
Dedicazione del Duomo di Milano
16 ottobre 2022 Lc
6, 43-48 Riferiementi
: Is 60, 11-211 - Sal 117 - Eb 13, 15-17.20-21 |
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per
sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la casa
di Aronne: «Il suo amore è per sempre». Dicano quelli che temono
il Signore: «Il suo amore è per sempre». |
Is 60, 11-21 Così dice il Signore
Dio: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si
chiuderanno né di giorno né di notte, per
lasciare entrare in te la ricchezza delle genti
e i loro re che faranno da guida. Perché la
nazione e il regno che non vorranno servirti
periranno, e le nazioni saranno tutte
sterminate. La gloria del Libano verrà a te, con
cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo
del mio santuario, per glorificare il luogo dove
poggio i miei piedi. Verranno a te in
atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori;
ti si getteranno proni alle piante dei piedi
quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno “Città
del Signore”, “Sion del Santo d’Israele”. Dopo
essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno
passasse da te, io farò di te l’orgoglio dei
secoli, la gioia di tutte le generazioni. Tu
succhierai il latte delle genti, succhierai le
ricchezze dei re. Saprai che io sono il Signore,
il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente
di Giacobbe. Farò venire oro anziché bronzo,
farò venire argento anziché ferro, bronzo
anziché legno, ferro anziché pietre. Costituirò
tuo sovrano la pace, tuo governatore la
giustizia. Non si sentirà più parlare di
prepotenza nella tua terra, di devastazione e di
distruzione entro i tuoi confini. Tu chiamerai
salvezza le tue mura e gloria le tue porte. Il
sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti
illuminerà più lo splendore della luna. Ma il
Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà
il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più
né la tua luna si dileguerà, perché il Signore
sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni
del tuo lutto. Il tuo popolo sarà tutto di
giusti, per sempre avranno in eredità la terra,
germogli delle piantagioni del Signore, lavoro
delle sue mani per mostrare la sua gloria».
Isaia 60, 11-21 Stiamo leggendo un
testo di Isaia tratto dai suoi ultimi dieci
capitoli (cc 56-66), in cui sono descritti il
ritorno del popolo liberato e la ricostituzione
di Gerusalemme dopo l'esilio di Babilonia
(587-538 a.C.). È attribuito ad uno o più
profeti che gli studiosi chiamano Terzo Isaia,
vissuto durante la ricostruzione del Tempio di
Gerusalemme e negli anni successivi (dal 520
a.C. in poi). Tutto il capitolo 60 è un canto di
speranza per Gerusalemme ed un canto di grande
speranza. Inizia con: "Alzati, Gerusalemme,
rivestiti di luce perché viene la tua luce..."
(v. 1). Nel tempio ricostruito affluiscono le
ricchezze. La pace regna nella città e la gloria
di Dio si irradia nel benessere. Gerusalemme
diventa un riferimento fondamentale di speranza
non solo per il popolo, ma anche per tutto
l'universo. Gli elementi culturali
propri di una realtà povera, e spesso sconfitta,
si giocano sulla sicurezza (le porte spalancate,
l'abbondanza del commercio esprimono finalmente
il superamento della povertà e della fame;
l'abbondanza del legname (v 13) ci riporta alla
bellezza e all'abbondanza del tempo di Salomone
che, prima, aveva utilizzato il legno delle
foreste del Libano per il tempio ed ora lo
stesso legname può essere utilizzato per la
città.I popoli oppressori si prostreranno al
Santo di Gerusalemme e la città acquisterà tale
splendore da diventare "l'orgoglio dei secoli,
la gioia di tutte le generazioni" (v 15). Le
importazioni abbondano in metalli preziosi,
utili per le costruzioni e per lo sfarzo: oro,
argento, bronzo e ferro. Gerusalemme è sorretta,
allora, da due valori essenziali: la pace
(identificata nel suo benessere totale) e la
giustizia, il segno pieno della salvezza di Dio.
I versetti dal 10 al 18 richiamano e inglobano
questa immagine di sicurezza nelle mura
ricostruite che Dio protegge.
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Eb 13, 15-17.20-21 Fratelli, per
mezzo di Gesù offriamo a Dio continuamente un sacrificio di
lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non
dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni,
perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai
vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di
voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e
non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio
della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle
pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore
nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate
compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito
per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei
secoli. Amen. Ebrei. 13, 15-17. 20-21 Siamo
alla conclusione della "Lettera agli ebrei" per cui vengono dati
suggerimenti etici di comportamento adatti a credenti in Gesù
che fanno parte dell'unica Chiesa. Con alcune allusioni alla
festa ebraica della "celebrazione della espiazione" (ebrei 9,7;
Levitico 16) si ricorda ciò che il sommo sacerdote compiva,
quando bruciava fuori dall'accampamento il corpo degli animali
sacrificati. "Anche Gesù per santificare il popolo con il
proprio sangue, patì fuori dalla porta della città"(v 12).
"Usciamo dunque verso di Lui..." (v 13) sviluppando in questo
nuovo contesto, fuori dall'antico tempio, liturgie,
comportamenti e scelte di vita che ci permettono in Gesù (nuovo
tempio, nuovo sacerdote e nuova offerta) di costituire un popolo
nuovo. - Perciò noi svolgiamo "un sacrificio di lode, cioè il
frutto di labbra che confessano il suo nome" (v 15); - A tale
offerta di lode, però, va aggiunto il dono della carità (v 16).
- Nel rapporto tra fratelli va sviluppata una profonda docilità
e obbedienza ai "capi" perché possono vegliare con gioia,
sviluppando il proprio impegno. Gli ultimi due versetti
(20-21) sintetizzano le linee teologiche della "Lettera agli
ebrei". Il Dio della pace ha preparato un'alleanza eterna
attraverso la risurrezione di Gesù, riconoscendo nel sangue
dell'amore versato, un'alleanza eterna. Per noi che crediamo in
Gesù quest'alleanza è impressa nei cuori. Il nostro cammino
opera i gesti della pace e della volontà di Dio mediante Gesù e
la sua somiglianza. Vi si può leggere qui la conclusione
liturgica del discorso-omelia che è stato fatto in questi
capitoli.
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Lc
6, 43-48 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è
albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo
che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto:
non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo
buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal
suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che
dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate
quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in
pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una
casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta
la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era
costruita bene».
Il testo di Luca fa parte
della testimonianza che l'evangelista offre nella sua redazione delle
beatitudini, a somiglianza di Matteo. Egli, tuttavia, porta alcune differenze
e angolazioni proprie delle esigenze che l'evangelista, nell'insegnare la
linea di Gesù ai suoi interlocutori credenti, intravede.
Il testo andrebbe ripreso dal versetto 39: "Può forse un cieco guidare
un altro cieco?". Luca offre questo proverbio ai discepoli perché ci si
misuri e si diventi maestri sapienti, mentre Matteo rivolge questo stesso
richiamo ai farisei (15,14). Perciò il quadro che
viene fatto qui sui falsi maestri corrisponde alla volontà di maturazione che
ogni discepolo deve sviluppare. I difetti, infatti, che verifichiamo da
credenti, dice Luca, nella nostra comunità ci fanno scoprire ciechi alla
misericordia (v 39), pretenziosi (v 40), giudici severi verso gli altri e
benevoli verso se stessi (v 41) non coscienti di essere bisognosi di perdono
(v 42). Così ci viene posto il problema di un esame di coscienza da fare su
noi stessi. Siamo, cioè, in pericolo di offrire frutti
guasti se non scopriamo con sincerità e verità ciò che siamo e non scopriamo
il bisogno di misericordia che il Signore è capace di dare. Come discepoli,
lo scopriamo per noi e anche per gli altri. In tal modo dal nostro cuore
sorge il bene, anzi sovrabbonda, capace di sostenere e aiutare a trovare
misericordia e novità e a suggerire la strada della sapienza. Così il
principio della bontà non sta nelle cose, ma sta nel cuore. Se il nostro
cuore è aperto alla conoscenza e alla misericordia di Dio cambierà via via
noi e aiuterà a cambiare gli altri. Se invece il nostro cuore si rinchiude
nel male e gode del male, esprimerà frutti malvagi, che rovinano e portano
alla morte anche coloro che vivono con noi. Nel Regno
non si entra solo per ascoltare e conoscere, ma per operare. È il significato
che Gesù vuole dare a quel "venire dietro a me". In fondo Gesù ci chiede una
pienezza di riferimento verso di lui: egli chiede che si vada a lui, che lo
si ascolti e che si operi nella linea da lui insegnata; c'è una totalità di
presenza che attraversa tutta la dimensione fisica e spirituale della
persona: venire, vedere, capire, operare (occhi, orecchi, cuore, piedi,
mani). Ci si rivolge al Signore, quando ci si è posti nella condizione di
raccoglierlo pienamente.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |