno spirito di
sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui".
La fede è il fondamento che penetra nel mistero del Padre e
quindi nella pienezza del Figlio.
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Gv
17, 1b. 20-2 In
quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Non prego
solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro
parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in
te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la
gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa
come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti
nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come
hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me
dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato;
poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo
non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che
tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò
conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in
loro».
Giovanni. 17, 1b. 20-26 Con la preghiera di
Gesù, Giovanni conclude il lungo itinerario di rivelazione e di parole ultime
ai discepoli ed alla Chiesa, nell'ambito dell'ultima cena, Tutti i temi
toccati tra gli amici si riuniscono, ora, nel dialogo di Gesù con il Padre,
nella tenerezza e nella pienezza che Gesù rivela. Siamo al dialogo-preghiera
al Padre: vertice della fiducia e della fedeltà che Gesù porta a Dio. Nella
preghiera (Gv17,1-26) Gesù chiede al Padre di glorificarlo (1-5), prega per i
suoi discepoli (6-19), prega per tutti coloro che accoglieranno la parola dei
suoi discepoli (20-26). Nella sua preghiera Gesù valorizza la dignità dei
discepoli in modo sconcertante. Essi sono mandati da Gesù come Gesù stesso è
inviato dal Padre (v 18). Così, attraverso la scelta di Gesù e la loro
fiducia e fedeltà, i discepoli sono al termine di una concatenazione
stupefacente che inizia dal Padre, passa per Gesù dopo l'attesa di secoli e
giunge a semplici lavoratori a cui è affidato il mistero della pienezza. E se
spaventati, si volessero sottrarre per paura delle responsabilità o per
indegnità riconosciuta, essi sanno che Gesù, per loro, ha offerto se stesso,
come garanzia, consacrandosi con una offerta che supera tutte le offerte di
tutti i tempi. Essa sale a Dio Padre come il dono più alto che può salire dal
mondo, segno di ubbidienza e di consapevolezza di totale pienezza: "Per loro
consacro me stesso" (v19). Il centro di tutta la preghiera è il Padre e
l'unità con Lui. Gesù si fa carico del presente, pur tragico e tribolato per
la fuga dei suoi, e di questa unità e pienezza, Gesù si fa carico per il
futuro. Tutti noi, credenti in Gesù "mediante la loro parola" (20), siamo
chiamati alla pienezza dell'unità e allo stesso dialogo con il Padre. Gesù
punta sull'unità con il Padre ed i fratelli. Non si dice come sia possibile o
come si possa esprimere, tuttavia Gesù assicura che restano ferme la certezza
e la pienezza di amore tra il Figlio ed il Padre. E se è saldo questo legame
profondo ed infinito, pur di fronte alle turbolenze della storia, del male,
della insofferenza e del capriccio, Gesù sente vera, insieme, la fatica e il
successo di una unità nella sua Comunità nella storia. Di fronte a questo
amore pieno i popoli potranno ritrovare la testimonianza inequivocabile della
Comunità cristiana che lentamente matura nei credenti, e quindi il
significato e la presenza di Gesù nella pienezza.
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