 II Domenica dopo l'Epifania
15 gennaIO 2023
Gv 2, 1-11
Rifgerimenti : Nm 20, 2. 6-13 - Sal 94 - Rm 8, 22-27 |
Noi crediamo, Signore, alla tua parola. Venite,
cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con
canti di gioia. R Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio
davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il
popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce |
Nm 20, 2. 6-13 In quei giorni.
Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un
assembramento contro Mosè e contro Aronne.
Allora Mosè e Aronne si allontanarono
dall’assemblea per recarsi all’ingresso della
tenda del convegno; si prostrarono con la faccia
a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il
Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il
bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la
comunità e parlate alla roccia sotto i loro
occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai
uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da
bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè
dunque prese il bastone che era davanti al
Signore, come il Signore gli aveva ordinato.
Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti
alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o
ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da
questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la
roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua
in abbondanza; ne bevvero la comunità e il
bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad
Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo
che manifestassi la mia santità agli occhi degli
Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea
nella terra che io le do». Queste sono le acque
di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il
Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a
loro. Numeri 20, 2. 6-13 Il
racconto si inquadra nella fatica del popolo
d'Israele di orientarsi nel cammino della
liberazione e nel coraggio di affidarsi
veramente a Dio, con speranza. Il popolo è in
pena per l'acqua che manca e la sofferenza si
amplifica per la memoria di quel frammentario
benessere dato dalla varietà di cibo che l'acqua
permetteva in Egitto: nei versetti precedenti si
parla di mancanza di semi, di fichi, di uva e
melograni. Il racconto ha delle analogie con uno
stesso racconto riportato nel libro dell'Esodo
(17,1-7); ma questa ripetizione vuole,
probabilmente, dare significato al divieto e
quindi alla impossibilità, per Aronne e Mosè, di
entrare nella terra promessa. Siamo nel luogo
di "Meriba" che significa "contesa" e il popolo
discute, anzi formula una specie di giudizio e
tribunale: si può dire che denuncia Dio stesso e
Mosé. E' inquieto del proprio futuro e teme la
desolazione e la morte. Il Signore sa
comprendere le esigenze del popolo e la sua
paura. Perciò Dio non si scandalizza dello
sgomento, ma invita sempre ad avere fiducia e a
superare l'angoscia. E tuttavia la paura nasce
dalla propria insicurezza, dalla difficoltà di
non saper trovare soluzioni, dalla dipendenza.
Perciò Dio semplicemente ordina di "parlare alla
roccia". Dice a Mosè: "Prendi il bastone; tu e
tuo fratello Aronne convocate la comunità e
parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa
darà la sua acqua; tu farai uscire per loro
l'acqua dalla roccia e darai da bere alla
comunità e al loro bestiame". Mosè raduna il
suo popolo in assemblea ma non esegue subito le
parole del Signore. Anzi Mosé e Aronne sono
travolti, essi stessi, da questa insicurezza e
si ribellano alle pretese e alle accuse.
Ritengono giusto che ci si debba difendere e
quindi rispondono loro che non sono in grado di
soddisfarli per ciò che chiedono, come se il
cammino che hanno intrapreso verso la libertà
fosse responsabilità loro. "Mosè disse loro:
«Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse
uscire acqua da questa roccia?»" (
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Rm 8, 22-27 Fratelli, sappiamo che
tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto
fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie
dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a
figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti
siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è
più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come
potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo
attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito
viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come
pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con
gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa
desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i
disegni di Dio. Romani. 8, 22-27 Il cap 8 della
Lettera ai Romani inizia con una garanzia: "Ora, dunque, non c'è
nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la
legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato
dalla legge del peccato e della morte" (vv1-2). La legge di Mosè
non liberava dal peccato e dalla morte, ora invece siamo stati
coinvolti nella legge dello Spirito. Così siamo trasfigurati
poiché possiamo dire a Dio: "Tu sei mio papà" e possiamo
considerarci veramente suoi figli: «E voi non avete ricevuto uno
spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto
lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale
gridiamo: «Abbà! Padre!». (v 15). L'adozione a figli non si
riscontra in altri testi della Scrittura, salvo che in Paolo.
Sembra che Paolo abbia attinto alla prassi giuridica
greco-romana secondo la quale, i figli adottivi, una volta
integrati nella famiglia, godono gli stessi diritti dei figli
naturali e possono partecipare all'eredità. Il testo, che
leggiamo oggi nella liturgia, all'interno di questa novità del
nascere nello Spirito, ci parla di tre "gemiti", e il richiamo
del gemito è accompagnato dal ricordo delle doglie del parto.
Tutto il brano ha, infatti, un respiro di speranza, di vita e di
rigenerazione, non certo di morte. - Il gemito della
creazione: essa è stata creata splendida dalla potenza di Dio:
"tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto
fino ad oggi" (v 22) e rivela il dramma dell'essere stata
deturpata, sporcata e corrosa dalla nostra noncuranza e dal
nostro sfruttamento, sottomessa alla corruzione
dell'inquinamento e della guerra. - Il gemito del cuore
umano: "Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito,
gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la
redenzione del nostro corpo" (v 23 ). Noi abbiamo coscienza
della nostra responsabilità e sentiamo i nostri limiti e le
nostre paure, insieme con le nostre urgenze e le nostre
ossessioni e cupidigie. Stiamo cercando la liberazione dallo
Spirito per rinnovare il mondo. Ma, nella nostra confusione e
pochezza, "se abbiamo lo stesso destino e viviamo nella stessa
speranza per cui attendiamo con perseveranza", noi abbiamo un
compito fondamentale: riempire questa attesa, aprire il cuore e
aiutare il mondo al cambiamento nella preghiera. Ma noi non
sappiamo pregare. Le nostre invocazioni sono solo tentativi per
fare aderire Dio ai nostri progetti.
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Gv 2, 1-11 In quel tempo.
Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu
invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il
vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose:
«Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai
servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra
per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a
centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le
riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a
colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe
assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale
non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso
l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono
all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai
tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio
dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli
credettero in lui.
Giovanni. 2, 1-11 Gesù inizia, con il "segno" di
Cana, il primo del Vangelo di Giovanni, il tempo "dei sette segni",
permettendo ad un matrimonio di poveri sposi la continuazione della festa.
Pochi se ne accorgono né Gesù pretende che tutti lo sappiano. Lo conoscono i
servi e i discepoli, nuovi a questa sequela, che sono introdotti a riscoprire
la gloria di Gesù. Nella conclusione del racconto vengono posti il duplice
significato del "segno": rivela la "gloria" del Figlio e il cammino verso la
"fede". "Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui"
(2,11). Il "segno" non solo sorprende ma nasconde significati teologici
profondissimi: Gesù incomincia a offrire i doni messianici con gratuità,
aperti a tutti e apre la porta per la rigenerazione del mondo. Qui non ci si
sofferma sulla potenza di Gesù, ma vengono valorizzati alcuni risultati
sorprendenti: l'abbondanza del vino e la sua qualità impensabile, la
sostituzione dell'acqua della purificazione, che oltre tutto è finita, con la
gioia e l'allegria che il vino porta. Si stanno verificando i tempi nuovi, i
tempi messianici, iniziando da una famiglia di poveri e, comunque, dove c'è
bisogno di gioia e di pienezza. C'è il messianismo che finora è stato
atteso e conosciuto nella pienezza ma si profila il messianismo sconosciuto "
dell'ora" che non significa solo il tempo del compimento ma l'avvenimento nel
tempo che passa per la croce e si conclude nella risurrezione. In questo
cammino intravisto e in questa attesa si profila anche l'avvento del nuovo
che sostituisce il vecchio; il vino della gioia sostituisce l'acqua della
debolezza. Alla legge antica viene sostituita la nuova. Questo richiamo
all'ora di Gesù è dominante: è risolutore della difficoltà ed è nelle mani di
Gesù. Così egli attende e insieme lo anticipa come segno: lo manifesta come
gioia e splendore, dando in tal modo il significato della Gloria. Gloria è
ciò che si manifesta come splendente. Qui inizia lo splendore di Gesù che
manifesterà l'amore che si dona proprio nella situazione più drammatica e più
lontana dalla pienezza. Nel matrimonio avviene il segno, nell'amore che si
svilupperà fino alla morte, inizia il cammino della manifestazione di Gesù.
In questo segno inizia anche il cammino dei discepoli. La fede in Gesù si
apre sul mondo e coloro che lo seguono avranno la gioia di comunicare il
segno e la sequela a cui siamo invitati perché il mondo sia ricco di questa
novità.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |