
III Domenica di Quaresima
20 MARZO 2022 Gv 8,
31-59
Riferimenti : Dt 6, 4a; 18, 9-22 - Sal 105 -.Rm 3, 21-26 |
Salvaci, Signore, nostro Dio. Abbiamo peccato
con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I
nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie,ìnon
si ricordarono della grandezza del tuo amore. |
Dt 6, 4a; 18, 9-22 In quei
giorni. Mosè disse: «Ascolta, Israele: Quando
sarai entrato nella terra che il Signore, tuo
Dio, sta per darti, non imparerai a commettere
gli abomini di quelle nazioni. Non si trovi in
mezzo a te chi fa passare per il fuoco il suo
figlio o la sua figlia, né chi esercita la
divinazione o il sortilegio o il presagio o la
magia, né chi faccia incantesimi, né chi
consulti i negromanti o gli indovini, né chi
interroghi i morti, perché chiunque fa queste
cose è in abominio al Signore. A causa di questi
abomini, il Signore, tuo Dio, sta per scacciare
quelle nazioni davanti a te. Tu sarai
irreprensibile verso il Signore, tuo Dio, perché
le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese,
ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma
quanto a te, non così ti ha permesso il Signore,
tuo Dio. Il Signore, tuo Dio, susciterà per te,
in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta
pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così
quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio,
sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo:
“Che io non oda più la voce del Signore, mio
Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché
non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che
hanno detto, va bene. Io susciterò loro un
profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in
bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io
gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le
parole che egli dirà in mio nome, io gliene
domanderò conto. Ma il profeta che avrà la
presunzione di dire in mio nome una cosa che io
non gli ho comandato di dire, o che parlerà in
nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”.
Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come
riconosceremo la parola che il Signore non ha
detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del
Signore e la cosa non accadrà e non si
realizzerà, quella parola non l’ha detta il
Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione.
Non devi aver paura di lui».
Deuteronomio 6,4a;18,9-22 Mosè sta preparando
l'entrata nella terra d'Israele che il Signore
ha destinato al suo popolo. Abitare una terra
significa trasformarla come una propria casa: vi
si sviluppa il lavoro, si costruiscono le
abitazioni, si pongono i segni di culto. In
particolare le scelte religiose lasciano tracce
sulla terra che abitiamo e nel cuore di
ciascuno. E poiché ci vorranno strutture e
istituzioni per reggere questo popolo e
governarlo in un cammino verso la propria
pienezza e pace, nel libro del Deuteronomio, si
apre una sezione in cui parlare di uffici e
cariche: i giudici (16,18-20;17,2-13), la
monarchia (17,14-20), i sacerdoti (18,1-8) ed i
profeti (18,9-22). Resta chiaro, comunque,
che al centro della propria fede c'è un solo
Signore. Nella terra in cui si entra il popolo
troverà tracce di altre culture e religiosità,
scoprirà comportamenti aberranti fatti in nome
di Dio per cui, in circostanze drammatiche e
pericolose, si arriva ad uccidere e a bruciare i
propri figli e figlie in sacrificio agli dei. Il
popolo d'Israele poi troverà culti magici e
forme di divinazione che sono tentativi di
mediazione contrapposti alla mediazione di Mosé
(qui si fa l'elenco più completo delle pratiche
superstiziose che sono 8: "la divinazione o il
sortilegio o il presagio o la magia, chi fa
incantesimi, chi consulta i negromanti o gli
indovini, chi interroga i morti").
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Rm 3, 21-26 Fratelli, ora,
indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di
Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio
per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che
credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato
e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati
gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che
è in Cristo Gesù. È lui che Dio ha stabilito apertamente come
strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a
manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati
passati mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la
sua giustizia nel tempo presente, così da risultare lui giusto e
rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù.
Romani 3,21-26 Si parla spesso di giustizia di Dio e Paolo ci
offre una prospettiva totalmente diversa da ciò che siamo
abituati a pensare. Noi riteniamo che giustizia sia valutare in
modo imparziale le persone ed il loro comportamento e retribuire
ciascuno secondo i loro meriti. E invece, nella Scrittura, alla
giustizia di Dio corrispondono la sua benevolenza, la sua
grazia, la sua misericordia. Dio fa giustizia quando fa
germogliare il bene, quando trasforma il peccatore in giusto.
Perciò, già al tempo di Gesù, i migliori rabbini pensano che la
giustizia e la bontà di Dio si manifestano verso coloro che non
hanno alcun tesoro di misericordia. Paolo riprende questa
intuizione, spiegando che Dio ha sviluppato la sua giustizia e
misericordia in Gesù. "Tutti hanno peccato e sono privi della
gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua
grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù"
(23-24). Poco prima Paolo ha ricordato (Rom 2,20-22) che
perfino il popolo d'Israele, che possiede la legge, non è stato
fedele alla legge. Ma il Signore ha deciso di giustificare il
suo popolo e lo fa prima di qualunque azione buona. L'intervento
di Dio si è sviluppato dando all'uomo un cuore nuovo come aveva
predetto il profeta Ezechiele "Vi darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo" (Ez 36,26-28). Paolo vede,
nella parola "redenzione", l'immagine del comperare uno schiavo
o liberare un prigioniero con il riscatto.
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Gv 8, 31-59 In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei
Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero
miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli
risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di
nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In
verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del
peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta
per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che
siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia
parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il
Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».
Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli
di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me,
un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha
fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non
siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù:
«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo;
non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non
comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia
parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre
vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità,
perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo,
perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete,
perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la
verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per
questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei:
«Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un
indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio,
ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e
giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non
vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei
indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva
la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del
nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di
essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe
nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”,
e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco,
sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola.
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide
e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora
cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità
io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre
per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Giovanni 8, 31-59 Questo testo, complesso e carico di fede e di lotte
interne tra credenti, ha al centro, continuamente, la figura di Abramo,
ricordato 8 volte e che, tuttavia, resta sullo sfondo non come il vertice
della rivelazione, ma come colui che aspetta una soluzione matura nel suo
cuore e quindi una speranza. Il testo inizia con l'affermazione di Gesù:
"Sono la luce del mondo" (8,12) e l'affermazione è fatta nel tempio, nella
Festa delle Capanne, quando particolarmente splende ovunque la luce. Gesù
non vuole partecipare alla festa delle Capanne, a Gerusalemme, come invece
vogliono i suoi parenti (7,3) che pretendono che, finalmente, si faccia
pubblicità e si mostri per quello che è. Gesù deve far esplodere, come tutti
sperano, il tempo del Messianismo. Ma Egli rifiuta di andarvi, affermando,
esplicitamente, la pericolosità dell'andare a Gerusalemme. Ma poi, in
incognito, si reca nella città santa e sale direttamente al tempio. Egli
parla pubblicamente, affrontando, come un buon maestro, i temi della
Scrittura, tra lo stupore della gente che, comunque, si meraviglia della
competenza senza che avesse frequentato dei famosi maestri. La discussione si
fa subito accesa e intervengono solo alcuni che si ritengono esperti mentre
la maggior parte delle persone ascolta. Le parole di Gesù sono subito di
fuoco. Giovanni ricorda che Gesù parla presso il "Tesoro" (8,20), il luogo
dove si raccolgono i proventi della raccolta del popolo per il tempio. Dagli
interventi precedenti e seguenti e dai giudizi, che Gesù dà del culto, si
risente la denuncia di un pesante sfruttamento delle persone, riversato nelle
casse del tempio stesso che è diventato luogo di commercio e di ricchezza,
deformazione del culto e durezza di cuore. Gesù parla, ma a
suo rischio e pericolo. Giovanni, in questi due capitoli (7/8), ricorda 6
volte il verbo "uccidere". E, d'altra parte, il momento è tragico per il
peccato della classe dirigente. Perciò, nella denuncia, Gesù chiaramente
accetta di manifestarsi come Messia e come inviato dal Padre. La predicazione
non propone "un'attesa, uno stare attenti, un preparatevi", ma diventa una
chiara e drammatica proposta: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero
miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (vv31-32).
E' pur vero che qualcuno presta attenzione a Gesù ("quelli che avevano
creduto"v 31), ma Gesù li avvia immediatamente sull'itinerario dell'essere
discepoli e nella responsabilità di accettare pienamente la sua parola. E
aggiunge: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Viene toccato
un nervo scoperto per il mondo ebraico il quale, soggetto a Roma, aspetta il
messia. Ma la liberazione - è convinto- avviene con le armi, non con
l'accettare Gesù e il suo messaggio. D'altra parte i discendenti di Abramo
hanno sangue reale (Gn 17,16: Dio dice di Sara, moglie di Abramo: «Io la
benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni, e
re di popoli nasceranno da lei». Essi non possono, per questo, diventare
schiavi.
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