 VI Domenica dopo Pentecoste
9 luglio 2023
Lc 6, 20-31
Riferimenti : Es 33, 18 – 34, 10 -
salmo 761 - Cor 3, 5-11 |
Mostrami, Signore, la tua gloria. La mia voce verso
Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio, perché mi
ascolti. Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore,
nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l’anima
mia rifiuta di calmarsi. R Tu trattieni dal sonno i miei
occhi, sono turbato e incapace di parlare. È forse cessato
per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre?
Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la
sua misericordia?
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Es 33, 18 – 34, 10 In quei giorni. Mosè disse al
Signore: «Mostrami la tua gloria!». Rispose:
«Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e
proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A
chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò
aver misericordia avrò misericordia». Soggiunse:
«Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché
nessun uomo può vedermi e restare vivo».
Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me.
Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia
gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti
coprirò con la mano, finché non sarò passato.
Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma
il mio volto non si può vedere». Il Signore
disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come
le prime. Io scriverò su queste tavole le parole
che erano sulle tavole di prima, che hai
spezzato. Tieniti pronto per domani mattina:
domani mattina salirai sul monte Sinai e
rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno
salga con te e non si veda nessuno su tutto il
monte; neppure greggi o armenti vengano a
pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò
due tavole di pietra come le prime; si alzò di
buon mattino e salì sul monte Sinai, come il
Signore gli aveva comandato, con le due tavole
di pietra in mano. Allora il Signore scese nella
nube, si fermò là presso di lui e proclamò il
nome del Signore. Il Signore passò davanti a
lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio
misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco
di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore
per mille generazioni, che perdona la colpa, la
trasgressione e il peccato, ma non lascia senza
punizione, che castiga la colpa dei padri nei
figli e nei figli dei figli fino alla terza e
alla quarta generazione». Mosè si curvò in
fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho
trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il
Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo
di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e
il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco
un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo
io farò meraviglie, quali non furono mai
compiute in nessuna terra e in nessuna nazione:
tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà
l’opera del Signore, perché terribile è quanto
io sto per fare con te». Esodo. 33, 18 - 34,
10 Abbiamo letto il racconto di un secondo
ritorno di Mosè sul Sinai. Disceso dal monte, la
prima volta, con le tavole incise che dovevano
essere il trionfo della fedeltà e la conferma
della preferenza di Dio per questo popolo, nel
campo degli Israeliti è avvenuto
l'inimmaginabile: orge, costruzioni di idoli con
l'oro di famiglia portato dall'Egitto, rifiuto
dell'autorità di Mosè, guerra interna che si
scatena per avere una vittoria o un predominio.
Mosè vince una vera battaglia, compiendo con i
suoi un massacro di ribelli. Ma, a questo punto,
è convinto che la sconfitta più terribile se l'è
procurata davanti a Dio. E' convinto del rifiuto
di Dio, della lacerazione di un'alleanza
prefigurata. E' convinto di non avere futuro e
di doversi preparare ad un destino di abbandono
e di morte nel deserto. E invece Mosè (Es.
34,4-10) è invitato da Dio a ritornare sul
monte. Dio vuole rifare una copia della prima
legge che era andata distrutta nella
disperazione di un tempo senza futuro. Le
prime tavole erano state opera di Dio, scritte
da Dio e donate (32,16). Qui Dio non recede e
accetta di scrivere, ancora una seconda volta,
la legge ma le nuove tavole di pietra debbono
essere preparate da Mosè stesso: la legge nasce
e si propone in collaborazione. Il Signore
mantiene la misericordia con fedeltà e amore; e
questa è la sorpresa per tutti, ma soprattutto
per Mosè, che sta imparando a conoscere Dio. E
infatti Dio gli si ferma accanto, nascosto e
palese ("scese nella nube" v.5) e si proclama
per ciò che Mosè deve capire sulla identità di
Dio stesso. Il Signore, infatti, è
fondamentalmente "misericordioso e pietoso,
lento all'ira e ricco di fedeltà". Questa
proclamazione è rivelazione di Dio, gioiosa
intuizione per Mosè che ormai si sente legato al
suo popolo e quindi solidale, nel bene e nel
male; e tuttavia pienamente unito a Dio e
all'esigenza di fedeltà. La misericordia del
Signore fa intuire una profondità di legame e di
coinvolgimento impensabile. Così Mosè, che teme
di restare solo e angosciato in questa scelta di
solidarietà, scopre che è possibile riprendere
una speranza grande e un progetto interrotto.
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1Cor 3, 5-11 Fratelli, che cosa è mai Apollo? Che
cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla
fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere.
Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio,
che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa:
ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio
lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di
Dio, edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata
data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un
altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come
costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Prima lettera
ai Corinzi. 3, 5-11 Paolo, nel capitolo
precedente, ha sviluppato il tema della sapienza: "una sapienza
non di questo mondo, né dei principi di questo mondo che vengono
ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio che è
nel mistero... ma a noi Dio ha rivelato questa sapienza mediante
lo Spirito" (2,6-10). Continuando la sua riflessione per i
fratelli della comunità di Corinto, confessa: "Non ho potuto
parlare a voi come a esseri spirituali ma carnali" (3,1).
Paolo, infatti, ricorda che, all'inizio, esisteva, ovviamente,
una grande impreparazione per la diversa provenienza religiosa;
ma riscontra, comunque, in questa comunità, delle fratture tra i
credenti, per cui rileva divisioni e gruppi di cristiani
contrapposti che fanno riferimento a Paolo, ad Apollo, a Cefa
(Pietro) (3,22) mentre, poco prima, Paolo ricorda anche il
"partito di Cristo" (1,12). L'apostolo dice che, se
all'inizio li ha trattati come esseri carnali e come bambini
"(3,1), anche adesso continua a non poterli trattare come uomini
spirituali a causa delle loro posizioni "di invidia e di
discordia" (3,3). Paolo tiene allora a chiarire la natura del
ministero apostolico, suo e di tutti coloro che hanno delle
funzioni particolari ed educative nella comunità cristiana.
Coloro che esercitano un ministero, dice Paolo, sono
semplicemente dei servitori e ricorda, a modo di parabola, due
tipi di lavori comuni conosciuti: l'agricoltura e l'edilizia. In
questi due orizzonti ricostruisce esempi di ruoli e di
responsabilità. "Siamo collaboratori di Dio e voi siete il
campo di Dio, l'edificio di Dio" (3,8). Il Signore fa crescere,
utilizzando ovviamente il lavoro di chi pianta e di chi irriga.
Ma, nel campo, determinante è Dio che fa crescere ciò che è
stato seminato, e non gli annunciatori o i catechisti (Paolo,
Apollo, Cefa). Per l'esistenza e la stabilità dell'edificio
sono necessarie le fondamenta: ed è Gesù che le costituisce.
Tutti coloro che portano messaggi diversi o pretendono di
costruire su fondamenta che non siano quelle di Gesù,
distruggono il tempio di Dio e l'opera di Dio in ciascuno.
Sul monte delle beatitudini: il Santuario
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Lc 6, 20-31 In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi
verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno
di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che
ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e
quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro
nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno
ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo
stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi,
ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora
siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel
dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo
stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. Ma a voi che
ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi
odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano
male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa
il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a
chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini
facciano a voi, così anche voi fate a loro». Luca. 6, 20-31 Luca segue
la trama del Vangelo di Marco fino al versetto 6,2, se si escludono i primi
due capitoli dell'infanzia di Gesù (cc 1-2). A questo punto si stacca per
inserire altro materiale (chiamato "piccolo inserto: 6,2-8,3) che contiene il
"discorso della. pianura" in parallelo al "discorso della montagna" di Matteo
(cc 5-7). Mentre Matteo deve aver elaborato tutto il materiale con altri
testi ripresi dalla predicazione di Gesù, Luca propone le Beatitudini in uno
stile alquanto diverso. Infatti Matteo elenca otto Beatitudini sul mondo dei
sofferenti (più una rivolta agli discepoli); Luca invece ne riporta quattro,
facendole seguire da quattro maledizioni antitetiche, rivolte direttamente
agli uditori nella seconda persona plurale: "Beati voi",.."guai a voi...". Il
linguaggio di Luca è immediato ed efficace. mentre Matteo, rivolgendosi in
terza persona, dà al testo un sapore più astratto (salvo l'ultima): "Beati i
poveri, beati quelli che piangono, ecc", e aggiunge qualche parola, dando al
testo un significato più spirituale: "Beati i poveri in spirito, beati quelli
che hanno fame e sete della giustizia...". Così Matteo, inserendo le
beatitudini in una catechesi ecclesiale, ha prospettive morali-esistenziali.
Luca, invece, non vuole tanto svelare precetti nuovi, ma proclamare un bene,
un nuovo modo di essere, la novità assoluta che piace a Dio e che per noi è
inedita. Sia in Matteo che in Luca tutta la proposta di Gesù è rivolta ai
discepoli e non alla gente, per cui la beatitudine è proclamata a chi crede
in Gesù e ha fatto scelte di valore come Gesù ha insegnato.
"Poveri e
ricchi": i poveri sono beati se diventano il segno della scelta definitiva di
Dio: e il mondo si salva attraverso scelte umili e povere. I ricchi invece
non fanno intravvedere Dio, Padre di Gesù ma un mondo di idoli attraverso le
loro scelte di vita e la loro mentalità.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |