 V
Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
1 ottobre 2023
Matteo 22, 34-40.
Riferimenti : Dt 6, 4-12 - Sal 17 -
Gal 5, 1-14 |
Amo il Signore e
ascolto la sua parola. Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia
roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui
mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le
mie tenebre. Con te mi getterò nella mischia, con il mio Dio
scavalcherò le mura. |
Dt
6, 4-12
In quei giorni. Mosè disse: «Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il
Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con
tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le
forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano
fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne
parlerai quando ti troverai in casa tua, quando
camminerai per via, quando ti coricherai e
quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come
un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli
occhi e li scriverai sugli stipiti della tua
casa e sulle tue porte. Quando il Signore, tuo
Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai
tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva
giurato di darti, con città grandi e belle che
tu non hai edificato, case piene di ogni bene
che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non
da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato,
quando avrai mangiato e ti sarai saziato,
guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha
fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla
condizione servile».
Deuteronomio 6, 4-12
Mosè si è avvicinato a
Dio per ascoltare quello che il suo popolo deve
capire e praticare all'inizio della sua
esistenza liberata ed autonoma, avendo avuto il
dono della emancipazione dalla schiavitù, per
una scelta privilegiata da parte di Dio a
preferenza degli altri popoli. E' Mosè che
ascolta e comunica ed è stato il popolo stesso,
intimorito dalla presenza potente di Dio sul
Sinai, a delegare Mosè come ambasciatore e
quindi come messaggero di Dio con loro:
"Avvicinati tu - ha detto il popolo - e ascolta
quanto il Signore nostro Dio dirà e poi ci
riferirai quanto ti avrà detto e noi lo
ascolteremo e lo faremo" (5, 23-27). Tre verbi
si sviluppano e si rincorrono dando, ciascuno
all'altro, sfumature proprie e raccogliendo
insieme ricchezze diverse: "Temi, ascolta, ama".
«Temi il Signore Dio
tuo» (6,2): è un'espressione tipica della
fedeltà all'Alleanza. Il timore (Es 20,20)
comporta simultaneamente un amore che
corrisponde a quello che Dio ha avuto con i
padri, la loro discendenza e loro stessi (4,37)
e impegna in un'obbedienza assoluta a quanto Dio
comanda (6,2-5;10,12-15; cf.Gen 22,12). Il
contenuto religioso e morale di questo timore
andrà sempre più affinandosi (Gs 24,14; 1Re
18,3.12; 2Re 4,1; Pr 1,7; Is 11,2; Ger 32,39;
ecc.).
«Ascolta, Israele: il
Signore è il nostro Dio, unico è il Signore»
(v4). E' l'atto fondamentale di fede del popolo
d'Israele nella sua storia.
«Tu amerai il Signore,
tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e
con tutte le forze» (v 5). Preceduto
dall'esperienza del dono di Dio, l'amore non è
proposto come scelta, ma come comando. Questo
amore di Dio si affinerà, è soggetto a pericoli
ed a distorsioni, equivoci e supponenze. Sarà
presentissimo nei libri profetici, soprattutto
in Osea, in Geremia, e nei Salmi. Gesù,
richiamandosi a Dt 6,5, presenterà come il più
grande comando l'amore di Dio (Mt 22,37p), un
amore che si unisce al timore filiale, ma
esclude quello servile (1Gv 4,18). Matteo,
tuttavia aggiungerà: "con tutta la tua mente":
l'amore ha bisogno di profondità ed ha bisogno
di lucidità e chiarezza. L'amore a Dio non va
identificato con la pratica dei doveri
religiosi, con la partecipazione agli atti di
culto. Per ingraziarsi gli dèi, i popoli
dell'antico Medio Oriente offrivano olocausti di
animali e le primizie dei raccolti, convinti
che, se il soave odore delle vittime non fosse
regolarmente salito al cielo, gli dèi si
sarebbero adirati e avrebbero inviato
pestilenze, siccità e carestie. Anche Israele,
per lungo tempo, concepisce il suo rapporto con
il Signore in termini cultuali. Ritiene di poter
ottenere i favori del suo Dio offrendogli, come
i pagani, sacrifici e olocausti. Non è così che
il Signore vuole che gli si manifesti amore. I
profeti sono durissimi contro il ritualismo
religioso: «Che m'importa dei vostri sacrifici
senza numero? - dice il Signore - Smettete di
presentare offerte inutili, l'incenso è un
abominio per me; noviluni, sabati, assemblee
sacre, non posso sopportare delitto e solennità.
Anche se moltiplicate le preghiere, io non
ascolto. Imparate a fare il bene, ricercate la
giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete
giustizia all'orfano, difendete la causa della
vedova» (Is 1,10-20; Am 5,21-25). Ma anche noi
abbiamo lo stesso problema. L'amore che Dio
chiede non è un fugace sentimento, un'emozione
momentanea, una dichiarazione di affetto fatta
con le labbra, un compimento di gesti, magari
settimanalmente con una messa per esaurire il
tutto in una nicchia. Chiede l'adesione totale a
Lui nell'adempimento di ciò che gli è gradito.
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Gal 5, 1-14
Fratelli,
Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non
lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io,
Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a
nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere
che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non
avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la
giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto
a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo
fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la
circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si
rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi
vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità?
Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama!
Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono
fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente;
ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a
me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono
tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo
della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi
gettano nello scompiglio! Voi infatti, fratelli, siete stati
chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un
pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio
gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua
pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te
stesso».
Galati 5, 1-14
Paolo scrive ai Galati con grande
determinazione, cercando di passare, da questo brano, dal piano
teologico alle scelte ed ai comportamenti morali. E' molto
fiducioso di questi cristiani a cui scrive e con cui si è
trovato molto d'accordo e che valuta sinceri e generosi. Per
questo, tuttavia, pur sentendosi fiducioso, è preoccupato per
alcune loro deformazioni. Sembra che si siano mostrati ingenui e
si siano lasciati raggirare da alcuni fanatici. Non vengono
riportate percentuali di deviazioni o di persone che hanno
accettato i nuovi annunciatori. Ma questi hanno distolto i
credenti dalla fede genuina di Gesù per ritornare alle linee
morali precedenti. Paolo si lamenta che si siano affrettati ad
alterare la loro fede, equivocando. E' un impedimento che Paolo
continua ad incontrare nella sua predicazione, soprattutto
perché il suo inizio avviene sempre con le comunità di Ebrei,
disseminate nell'impero. D'altra parte è anche comprensibile che
si lascino riprendere dalla nostalgia e dalle abitudini molto
resistenti e capillari che costellano fatti normali e situazioni
quotidiane. Paolo si preoccupa perché la fedeltà alle tradizioni
farisaiche condiziona la novità che Gesù porta; ricorda che
tutto questo fa dimenticare quell'unico e fondamentale
comandamento che è l'amore del prossimo, comandamento che è la
sintesi di tutta la legge (vv 13-14). Per questo Paolo scrive
con chiarezza: solo Gesù ci ha liberati per costituirci liberi.
"Perché in Cristo Gesù non è la
circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si
rende operosa per mezzo della carità" (v 6). La libertà è la
grande conquista che Paolo scopre nel conoscere Cristo poiché,
prima di tutto, Gesù stesso ha vissuto fino in fondo questa
libertà, ponendo alla base delle sue scelte e del suo
insegnamento l'amore verso la volontà di Dio e l'amore verso
tutti gli uomini e donne del suo tempo che hanno bisogno di
misericordia. Su questo tema fondamentale della libertà noi
credenti dovremmo ripensare molto e approfondire le scelte e
l'impegno nel mondo delle relazioni, della giustizia, delle
istituzioni, della Chiesa e della società. Certamente, si
equivoca molto facilmente la libertà, scambiandola con
l'anarchia, gli interessi di parte, la presunzione di lucidità e
di chiarezza, il rifiuto della legalità o di legami. E la si
sottopone alla emotività del nostro essere come unico criterio
assoluto di giudizio. Non va dimenticato che da Paolo vengono
ricordati qui due modelli di vita, che riconduce alla "carne" e
allo "Spirito". La "carne" è principio di peccato. Il
comportamento carnale è esemplificato da un "catalogo di vizi"
(19-21). E' la libertà senza giudizio di Dio che si proclama
come diritto. Ma la libertà di Gesù si misura su grandi valori,
si valuta e si confronta sulla comunione, sull'attenzione verso
le persone più fragili, sulle Parole di Gesù a cui siamo tutti
chiamati, nel rispetto di ciascuno, ad esserne interpreti.
E' vero che si ha molta paura a
parlare di libertà, perché ci si immagina che l'ubbidienza, la
sottomissione, l'accettare tutto quello che ci viene imposto sia
il meglio, non crea problemi, ci lascia tranquilli. Eppure nella
Chiesa, per secoli, ed ancor oggi nei paesi dove i cristiani
sono minoranza, si insiste nel coraggio, nel ricercare la parola
di Gesù, nel ritrovare la fiducia e l'accoglienzaMt 22, 34-40
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Matteo 22, 34-40.
In quel tempo. I farisei, avendo udito che il
Signore Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di
loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro,
nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il
Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la
tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile
a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti
dipendono tutta la Legge e i Profeti». verso tutti. Non è questo il vero
esercizio di libertà cristiana?
Matteo 22,
34-40. Anche a noi
piace discutere su vari problemi, pur scottanti, così come avviene nel cap.22
di Matteo, dove si vuole mettere alla prova ("tentare") Gesù su temi che
allora erano di attualità (ma ancor oggi lo sono).
Qui addirittura un dottore della Legge interpella
Gesù su qualcosa che un credente ebreo dovrebbe aver ben chiaro: il grande
comandamento. E Gesù difatti risponde correttamente,
ma, ad evitare fraintendimenti e distinzioni, unisce all'amore di Dio quello
del prossimo; anzi, in un certo senso, lo identifica: è il cuore della Legge,
è il cuore della fede.
Questa domanda viene posta a Gesù dopo che i
farisei si erano ‘radunati insieme', perché si rendono conto della
fondamentale importanza della domanda. E' come dire
oggi': che cosa credi riguardo a Gesù e riguardo a Dio?
Il mettere insieme i due comandamenti,
identificandoli, è ciò che fa la differenza tra una fede abitudinaria e
superficiale (chi non conosce questo comandamento?) e il significato della
risposta di Gesù: non vale un culto devoto e teorico, non valgono i pensieri
su Dio se non sono intrisi da un reale e provato amore del prossimo, cioè di
chi ti sta o si fa vicino. Le misure, poi, sono totalizzanti: con tutto il
tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la mente, come te stesso, cioè
facendo spazio reale nella tua interiorità e nella tua vita all'altro che in
questo momento ti sollecita o ti infastidisce. Spazio d'affetti, di pensiero,
di condivisione. L'amore a Dio è un atteggiamento che trae la sua forza
d'essere nella tua umanità e nel tuo farti umano con gli altri per amore.
Per questo è il grande comandamento, potremmo dire anche l'unico,
quello su cui sei provato e che ti mette in crisi, perché non sei mai
all'altezza, ma slitti via. Certo, le cose le sai, ma si fa quel che si può.
Così il nostro incontro con il Signore rischia di banalizzarsi. Ed è anche
per questo che viene usato il futuro "amerai". Perché non si dà mai un
risultato raggiunto, ma è sempre una tensione, un desiderio, una conversione.
Una richiesta di perdono. Perché occorre
l'umiltà di chi si fida e di chi si presenta con la convinzione che solo con
il suo aiuto e con la consapevolezza di riflettere solo una scintilla del suo
amore se totalmente ti rimetterai a lui, potrai cominciare a capire qualcosa
di questo - grande comandamento.
E' un testo che ci fa riflettere a fondo: in che cosa consiste la
nostra totalità?
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |