 Domenica del cieco
IV Domenica di Quaresima
19 marza
2023
Gv
9, 1-38b
Riferiemnti : 2Cor 3, 7-18 - Sal 35 2
- Cor 3, 7-18 |
Signore, nella tua luce
vediamo la luce. Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua
fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte
montagne, il tuo giudizio come l’abisso profondo: uomini e
bestie tu salvi, Signore. Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano
dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle
tue delizie. |
Es
34, 27 – 35, 1
In quei giorni. Il
Signore disse a Mosè: «Scrivi queste parole,
perché sulla base di queste parole io ho
stabilito un’alleanza con te e con Israele».
Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e
quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere
acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole
dell’alleanza, le dieci parole. Quando Mosè
scese dal monte Sinai – le due tavole della
Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè
mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che
la pelle del suo viso era diventata raggiante,
poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e
tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del
suo viso era raggiante, ebbero timore di
avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e
Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò
da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo
di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse
loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul
monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare
a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava
davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si
toglieva il velo, fin quando non fosse uscito.
Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò
che gli era stato ordinato. Gli Israeliti,
guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle
del suo viso era raggiante. Poi egli si
rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse
di nuovo entrato a parlare con il Signore. Mosè
radunò tutta la comunità degli Israeliti e disse
loro: «Queste sono le cose che il Signore ha
comandato di fare».
Esodo 34,27-35
Nella tragedia del
tradimento il popolo, che ha abbandonato il Dio
misterioso che lo ha liberato, costruendosi un
vitello d'oro, ha identificato Dio con un idolo
visibile. In questa operazione, è stato
coinvolto anche Aronne che ha ricevuto " i
pendenti delle orecchie delle donne e figlie
ebree". E' il bottino prezioso che gli egiziani
hanno dato agli ebrei perché se ne andassero
dalla loro terra, facendo finire i castighi del
loro Dio: "(Aronne) li ricevette dalle loro
mani, li fece fondere in una forma e ne modellò
un vitello di metallo fuso. Allora dissero:
«Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha
fatto uscire dalla terra d'Egitto!» (Es 32,4).
Mosè resta sconcertato, disperato e deluso. Ma
quando ormai è convinto del fallimento totale,
viene richiamato sul monte dal Signore dopo la
sconfitta dell'idolatria nel suo popolo alle
falde del monte e la distruzione del vitello
d'oro. Il Signore lo rincuora. Così la scoperta
e la verifica dell'amicizia di Dio hanno
suscitato in Mosè, ancora una volta, il coraggio
della mediazione: è tornato così il dialogo per
il popolo che avrebbe finalmente ricevuto la
Legge. Il v 27 non fa riferimento alla seconda
edizione delle 10 parole ma all'Alleanza a ed
alle clausole che il Signore ha dettato a Mosè e
che Mosè deve scrivere (il testo inizia al v.
34,10 e termina al v. 27) l v.28 riprende invece
il racconto della seconda consegna della Legge e
il soggetto è sempre il Signore (Egli
scrisse...). Nel mondo antico spesso gli dei
sono garanti delle leggi e delle consuetudini,
ma agli dei non è mai attribuita la paternità
delle leggi stesse. In Israele invece Jahve è
insieme il legislatore e lo scrittore di ciò che
è essenziale nella Legge. on la Legge del
Signore anche la persona acquista uno splendore
di cui non è neppure consapevole ma gli altri
intravedono una nuova luminosità ed uno
splendore che possono venire solo dalla bellezza
di Dio e dai suoi doni. E il dono, che Mosè
porta, è la Legge: la sapienza del Signore che
imposta la vita e le azioni quotidiane di
conoscenza e di bellezza a la sapienza non è mai
capita una volta per sempre. La conoscenza di
Dio va maturata giorno per giorno. Per questo
Mosè, spesso, ritorna al popolo ad incoraggiare,
a parlare, ad insegnare. Il velo, che
continuamente mette e smette, ci ricorda che
vanno rispettate la fragilità e la debolezza
degli altri. Non per questo si deve
abbandonarli, anzi vanno sostenuti mentre Mosè è
continuamente in rapporto con il Signore nella
tenda del convegno.
 Piscina
di Siloe |
2Cor 3,
7-18
Fratelli, se il ministero della morte, inciso in lettere su
pietre, fu avvolto di gloria al punto che i figli d’Israele non
potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore
effimero del suo volto, quanto più sarà glorioso il ministero
dello Spirito? Se già il ministero che porta alla condanna fu
glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero che porta
alla giustizia. Anzi, ciò che fu glorioso sotto quell’aspetto,
non lo è più, a causa di questa gloria incomparabile. Se dunque
ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è
duraturo. Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta
franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo
volto, perché i figli d’Israele non vedessero la fine di ciò che
era solo effimero. Ma le loro menti furono indurite; infatti
fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si
legge l’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene
eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso
sul loro cuore; «ma quando vi sarà la conversione al Signore, il
velo sarà tolto». Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito
del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto,
riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo
trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria,
secondo l’azione dello Spirito del Signore.
2 Corinzi 3,7-18
Paolo, con questo brano, non vuole
disprezzare la Prima Alleanza perché essa ha avuto un grande
valore educativo per il suo popolo e continua ad avere un
rapporto particolare con il Signore del Patto. Tuttavia, da
apostolo fedele, è sconcertato della resistenza che il suo
popolo oppone a Gesù, inviato dal Padre. Da buon rabbino,
utilizza un esempio interessante di "midrash", composizione
ebraica di studiosi che interpretano liberamente, attualizzando
in chiave cristiana, un testo biblico su Mosé: egli rappresenta
una immagine anticipatoria dello splendore del volto di Gesù
come del volto dei cristiani.La lettura della Prima Alleanza non
conduce alla vita, dice Paolo, ma alla morte perché la Legge non
offre la salvezza ma solo la coscienza del male. E' Gesù che
restituisce la salvezza a coloro che credono. E tuttavia anche
il ministero di Mosé è un ministero glorioso. Ancor più, dice
Paolo, sarà glorioso il ministero dello Spirito. Paolo utilizza
la parola "gloria" che può essere, in pienezza, rivolta solo a
Dio e tuttavia dice che negli anni del Primo Testamento il
ministero di Mosé è circondato dalla gloria di Dio. Quanto più
c'è, dunque, ricchezza di gloria nei nuovi ministri di Gesù. A
questo testo fa eco un brano del Vangelo di Giovanni
(pronunciato da Gesù nell'ultima cena come preghiera finale al
Padre): "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro,
perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in
loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo
conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato
me". (vv 17,22-23). La gloria di Gesù, che i credenti vedono
nella fede, può incoraggiare gli apostoli e i cristiani a
comportarsi con franchezza e a viso aperto. Questo testo ci
aiuta a ripensare al compito della evangelizzazione così come ci
viene proposta nella nostra vita e che ci viene indicata nella
enciclica di Papa Francesco: "Evangelii Gaudium". Tutti noi
abbiamo la vocazione di diventare "Evangelizzatori con Spirito".
"Evangelizzatori con Spirito vuol dire evangelizzatori che si
aprono senza paura all'azione dello Spirito Santo. A Pentecoste,
lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in
annunciatori delle grandezze di Dio, che ciascuno incomincia a
comprendere nella propria lingua. Lo Spirito Santo, inoltre,
infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con
audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche
controcorrente. Invochiamolo oggi, ben fondati sulla preghiera,
senza la quale ogni azione corre il rischio di rimanere vuota e
l'annuncio alla fine è privo di anima. Gesù vuole
evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le
parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza
di Dio"(259). |
Gv
9, 1-38b
In quel tempo.
Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli
lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia
nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è
perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le
opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando
nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto
questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli
occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che
significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i
vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante,
dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni
dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli
diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti
gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi
ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato,
mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?».
Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era
un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli
occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la
vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato
e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio,
perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore
compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero
di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto
gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui
che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono
i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È
questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci
vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e
che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto
gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di
sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti
i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il
Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero:
«Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era
stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è
un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io
so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come
ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete
ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi
suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo
discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non
sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che
voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio
non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli
lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia
aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe
potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a
noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando
lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi
è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui
che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».
Gv 9,1-41
Il miracolo del cieco dalla nascita, nella
riflessione di Giovanni, diventa un prezioso itinerario per identificare il
cammino che ogni persona compie, quando, illuminata da Gesù, accetta di
diventare suo discepola e credente in lui. Il testo fa riferimento alla Festa
delle Capanne (Gv 7,2): una festa popolare molto importante, dove si uniscono
insieme grandi esplosioni di gioia con le liturgie dell'acqua e della luce.
In questa festa Gesù dice: "Se qualcuno ha sete venga a me, e beva chi crede
in me (Gv 7,37). E sempre in questa festa Gesù pronuncia apertamente: "Io
sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la
luce della vita" (Gv 8,12).
Di fronte all'incontro di un cieco dalla nascita,
che suscita sempre compassione e disagio, nasce nei discepoli la domanda:
"Perché è nato cieco?". E la normale teologia di tutti i tempi risponde: "
Dio ha voluto così"; il mondo ebraico aggiunge: "Perché quest'uomo ha
peccato". Ma Gesù garantisce: non c'è castigo e non c'è peccato. Il problema,
quando ci si trova di fronte al male, non è chiedersi di chi è la colpa, ma
impegnarsi per eliminare il male dalla persona, come ha fatto Gesù. In fondo
il cieco non chiede niente perché non sa che cosa è la luce. Ma Gesù sa che
per lui è importante poter vedere poiché cambierà totalmente la sua vita. C'è
una specie di liturgia in cui ci si immagina che la saliva sia un insieme di
alito, di spirito e di potere di una persona. In fondo c'è il richiamo alla
creazione (Gen 2,7): l'alito, lo spirito di Gesù, il fango. Ma il cieco, per
vedere, ha bisogno anche di lavarsi nell'acqua dell'Inviato: questo è il nome
della piscina di Siloe. Qui il cieco scopre la luce e qui comincia
l'interrogatorio. Il cieco, che si è così trasformato da non riuscire più a
riconoscerlo con sicurezza: "E' lui o non è lui?", sta iniziando il cammino
verso la luce, come ogni credente: cambia stile, diventa un uomo nuovo.
Quando gli chiedono: "Come mai vedi?", risponde che l'uomo Gesù ha fatto
questo ma: "Non lo conosco e non so dov'è". E quando intervengono le
autorità, hanno già idee precise di condanna, e quindi non si preoccupano di
capire ciò che è accaduto: la loro autorità oscura l'intelligenza e crea
persone di pregiudizio. Ritengono di essere nel
giusto, ritengono di capire tutto, ritengono di essere sicuri dei loro
giudizi. Ma il cieco, guarito, incomincia a ripensare con profondità: "E' un
profeta" (v 17).
Nuovo interrogatorio con i genitori perché l'autorità spera di trovare delle
persone impaurite o delle persone conniventi con la menzogna. I genitori si
sottraggono al giudizio, seriamente preoccupati di ciò che potrebbe avvenire
e restano silenziosi. A questo punto il nuovo vedente mostra il suo cammino
di persona libera, coraggiosa, sincera, semplice, preoccupato di capire, in
ricerca, superiore alle pressioni perché non vuole rinunciare né al mondo
nuovo che gli si prospetta davanti né alla grandezza di colui che lo ha amato
e salvato. Alla fine ritorna Gesù, che lo ha lasciato solo, ma lo ha
accompagnato con lo Spirito di sapienza. Ora Gesù compie il dono più grande
che è la sua rivelazione.
Infatti, durante il suo cammino, colui che
finalmente vede ha intravisto Gesù come "un uomo", quindi come " un profeta",
"un uomo di Dio", ma ora conclude con "Gesù Signore": "Credi tu?" "Credi nel
Figlio dell'uomo?" "Credo, Signore" e si prostrò". Nelle mani di Giovanni
quest'episodio delinea il cammino di ogni credente che raggiunge la luce vera
sul mondo e la luce piena su Gesù.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |