
Domenica dell'Incarnazione
18 dicembre 2022
Lc 1, 26-38a
Riferimenti : Is 62, 10 – 63, 3b - Sal 71 - Fil 4, 4-9 |
Rallègrati, popolo santo; viene il tuo
Salvatore. Le montagne portino pace al popolo e le colline
giustizia. Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli
del misero e abbatta l’oppressore. Scenda come pioggia
sull’erba, come acqua che irrora la terra. Nei suoi giorni
fiorisca il giusto e abbondi la pace. In lui siano benedette
tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato.
Benedetto il Signore, Dio d’Israele: |
Is 62, 10 – 63, 3b In quei
giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le
porte, sgombrate la via al popolo, spianate,
spianate la strada, liberatela dalle pietre,
innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò
che il Signore fa sentire all’estremità della
terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva
il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno
“Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu
sarai chiamata Ricercata, “Città non
abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom,
da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido
nella sua veste, che avanza nella pienezza della
sua forza?». «Sono io, che parlo con giustizia,
e sono grande nel salvare». «Perché rossa è la
tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi
pigia nel torchio?». «Nel tino ho pigiato da
solo e del mio popolo nessuno era con me».
Isaia 62, 10 - 63, 3b Tutto il capitolo 62 è
il canto dello sposo e della sposa. Lo sposo è
il Signore mentre la sposa è Gerusalemme. Il
profeta vede rifiorire la sua città e ne
interpreta la sua forza e la sua bellezza come
il dono di Dio. "Sarai una magnifica corona
nella mano del Signore, un diadema regale nella
palma del tuo Dio" (Is 62,3). "Nessuno ti
chiamerà più Abbandonata, e la tua terra
Devastata, perché sarai Mia Gioia, terra
Sposata. Il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo" (62,4). Nel
linguaggio biblico il matrimonio è il massimo
dell'accoglienza, è la garanzia di diventare
preziosa agli occhi dello sposo, è la pienezza
della propria vocazione di donna che è amata e
desiderata. Tutto il capitolo rilegge il
rinascere di Gerusalemme come l'essere della
presenza e della benevolenza di Dio. Gerusalemme
è il suo popolo, più che una struttura muraria.
E la sposa è la comunità d'Israele che ritorna.
E' il "popolo santo", costituito dai "redenti
del signore" e perciò è il "popolo ricercato e
non abbandonato". E' un popolo che cresce, che
continua a bussare alle porte della città.
"Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto
sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte
non taceranno mai"(62,6) perché gli eletti del
Signore continueranno ad entrare. E chi è già
arrivato deve preoccuparsi di accogliere:
"Passate, passate per le porte, sgombrate la via
al popolo, spianate, spianate la strada,
liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo
per i popoli" (62,10). L'immagine ed il
linguaggio si trasformano improvvisamente e il
profeta riprende una visione proposta qualche
capitolo precedente: "Egli si è rivestito di
giustizia come di una corazza, e sul suo capo ha
posto l'elmo della salvezza. Ha indossato le
vesti della vendetta, si è avvolto di zelo come
di un manto" (59,17) poiché ha intravisto
menzogna, inganno e sopruso. E nessuno si
muoveva a lottare e nessuno operava nella
giustizia.
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Fil 4, 4-9 Fratelli, siate sempre
lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra
amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non
angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a
Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e
ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza,
custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In
conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile,
quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile,
quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode,
questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete
imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in
pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Filippesi 4, 4-9 Paolo ha una forte simpatia per la comunità
dei Filippesi e scrive loro, attorno al 57 d.C., fidandosi delle
buone basi che ha posto nel suo secondo viaggio missionario
(49-52 d. C.). Probabilmente è prigioniero ad Efeso, dopo una
rivolta degli argentieri perché, a causa del successo della
nuova predicazione di Paolo, era calato lo smercio dei tempietti
in argento della dea Artemide, molto venerata ad Efeso (Atti 19,
23-41). Ricordando il suo soggiorno in questa città, Paolo parla
di una permanenza "tra lacrime e tribolazioni" (Atti 20,19).
Egli, che pure sente vicina la morte, garantisce di provare
gioia e chiede di condividerla con lui. "Ma, anche se io devo
essere versato sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede,
sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo, anche
voi godetene e rallegratevi con me". (2,17-18). Il testo si
suddivide in tre parti: "Siate sempre lieti" e il motivo
non va trovato nelle soluzioni dei problemi diversi e molteplici
che Paolo affronta e la stessa comunità sente di doversi
accollare. Il motivo sta nella vicinanza con il Signore. Egli
sostiene e garantisce la nostra debolezza ma ci rende anche
forti e capaci di operare secondo la volontà del Padre. (4,4-5).
Paolo ha già delineato, prima, lo stile del credente:
"Comportatevi dunque in modo degno...: state saldi in un solo
spirito e unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi
intimidire in nulla dagli avversari" (1,27-28). Ma
l'atteggiamento è quello della gentilezza, della magnanimità,
della affidabilità, forti e consapevoli senza tentennamenti. Per
Paolo la gioia ha il compito di aprire al mondo una
testimonianza rivelatrice dei valori più alti del Signore. -
Anche la seconda parte, (4,6-7) ci ripropone la vicinanza di Dio
che avviene attraverso il nostro interpellarlo nella preghiera
fiduciosa e insistente. Essa apre la propria vita sul mondo di
Dio attraverso una comunicazione profonda di ringraziamento, di
suppliche e di invocazioni. - La terza parte (4, 8-9) invita
a fidarci del Dio della pace che si pone nel nostro cuore per
costruire un mondo di pace. E' il frutto della nostra fiducia
che ci porta quello "Shalom" ebraico che ristabilisce l'armonia
splendida e gioiosa della creazione in cui il Signore era la
presenza viva e generosa della vita del mondo.
NAZARETH

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Lc
1, 26-38a In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città
della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo
della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A
queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto
come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia
presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai
Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli
darà il trono di Davide suo padre regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e
il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà
questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo
scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco,
Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio
e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile
a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me
secondo la tua parola». Luca 1, 26-38a Luca racconta
l'inizio dell'avventura dell'umanità che accoglie il suo Signore, ospite
umano tra gli umani, realtà attesa e sconcertante, presenza assolutamente
inimmaginabile che Dio ha strutturato passo passo, compagno di strada di ogni
uomo ed ogni donna. E' atteso da secoli uno mandato da Dio, liberatore e
consolatore di un piccolo popolo che ha accolto il messaggio di speranza, ma
che, lungo i secoli, ha sopportato sconfitte e sottomissioni. Eppure la
speranza e la garanzia ci sono. Luca racconta
l'incontro tra l'angelo Gabriele e la Madonna, e i pittori ci hanno abituato
a vedere dei personaggi precisi: un angelo con le ali e Maria. Ma quello che
è avvenuto viene raccontato con schemi e linguaggi propri dell'Antico
Testamento. Tutto il racconto non può essere letto come cronaca, ma come
racconto teologico. In particolare Maria è presentata come l'Arca
dell'Alleanza, luogo della presenza di Dio nel suo popolo nel deserto. Per
questo il messaggio pronunciato dice che "Lo Spirito Santo scenderà su di te
e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che
nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio" (v 35). E tutto il racconto
è costruito in un contesto inusuale di povertà e di disagio: non c'è nulla di
glorioso, di regale, di fastoso degno di grandezza. L'evangelista non vuole
risponde agli interrogativi che ci sorgono ma vuole presentare Gesù ai suoi
contemporanei, garantendo che è avvenuto per la forza di Dio.
Il paese di Nazareth è sconosciuto nella Bibbia perché insignificante;
e tuttavia qui avviene l'inizio della presenza del Figlio di Dio tra noi.
Nazareth è in Galilea, una regione infedele e semipagana, lontana dalla
pratica della Giudea. Maria, "l'eccelsa, elevata in alto" è detta vergine. Ma
per il mondo ebraico la verginità è apprezzata solo prima del matrimonio, ma
una donna sempre vergine, e quindi senza figli, è un disonore.
Gerusalemme sconfitta viene chiamata "la vergine Sion": in lei non c'è
la vita. E qui Dio feconda la verginità "poiché nulla è impossibile a Dio".
Si capisce allora nel cantico: "Magnificat" di Maria con Elisabetta: "Dio ha
guardato alla povertà della sua serva" (v 48). Ma anche l'inizio del tempo
nuovo, con la nascita di Giovanni Battista, Dio feconda una anziana sterile:
Elisabetta. E qui c'è un saluto che non equivale a "Salve, Ave, Shalom" come
per gli ebrei ma ci sono echi di profeti. Corrisponde a "Rallegrati, piena di
Grazia". Ma un angelo che sta al cospetto di Dio non può salutare una
ragazza. In questo tempo i giudei non salutano una donna in nessun modo.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |