
III Domenica di Avvento
Le profezie adempiute 28 novembre 2021
Lc 7, 18-28
Riferimenti : Is 45, 1-8 - Sal 125 - Rm 9, 1-5 |
Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Quando
il Signore ristabilì la sorte di Sio ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di
gioia. |
Is 45, 1-8 Dice il Signore del
suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per
aprire davanti a lui i battenti delle porte e
nessun portone rimarrà chiuso. Io marcerò
davanti a te; spianerò le asperità del terreno,
spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe
di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e
ricchezze ben celate, perché tu sappia che io
sono il Signore, Dio d’Israele, che ti chiamo
per nome. Per amore di Giacobbe, mio servo, e
d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per
nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi
conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun
altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò
pronto all’azione, anche se tu non mi conosci,
perché sappiano dall’oriente e dall’occidente
che non c’è nulla fuori di me. Io sono il
Signore, non ce n’è altri. Io formo la luce e
creo le tenebre, faccio il bene e provoco la
sciagura; io, il Signore, compio tutto questo.
Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano
piovere la giustizia; si apra la terra e produca
la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io,
il Signore, ho creato tutto questo».
Isaia:45, 1-8 Gli ebrei si trovano a
Babilonia, deportati dopo la sconfitta e la
distruzione di Gerusalemme. Sorge un profeta
anonimo per noi, ma conosciutissimo ed ascoltato
presso gli esuli che ricordano con nostalgia la
città di Dio, Gerusalemme, abbandonata e
distrutta (siamo nel sec VI a.C.).. Questo
profeta anonimo (che si usa chiamare Secondo
Isaia, ma i cui vaticini sono inseriti
nell'unico libro di Isaia) rivela ciò che Dio ha
riservato per il futuro dei suoi fedeli. Essi
ritorneranno, se lo vorranno, poiché un nuovo
re, Ciro, re dei persiani, nelle sue campagne
militari vittoriose, sta conquistando e
sottomettendo i regni dell'Asia Minore e
dell'Oriente. Si dirige verso Babilonia, la
conquista senza incontrare resistenza, libera i
popoli sottomessi e proclama, con un editto a
tutti i deportati, che possono tornare nelle
loro terre se lo desiderano. Di fatto non tutti
gli ebrei ritorneranno, ma molti si fermano a
Babilonia e addirittura vi si istituisce una
scuola ebraica famosa nei secoli futuri. Ciro
si presenta come salvatore degli oppressi e
difensore dei deboli. Se la storia racconta
queste vicende, l'autore biblico tenta di
aiutare ad interpretare i fatti avvenuti,
svelando che questo re è un eletto dal Signore,
Dio di'Israele, mandato da lui anche se il re
non lo sa e non conosce il Dio degli ebrei e
quindi attribuisce la sua vittoria al suo Dio e
alla sua buona sorte. "Io l'ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re (per
disarmarli), per aprire davanti a lui i battenti
delle porte e nessun portone rimarrà chiuso"
(45,1). L'avere unito insieme il Dio creatore
e il Dio che conduce la storia aiuta a capire
che "Io sono il Signore e non ce ne alcun altro;
fuori di me non c'è Dio; ti renderò pronto
all'azione, anche se tu non mi conosci" (v5).
"Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il
bene e provoco la sciagura" (v7). In questo
versetto vengono rilette la natura e la storia,
le tenebre e la sciagura (che pure fanno parte
della vita e sono il suo lato oscuro). Ma in
tutto questo si intravvede l'apertura della
speranza perché Dio è presente: forma la luce e
fa il bene. |
Rm 9, 1-5 Fratelli, dico la
verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà
testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore
e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso
anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei
consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno
l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il
culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro
proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa,
Dio benedetto nei secoli. Amen. Romani 9, 1-5
Il cap 8 è un grande canto di amore e di meraviglia per quanto
il Signore ha fatto, ha offerto e sta facendo maturare nella
vita di ogni credente. E tuttavia Paolo si sente sconcertato
proprio dalla lontananza, nell'insieme, del suo popolo dalla
fede nel Signore Gesù. Questa lettera è scritta a circa 30
anni dalla morte e risurrezione di Gesù e ormai si è profilato
con certezza l'atteggiamento complessivo del popolo d'Israele,
anche se molti hanno aderito alla fede in Cristo. Il dramma
sempre acuto di Paolo fa riferimento al cammino del suo popolo.
E lo sconcerto aumenta quando Paolo confronta l'entusiasmo di
alcuni pagani che accolgono il messaggio di Gesù e
parallelamente deve verificare un distacco ormai incolmabile dai
suoi. Egli dice che accetterebbe persino di diventare un
maledetto ("anatema") se questo potesse servire a qualcosa. E'
la stessa sofferenza che visse Mosè di fronte al tradimento del
suo popolo, che aveva costruito nel deserto un vitello d'oro, e
addirittura alla stanchezza di Dio che voleva cancellare tutti
per ricominciare con Mosé, l'ultimo fedele rimasto, un popolo
nuovo. Così Paolo ripensa alla preghiera che Mosè aveva fatto a
Dio: "Ora tu perdona il loro peccato, se no, cancellami dal tuo
libro che hai scritto" (Es 32,32). Ma dopo Mosè l'esperienza
della fedeltà di Dio si è manifestata in modo impensabile e
quindi Paolo continua a ricordare i doni che Dio non ritrae,
sempre presenti, garantiti rispetto ai popoli pagani. La
sofferenza di Paolo è quella di un figlio, non di un nemico,
come spesso è risultato nel rapporto con il popolo degli ebrei.
Paolo non maledice nessuno, resta sconcertato del mistero
d'Israele e ricorda i segni della predilezione del Signore. Essi
sono Israeliti: gli autentici discendenti di Giacobbe-Israele
(Gen 32,29). Da questo privilegio scaturiscono tutti gli altri:
l'adozione filiale (Es 4,22; cf.Dt 7,6); la gloria di Dio (Es
24,16) che dimora in mezzo al popolo (Es 25,8; Dt 4,7; cf.Gv
1,14); le alleanze con Abramo (Gen 15,1;15,17;17,1),
Giacobbe-Israele (Gen 32,29), Mosè (Es 24,7-8); il culto reso al
solo vero Dio; la Legge espressione della sua volontà; le
promesse messianiche (2Sam 7,1) e, da ultimo, ma è il dono più
grande, l'appartenenza alla stirpe di "Cristo secondo la carne,
egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli" (9,5).
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Lc 7, 18-28 In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di
tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al
Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da
te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un
altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da
infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro
questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i
ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono
purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la
buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di
Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna
sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito
con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel
lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un
profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta
scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli
preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più
grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
Luca 7, 18-28 In questo testo Luca vuol
aiutarci a capire quanto fosse diversa l'attesa del Messia e quindi
l'interpretazione della sua venuta nel popolo d'Israele: e questo non solo
tra le persone semplici e analfabete ma anche tra le persone dotte ed esperte
della legge e perfino nelle persone più vicine e più coerenti quale Giovanni
Battista. Luca introduce in un contesto particolare l'interrogativo
drammatico di Giovanni Battista sul messianismo di Gesù. Nel cap 6 ha riletto
le "beatitudini" di Gesù, riducendole da 9 (secondo la versione di Matteo) a
4, ma confrontandole con i "guai" corrispondenti: 4 "beatitudini" e 4 "guai"
(6,20-26). Poi fa seguire alcune raccomandazioni sapienziali sull'amore e sul
comportamento coerente.(6, 27-38). Infine Luca conclude, come Matteo, il
lungo discorso delle beatitudini, con l'immagine della casa sulla roccia,
garanzia di radicamento in Gesù (Lc 46-49; Mt 7,21-27). All'insegnamento di
Gesù Luca aggiunge due miracoli: la guarigione del servo di un centurione
(7,1-10 dono ad un pagano del servo ristabilito) e la risurrezione del figlio
della vedova di Nain (7,11-17 dono ad una vedova del figlio ritornato in
vita). In tal modo Luca ricorda che i poteri di Gesù si allargano su
orizzonti immensi con gesti ritenuti finora impossibili: accettare un pagano
e risuscitare un morto. Ora che ha preparato il campo, raccontando, in
sintesi, ciò che Gesù ha detto ed ha fatto, Luca sente di poter parlare di
Giovanni, del suo ruolo indispensabile, ma anche delle sue difficoltà ad
accettare il messaggio di Gesù, poiché è assolutamente inimmaginabile
rispetto alle sue attese. Il Messia, si pensa, deve essere un giustiziere e
un regolatore di libertà, un personaggio che rimette in valore il giusto,
l'Alleanza che è garanzia di un popolo scelto e quindi unico e privilegiato.
Giovanni il Battista ha creduto che bisogna meritarsi questa presenza,
riconoscendo il male, chiedendo perdono e facendo penitenza. Sa di aver fatto
tutto il possibile, perciò aspetta, ma è anche impaziente. Crede che il primo
gesto del Messia sarà la sua liberazione. In prigione deve essere stato
trattato con rispetto (poiché può ricevere visite e si intrattiene con i suoi
discepoli). Vuole, però, vedere il cambiamento, perché proprio per questo si
è giocato tutto. Gesù risponde in modo indiretto. E' molto chiaro e invita
a riferire "ciò che avete visto e udito" (22). Gesù anticipa il vedere
all'udire. Bisogna "prima vedere", e saper vedere la novità, la vita nuova,
la liberazione che le parole del profeta hanno solo annunciato. "Poi il ciò
che è stato udito" diventa testimonianza, significato, messaggio garantito
dalla liberazione avvenuta per la parola: pronunciata e percepita. La
missione di Gesù è altro da ciò che si aspettano, e fa prendere coscienza di
6 nuove realtà: "i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è
annunciata la buona notizia" (7,22). Le guarigioni richiamano Isaia, i
lebbrosi fanno ricordare Naaman il Siro, guarito da Eliseo (2 Re 5), la
risurrezione dei morti ci riporta ad Elia (1Re 17,21-23; 2Re,4,34). Non ci
troviamo davanti a gesti di potenza ma di fronte al nuovo Regno che viene
annunciato ai poveri come "lieta (ma anche nuova) notizia" e liberazione.
Giovanni annuncia un tempo che elimina i peccatori, Gesù annuncia un Regno di
misericordia e di consolazione che li accoglie. Perciò è il tempo della
pazienza, dell'operosità gratuita, della libertà dove Dio non interviene a
castigare poiché egli ama i suoi figli e non vuol fare loro nulla di male.
«E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» E' un avvertimento
che fa a tutti, mentre è fiducioso di Giovanni poiché è coerente con la
Parola e la Volontà di Dio. Ma tutto questo richiede che bisogna rivedere la
propria cultura, attese, la stessa nostra idea di Dio. Gesù pone 6 domande
retoriche e tre affermazioni: Giovanni non è volubile, non è opportunista,
non è corrotto. E' il vero credente che non abbandona, lotta, ma
continuamente si pone delle domande, anche su Dio, che si presenta a noi
nella sua Parola, nei pensieri, nelle attese, nei fatti, nei segni. A noi il
Signore chiede ancora di vedere e di udire. Il nostro esame di coscienza
ci riporta a capire che, nel nostro tempo, ci siamo abituati a leggere la
Parola di Gesù, ma poco a comprenderla; e non ci misuriamo insieme. Non ci
sembra che la proposta cristiana, per noi, sia troppo logica, troppo chiara,
troppo normale, troppo tranquilla, troppo scontata? Allora, probabilmente,
non è quella vera. I tempi e lo stile del Regno sono enormemente nuovi e
diversi: aprono ad un mondo assolutamente inaspettato. Dovrebbero
disorientare tutti nel tempo, anche noi, come allora. Quali sono i grandi
problemi che ci fanno pensare, discutere, cambiare? La guerra, la giustizia,
il lavoro, per tutti o non piuttosto il prestigio, il posto, il reddito alto,
lo sfuggire alla solidarietà, l'interesse di parte, il moderatismo per
sistemare i propri problemi, la gelosia, l'apparire? Non ci sembra di essere
troppo vaccinati dallo scandalo di Gesù?
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