 II Domenica di Avvento 20 novembre 2022 Lc 3, 1-18
Bar 4, 36 – 5, 9Sal 99 Rm 15, 1-13 |
Popoli tutti, acclamate il Signore! Acclamate il
Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella
gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete
che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
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Bar 4, 36 – 5, 9 Così dice il Signore Dio: «Guarda a oriente,
Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene da
Dio. Ecco, ritornano i figli che hai visto
partire, ritornano insieme riuniti, dal sorgere
del sole al suo tramonto, alla parola del Santo,
esultanti per la gloria di Dio. Deponi, o
Gerusalemme, la veste del lutto e
dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della
gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti
nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo
capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché
Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura
sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per
sempre: “Pace di giustizia” e “Gloria di pietà”.
Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli
riuniti, dal tramonto del sole fino al suo
sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il
ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a
piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li
riconduce in trionfo, come sopra un trono
regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni
alta montagna e le rupi perenni, di colmare le
valli livellando il terreno, perché Israele
proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le
selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a
Israele per comando di Dio. Perché Dio
ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua
gloria, con la misericordia e la giustizia che
vengono da lui». Baruc 4, 36 - 5, 1-9
L'immagine di Gerusalemme, che ci viene data dal
profeta, è quella della vedova a cui sono stati
strappati anche i figli, oltre a quella
dell'aver perso il marito. Essa siede per terra,
con gli abiti del lutto e il velo sul capo. Non
si alimenta più, non si lava, non mette più
profumi. E' una donna disperata e senza futuro.
Gerusalemme è rimata sola a piangere e i figli
sono stati dispersi. Ma l'invito, che viene
fatto a Gerusalemme dal profeta, è quello della
sorprendente notizia: i figli tornano dopo tanto
tempo. L'esilio a Babilonia è durato circa 50
anni e poi il dominio di Babilonia si è concluso
con la vittoria di Ciro, re dei Medi e dei
Persiani, che ha rimandato alle proprie terre i
deportati che desideravano tornare. Così
l'invito a Gerusalemme è quello di alzarsi e di
correre in cima al monte, di guardare verso
oriente da cui stanno arrivando i figli
deportati e li sentirà cantare come fanno i
pellegrini alla vista di Gerusalemme, lassù sul
monte Sion. Perciò " deponi gli abiti di
afflizione e rivestiti dello splendore che ti
viene da Dio". Gerusalemme è invitata a cambiare
l'abito. Il vestito dimostra, soprattutto nel
mondo ebraico, la dignità, la gloria, la
grandezza e lo splendore interiore di chi
indossa abiti maestosi. Non serve solo a
ripararsi dal freddo o proteggere il pudore, ma
il vestito dimostra e qualifica nel proprio
mondo il significato e l'onore della persona
stessa. Gerusalemme diventa splendente e unica:
si riveste della gloria che viene da Dio,
mostrando la sua bellezza interiore a tutti i
popoli, diventando attraente perché è rivestita
del "manto della giustizia di Dio». E la
giustizia, nel VT, è fedeltà, lealtà,
solidarietà; perciò la bellezza è costituita da
interiore splendore e coerenza di generosità.
Gerusalemme riceve un nome nuovo: « pace della
giustizia e gloria della pietà».
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Rm 15, 1-13 Fratelli, noi, che siamo i
forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli,
senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere
al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non
cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: «Gli insulti
di chi ti insulta ricadano su di me». Tutto ciò che è stato
scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione,
perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che
provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio
della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli
uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di
Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate
gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi
perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la
gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei
circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le
promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua
misericordia, come sta scritto: «Per questo ti loderò fra le
genti e canterò inni al tuo nome». E ancora: «Esultate, o
nazioni, insieme al suo popolo». E di nuovo: «Genti tutte,
lodate il Signore; i popoli tutti lo esaltino». E a sua volta
Isaia dice: «Spunterà il rampollo di Iesse, colui che sorgerà a
governare le nazioni: in lui le nazioni spereranno». Il Dio
della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace,
perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito
Santo. Romani 15, 1-13 Paolo è preoccupato che ci siano
armonia e concordia, ma sa che spesso si costituiscono gruppi
che creano tensioni e non permettono di costruire insieme una
casa (edificare). Si parla " di forti e di deboli". In questo
caso i primi versetti sono un richiamo ai forti, tra cui anche
Paolo sente di appartenere. I forti stanno sperimentando un
cristianesimo di libertà e di rigore allo stesso tempo, poiché
hanno davanti agli occhi lo stile di Gesù che continua ad essere
fedele al Padre, ma è insofferente delle formalità o delle
tradizioni degli antichi, scambiate come volontà di Dio, e che
invece risultano spesso essere scelte umane. E ha riscontrato
che ci si appella alle formalità mentre si dimentica la volontà
di Dio e la sua misericordia. I deboli, che sembrano una
minoranza, sono persone che si aggrappano alle tradizioni, alla
lettera della legge e questa loro fedeltà costa critiche,
diffidenze ed esasperazioni. Paolo è preoccupato che questo
popolo nuovo di Gesù non sappia vivere in coerenza e armonia e
quindi non sappia "edificare" con buone fondamenta. L'esempio
di Gesù è di grande conforto poiché ha mantenuto l'Alleanza e
quindi, sulla Parola, che Dio ha dato, ha costituito un Popolo
privilegiato nella appartenenza e nelle conoscenze. E i pagani
scoprono, nella misericordia, di cui Gesù si è fatto garante con
il suo sacrificio e la sua non violenza (Sal 18,50),
l'accoglienza e l'adesione al mondo del Dio della creazione e
della salvezza. Paolo raccomanda a tutti la concordia e il
reciproco rispetto, a somiglianza di Gesù che non si è
preoccupato di sé, anzi di sé si è dimenticato e si è messo a
disposizione di tutti. E, in questo caso, Paolo insiste su
citazioni di universalismo e di carità poiché istintivamente gli
ebrei portano nel cuore il disagio di dover condividere coi
pagani la stessa fede a Gesù. La Scrittura ci ripete di
ricordare l'impegno della perseveranza che ci viene dall'essere
stati istruiti dai profeti e da Gesù stesso, perseveranza che
porta consolazione e chiarezza alle nostre stesse esigenze.
Senza riferimento alla Scrittura, infatti rischiamo di
costruirci un cristianesimo legato all'emotività, alla
sensibilità delle nostre ideologie, ai mezzi di comunicazione
sociale, alle ambiguità di comportamento che noi credenti
esprimiamo nella nostra vita. Paolo fa intendere che le
critiche più dure e le insofferenze resistono per abitudini
acquisite nel tempo per forme di diffidenza, di discriminazione,
di intolleranza, sorte per eredità culturali e formazioni
ideologiche: esse deformano ogni rapporto intenso e ogni stima
reciproca. Nella Comunità cristiana queste diffidenze sono
disastrose e inquinano ogni testimonianza. Esse sono alla base
delle ingiustizie, dei privilegi e dei gruppi di potere.
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Lc 3, 1-18 Nell’anno
quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era
governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo
fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca
dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su
Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del
Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,
com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce di uno che
grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie
tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la
salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui,
Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire
all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non
cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che
da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è
posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto
viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa
dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha,
e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a
farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli
disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo
interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose
loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle
vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni,
si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a
tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di
me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà
in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per
raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco
inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il
popolo. Luca 3,1-18 Con questo testo Luca inizia il capovolgimento
della realtà umana: è la rivoluzione di Dio che si fa Parola e presenza,
iniziando da un profeta finora anonimo che la gente sta incominciando a
conoscere: Giovanni Battista. L'evangelista vuole identificare il momento
esatto della novità che cambierà la terra e quindi colloca in un riferimento
cronologico l'avventura di Giovanni, colui che precede il Messia. Ci troviamo
tra il 1° ottobre del 27 a.C. al 30 settembre del 28 a.C., " nell'anno
quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare" ( in Palestina l'anno inizia dal
1° ottobre). Vengono segnalati 7 personaggi per sintetizzare tutto l'arco
delle istituzioni civili e religiose, e viene ricordato anche il sommo
sacerdote Anna che da 13 anni non è più in carica, ma continua con le sue
interferenze ad essere presente nella vita di Israele. Cosi Luca raggiunge il
numero 7 che segna la totalità. La Parola di Dio sorge nel deserto, dove
c'è aridità, ma anche il ricordo della liberazione. E' il luogo della fiducia
di Dio e della tentazione, del coraggio di fidarsi e luogo della
disperazione. Giovanni riceve e corre. La Parola di Dio esige che sia
comunicata poiché non è una proprietà privata, né un tesoro da custodire in
cassaforte ma un fuoco che deve purificare e cambiare. Questa Parola che
nasce nel deserto deve poter essere accolta nel cuore per ridimensionare il
mondo e renderlo luogo della non violenza, della fedeltà e della fiducia al
Padre, luogo di perdono e di condivisione. Il profeta Baruc, che abbiamo
letto nella prima lettura, ha citato lo splendore di una strada che Dio
costruisce per aiutare il popolo al ritorno, Giovanni cita lo stesso testo
dicendo che è responsabilità dell'uomo costruire una strada su cui Dio passa.
Non sono in contraddizione, ma spetta all'uomo togliere gli ostacoli perché
il Signore venga da noi: e gli ostacoli sono 4, l'orizzonte della terra. Per
fortuna il testo greco elenca tutto al futuro, restituendoci la gioia di una
novità: " Ogni burrone sarà riempito: fa riferimento alle diseguaglianze
economiche ed agli sfruttamenti; ogni monte e ogni colle sarà abbassato:
superbia, alterigia arroganza nel proprio stile di vita ma servizio; le vie
tortuose diverranno diritte: astuzie, scelte insensate ed egoiste ma pulizia
di rapporti; e quelle impervie, spianate: egoismi e individualismi che
rinchiudono le persone in blocchi e gruppi contrapposti".
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |