 II Domenica dopo la Dedicazione
30 ottobre 2022
Matteo 22,
1-14
Riferimenti :
Is 25, 6-10a - Sal 35 - Rm 4, 18-25 |
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Signore, il
tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la
tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio
come l’abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. |
Is 25, 6-10a In quei giorni. Isaia disse:
«Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i
popoli, su questo monte, un banchetto di grasse
vivande, un banchetto di vini eccellenti, di
cibi succulenti, di vini raffinati. Egli
strapperà su questo monte il velo che copriva la
faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su
tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni
volto, l’ignominia del suo popolo farà
scomparire da tutta la terra, poiché il Signore
ha parlato. E si dirà in quel giorno: “Ecco il
nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci
salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo
sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua
salvezza, poiché la mano del Signore si poserà
su questo monte”». Is 25,6-10a Isaia sogna
la conclusione del tempo della fatica, della
guerra e della fame. Le attese sono solamente
della potenza di Dio che finalmente mette fine
al tempo e conclude con un raduno di pace e con
un banchetto che sancisce il patto di armonia
che finalmente è esploso sul monte del Signore,
a Gerusalemme. Questo mondo è compromesso nella
violenza e nell'odio e la pace non è duratura se
non nasce dalla forza di Dio. E Dio, finalmente,
mette mano a questo mondo drammatico e
disperante. Eppure quanta sofferenza ci crea
questo sogno di pace a Gerusalemme per tutti i
popoli e lo stato di guerra e di paura per tutti
a Gerusalemme. Dio viene e si incarica di
imbandire, lui stesso, un banchetto per tutti i
popoli, segnati dalla tristezza e dalla
rassegnazione. Su questo monte sono state
convogliati i popoli e le nazioni della terra:
tutti coperti a lutto perché la condizione del
vivere quotidiano è data dalla violenza e dalla
paura. Finalmente il Signore viene tra noi,
non manda a dire, non esige obbedienza in un
mondo in sfacelo, ma ci chiama ad un banchetto
per tutti, dove il menù è il migliore del mondo.
Ma anche il clima va costruito e sciolto dai
nodi e dalle interferenze. Si favoleggia persino
sul menu e i rabbini, ripensando alla potenza di
Dio che ha ucciso un mostro marino, chiamato
Leviatan, dato quindi come "carne per il popolo
che abita nel deserto" (salmo 74,14), hanno
concluso che la vivanda principale dei giusti
dovesse essere la carne di questo mitico pesce.
Perciò, in Israele, ancora oggi, alla cena del
venerdì sera, quando inizia il sabato, si è
soliti mangiare pesce per richiamare a tutti gli
uomini pii il banchetto celeste che li attende.
E' come se si ipotizzasse un cielo nuovo e una
nuova terra con uno splendore che si richiama
all'inizio del mondo. Tutti i popoli sono
salvati perché uniti con Dio, radunati sul monte
Sion, come il popolo d'Israele attorno a Mosè al
monte Sinai: qui c'è un'alleanza che viene
confermata da un banchetto sacro (Es 24,9-11). E
sul monte Sion (a Gerusalemme) viene
profetizzato questo enorme banchetto.
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Rm 4, 18-25 Fratelli, Abramo credette, saldo
nella speranza contro ogni speranza, e così divenne «padre di
molti popoli», come gli era stato detto: «Così sarà la tua
discendenza». Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come
morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il
seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per
incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio,
pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche
capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato
come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che «gli
fu accreditato», ma anche per noi, ai quali deve essere
accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai
morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla
morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la
nostra giustificazione. Rm 4,18-25 Paolo vuole illustrare
la forza della liberazione della fede e propone la figura di
Abramo con il riferimento preciso ad un versetto della storia di
Abramo: (Gen 5,6) "Abramo ebbe fede e ciò gli fu accreditato a
giustizia". Paolo vuol chiarire che la giustificazione di Abramo
non è legata alle opere giuste del Patriarca né alla sua
appartenenza al popolo scelto perché non c'è ancora la
circoncisione nella vita di Abramo, circonciso più avanti (Gen
17,9-14). Abramo diventa il modello possibile a tutti, ebrei e
pagani. Nella sua fede l'impossibile diventa promessa da
accogliere e da custodire. Così Abramo e Sara saranno il grembo
della nuova umanità quando è loro impossibile avere figli, vista
la tarda età di 100 anni di Abramo e i 90 anni di Sara. La
conclusione del brano ci propone un testo in un'antica
professione di fede, modellata sul canto del "servo di Jhwh" (Is
53). Anche a noi, che viviamo nella esperienza della morte,
viene annunciato il futuro come garanzia di vita a somiglianza
di Gesù e per Gesù che ci riscatta per la sua croce. Egli è
stato consegnato nella impotenza e nella fragilità totale per un
supplizio impostogli dalla sua lontananza e dalla sua blasfema
pretesa di essere vicino a Dio e Dio lui stesso. La coscienza
del credente deve portare, davanti alle situazioni difficili
della violenza e del male, l'impegno di credere in una
circolazione di beni e di fedeltà che nasce da Dio e si
distribuisce, giorno per giorno, nel cuore di ciascuno. Il
credere, in questa ricchezza in noi e negli altri, ci deve
portare ad osare nella speranza, ci deve far maturare per
operare e quindi credere a che la speranza di Dio si compia ogni
giorno nel cuore di ciascuno. Le tante paure esistenti, le tante
diffidenze, le tante ritrosie della solidarietà possono venire
abbattute dalla coscienza della presenza di Dio che è amore e,
quindi, è più grande di qualunque paura, di qualunque diffidenza
e di qualunque egoismo.
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Mt 22, 1-14 In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a
parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che
fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare
gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri
servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio
pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è
pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al
proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li
insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece
uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai
suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli
alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che
trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il
re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava
l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito
nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e
piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Matteo 22, 1-14 Lo sfondo
culturale fa riferimento alla immaginazione ed alla creatività del popolo
d'Israele che fantastica sul "Giardino dell'Eden" in cui si svolgerà il
grande banchetto della pace e della pienezza, ripensato spesso come
conclusione della storia: Ne è esempio la prima lettura (Is 25,6-10). Dio
preparerà un banchetto sontuoso e si siederà a tavola con gli ospiti che
verranno da tutti i popoli della terra. Essi lo riconosceranno e ci saranno
danze e profumi di piante aromatiche del "giardino di Eden", diffusi dai
venti del nord e del mezzogiorno che diffonderanno fragranze, e ci sarà gioia
piena. Gesù riprende queste immagini e riporta il banchetto messianico
nella storia, nel tempo della vita del suo popolo e racconta, con una serie
di parabole, il dramma che Israele sta vivendo: il popolo di Dio ormai ha
l'obbligo della scelta che non può rimandare oltre. Nei capitoli 21-22, Gesù,
dice Matteo, racconta tre parabole che sembrano riferirsi a tre successivi
momenti della storia della salvezza, contrassegnati da un rifiuto: - la
parabola dei due figli (si riferisce all'accoglienza di Giovanni Battista:
21, 28-32), - la parabola dei vignaiuoli ribelli (si riferisce a
coloro che hanno ucciso i profeti e che uccideranno Gesù: 21,33-44), -
la parabola del convito, che leggiamo oggi; (si riferisce alla predicazione
apostolica che riesce a farsi accettare dai piccoli e dai poveri e non dagli
amici del re: 22,1-14). Quest'ultima parabola è disseminata di tratti
allegorici come la precedente, e comporta la stessa lezione: il re è Dio che
vuole mantenere la sua promessa di accoglienza e quindi invita al banchetto
di nozze del figlio che è il Messia. L'invito è la promessa mantenuta al suo
popolo per garantire la sua felicità. I servi sono i profeti e gli apostoli;
gli invitati, che li trascurano o li oltraggiano, sono i Giudei a cui non
interessa l'invito poiché hanno altro di più importante. Ma per alcuni è
addirittura un invito irritante, tanto che arrivano a maltrattare e ad
uccidere i messaggeri. Il re non vuole abbandonare l'invito poiché è
preziosissimo ed è un regalo fondamentale per tutti, nonostante il disprezzo
di molti suoi amici. La loro risposta violenta apre una voragine nel tempo e
nella vita. L'incendio della città è la rovina di Gerusalemme, a cui i
lettori della Comunità di Matteo, facilmente, possono fare riferimento poiché
il Vangelo di Matteo è scritto o completato dopo l'anno 70 d.C. e la
distruzione è una tragedia terribile contemporanea a quella data. Ma i
primi chiamati non sono gli unici. Sono coloro su cui il Signore si è
impegnato. Ma il cuore di Dio è orientato verso tutti gli uomini e le donne
poiché il Signore li ha creati per la loro bellezza, immagini dello splendore
di Dio. I chiamati anonimi, cercati nella strada, sono tutti e, curiosamente,
la globalità è data da quel "cattivi e buoni", per indicare che non ci sono
selezioni: sono tutti i peccatori e tutti i pagani. E tuttavia la parabola
non vuole solo spiegare il dramma di un popolo che ha visto crollare la
propria grandezza e consistenza. E' un appello a tutti gli uomini perché si
rendano conto che il tempo presente è decisivo. Non basta essere entrati
nella sala del banchetto, ma è stabilito un giudizio personale di verifica. A
partire dal v11, la scena cambia e ci troviamo di fronte ad un giudizio
ultimo. Sembra che Matteo abbia messo insieme due parabole, una analoga a
quella di Lc 14,16-24, e l'altra è questa, la cui conclusione si trova nei vv
11s. "Tutti sono chiamati ma non tutti eletti". Essere entrati nella sala del
banchetto, essere stati chiamati non è una garanzia poiché tutti debbono
essere in ordine, convertiti, vigilanti. La veste nuziale corrisponde alla
dignità della persona. L'apostolo Giovanni, nell'Apocalisse (19,8), dice che
la veste nuziale di lino della sposa di Gesù sposo (la comunità cristiana)
"sono le opere giuste dei santi". Perciò la veste nuziale è tessuta dalle
opere della giustizia che devono accompagnare la fede
(cf.3,8;5,20;7,21s;13,47s;21,28s)..
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |