 VI Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
9
ottobre 2022
Matteo 10, 40-42
Riferimenti §:
1Re 17, 6-16 -
Sal 4 - Eb 13, 1-8 |
Chi spera nel Signore, non resta deluso. Quando
t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell’angoscia
mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera.
Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il
Signore mi ascolta quando lo invoco.
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1Re 17, 6-16 In quei giorni. I corvi portavano ad Elia
pane e carne al mattino, e pane e carne alla
sera; egli beveva dal torrente. Dopo alcuni
giorni il torrente si seccò, perché non era
piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola
del Signore: «Àlzati, va’ a Sarepta di Sidone;
ecco, io là ho dato ordine a una vedova di
sostenerti». Egli si alzò e andò a Sarepta.
Arrivato alla porta della città, ecco una vedova
che raccoglieva legna. La chiamò e le disse:
«Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io
possa bere». Mentre quella andava a prenderla,
le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo
di pane». Quella rispose: «Per la vita del
Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo
un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio
nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna,
dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio:
la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse:
«Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima
però prepara una piccola focaccia per me e
portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo
figlio, poiché così dice il Signore, Dio
d’Israele: “La farina della giara non si
esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino
al giorno in cui il Signore manderà la pioggia
sulla faccia della terra”». Quella andò e fece
come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e
la casa di lei per diversi giorni. La farina
della giara non venne meno e l’orcio dell’olio
non diminuì, secondo la parola che il Signore
aveva pronunciato per mezzo di Elia. primo
libro dei Re 17, 6-16 Elia sta fuggendo
perché il re Acab e la regina Gezabele lo
cercano per metterlo a morte. Il Signore stesso
gli indica posti di rifugio dove esistono una
larga vegetazione, caverne ben nascoste, un
torrente per l'acqua e un provvidenziale, strano
e inconsueto andirivieni di corvi che
garantiscono il profeta nel suo sostentamento:
pane e carne al mattino e alla sera. Si rifà
all'alimentazione del popolo d'Israele nel
deserto, nel tempo della liberazione, ricordata
nel libro dell'Esodo (16,8.12). Elia si è
spostato in una zona pagana, la terra di origine
della regina Gezabele. Se da lei può venire la
rovina, attraverso un'altra donna, questa volta
vedova e povera, viene la sopravvivenza. Zarepta
è a circa 15 km a sud di Sidone, sulla costa
Fenicia. Nelle società antiche la
vedovanza era segno di povertà e di marginalità.
Eppure il Signore sceglie una donna vedova
perché diventi sostegno al suo profeta, pur
costretta ad una vita di stenti, in tempo di
carestia e di siccità. Nel salmo 146,9 si dice
"Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene
l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli
empi". La vedova, riconosciuta subito
dall'abito di lutto, si presta all'ospitalità,
senza problemi per l'acqua, con perplessità sul
cibo. Anche nella zona della Fenicia la siccità
fa mancare il cibo. La donna non è
necessariamente una ebrea, ma deve aver
riconosciuto il profeta per il vestito che porta
e quindi, intervenendo, richiama il nome del Dio
dello straniero stesso. Elia rassicura a nome di
Dio il dono, chiedendo perciò, insieme, un gesto
di carità in un atteggiamento di fede. Poiché la
vedova acconsente, il miracolo si compie (viene
riferito con gli stessi verbi del v. 16, usati
nella profezia al v 14).
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Eb 13, 1-8 Fratelli, l’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate
l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto
degli angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro
compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché
anche voi avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti
e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli
adùlteri saranno giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza
avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso
ha detto: «Non ti lascerò e non ti abbandonerò». Così possiamo
dire con fiducia: «Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura.
Che cosa può farmi l’uomo?». Ricordatevi dei vostri capi, i
quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando
attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede.
Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre! Ebrei:13,
1-8 Siamo giunti, con questo testo, alla conclusione
della "lettera agli ebrei": il capitolo 13º. Ci vengono così
proposti alcuni suggerimenti concreti per regolare il rapporto
all'interno della Comunità cristiana. Una comunità che ha
sperimentato, nella propria riflessione e nella propria
esperienza, l'amore di Gesù che salva è portata a vivere, in
modo più vero e più profondo, la somiglianza di Gesù. Prima di
tutto, perciò, l'amore fraterno non deve essere frutto di una
emozione, ma di scelte e decisioni che lo rendono saldo, allo
stesso modo di come lo ha vissuto Gesù. A questo punto vengono
fatte alcune esemplificazioni. Si inizia dall'ospitalità,
richiamando probabilmente due brani della Scrittura: i tre
viandanti ospitati da Abramo (Gen 18,3) e il compagno di Tobia,
l'arcangelo Raffaele (Tobia 5,4 ss) che si mostrerà, poi
risolutore di molti drammi e di molti incidenti familiari. L'ospitalità, suggerisce l'autore, in questi momenti, è
ancora più segno prezioso di misericordia perché si intravedono
i tempi della persecuzione e vengono richiamate anche la visita
dei carcerati e l'attenzione ai loro bisogni. Si richiede quindi
una partecipazione profonda alle sofferenze di questi
fratelli come se fossero inflitte al proprio corpo.
L'attenzione alla fedeltà e alla castità del matrimonio mette in
equilibrio una morale familiare che nel mondo pagano viene
ignorata perché esiste troppa libertà di relazione e, per
contro, in alcune sette religiose il matrimonio stesso e i
rapporti tra coniuge vengono rifiutati perché indegni di
credenti. L'autore biblico ricorda perciò il rifiuto
dell'adulterio e valorizza il rapporto di amore fedele di una
famiglia. Sono poi ricordati sentimenti di generosità, il
coraggio della gratuità, il riconoscimento della Provvidenza di
Dio nella vita di ciascuno. Come credenti è necessario mantenere
salda la fiducia: il Signore sostiene anche nei momenti della
indigenza e non abbandona nelle difficoltà.
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VANGELO Mt 10, 40-42 In
quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi
accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché
è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché
è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un
solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo,
in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Matteo 10, 40-42 Il capitolo 10 di Matteo propone il secondo dei
cinque grandi discorsi di Gesù ai discepoli. Se dopo l'annuncio delle
beatitudini e quindi il suggerimento dell'orizzonte nuovo che si apre ai
discepoli che seguono Gesù, attenti ai nuovi criteri di vita perché siano poi
vissuti tra la gente e dalla gente ("Gesù, guardando le folle, disse
ai discepoli: "Beati i poveri" eccetera...), questo secondo discorso delinea
la missione dei 12 che continua la stessa missione di Gesù. Essi
debbono portare la Parola e debbono guarire: illuminazione e sapienza della
mente, liberazione dalla malattia del corpo. In questo si apre il Regno di
Dio: una parola nuova e la liberazione, la lotta contro il male dello spirito
e il male del corpo. All'interno di questo itinerario dell'umanità dolorante
e impaurita un elemento fondamentale per la liberazione che il discepolo
missionario delinea è la scelta della povertà. Il discorso missionario
si chiude con la proposta ripetuta sei volte "dell'accogliere": e i discepoli
sono definiti con richiami suggestivi: profeti, giusti, piccoli. E se i primi
due sono tratti dall'Antico Testamento come coloro che, in profonda sintonia
con il Signore e la sua legge, propongono il pensiero della sapienza, il
terzo profilo, proprio di Matteo, ci vuole indicare la semplicità, la
povertà, la fiducia. Accogliere, qui, non suppone tanto o solo una
ospitalità materiale, come nel bisogno del profeta con la vedova di Zarepta,
ma si allarga all'accoglienza del messaggio e quindi all'accettazione del
testimone che viene identificato come colui che manda e che insegna. Chi
parla annuncia la parola del maestro e quindi la parola del Padre. Un
certo significato interessante viene offerto sul perché dell'accoglienza. Non
si debbono intravedere altri motivi se non lo spessore di valori che il
profeta, il giusto o il piccolo discepolo portano e trasmettono. Si pone
quindi il problema del "perché credo?"
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |