
VI Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
8 ottobre 2023,
Lc 17, 7-10
Riferimenti : Gb 1, 13-21 - Sal 16 2 - Timoteo 2, 6-15. |
Volgiti a me, Signore: ascolta la mia preghiera.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera: sulle mie labbra non c’è
inganno. R Dal tuo volto venga per me il giudizio, i tuoi occhi
vedano la giustizia. Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte,
provami al fuoco: non troverai malizia |
Gb 1, 13-21 Un giorno accadde
che, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano
mangiando e bevendo vino in casa del fratello
maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli
disse: «I buoi stavano arando e le asine
pascolando vicino ad essi. I Sabei hanno fatto
irruzione, li hanno portati via e hanno passato
a fil di spada i guardiani. Sono scampato
soltanto io per raccontartelo». Mentre egli
ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un
fuoco divino è caduto dal cielo: si è appiccato
alle pecore e ai guardiani e li ha divorati.
Sono scampato soltanto io per raccontartelo».
Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e
disse: «I Caldei hanno formato tre bande: sono
piombati sopra i cammelli e li hanno portati via
e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono
scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre
egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I
tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e
bevendo vino in casa del loro fratello maggiore,
quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da
oltre il deserto: ha investito i quattro lati
della casa, che è rovinata sui giovani e sono
morti. Sono scampato soltanto io per
raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si
stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a
terra, si prostrò e disse: «Nudo uscii dal
grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il
Signore ha dato, il Signore ha
tolto, sia benedetto il nome del Signore!».
Giobbe 1, 13-21. Giobbe (ebr. Iob) è la
figura centrale del più profondo e del più
poetico dei libri sapienziali dell'AT. Esiste
un racconto in prosa, che inquadra il testo
poetico, e che ci trasporta a Uz, a sud di Edom.
Giobbe vi è descritto come un importante
pastore, ricco e credente in Dio, la cui fedeltà
è messa alla prova per istigazione di Satana
(vedi versetti precedenti). I suoi beni e la sua
stessa famiglia conosceranno le peggiori
catastrofi e infine egli sarà colpito da una
ripugnante malattia. Il nemico di Dio e
dell'uomo scommette con Dio su Giobbe. Egli è
fedele perché la sua fedeltà gli produce
benessere e ricchezza. Se Dio lo prova e gli
toglie questo benessere, anche Giobbe rifiuterà
Dio e lo bestemmierà. Dio accetta e permetterà
tutto ciò perché si fida di Giobbe mentre Satana
pretende di essere sicuro che Giobbe sarebbe
rimasto fedele solo nella prosperità (2,6).
Ambientata in un paese favoloso, anche per quel
tempo, dell'Antico Medio Oriente, il
protagonista, Giobbe, un fedele di Dio, non è
ebreo perché è straniero. La vicenda si svolge
nella terra di Uz, che non è territorio di
Israele. In tal modo la rivelazione al popolo
d'Israele si completa poiché si indica che Dio è
attento e presente in tutto il mondo e con tutti
gli uomini. Perciò Giobbe è una figura
universale: la sua esperienza appartiene ad ogni
uomo, in ogni tempo e luogo. Rappresenta l'uomo
giusto, prima ricco e felice, e poi
improvvisamente colpito dalla sventura. Perde i
figli, i beni, la salute. Sarà cacciato anche di
casa dalla moglie e si rifugerà su un mucchio di
immondizie e di cenere. La moglie, stanca di
quest'uomo per la sua fedeltà incrollabile,
urlerà, alla fine: "Rimani ancora saldo nella
tua integrità? Maledici Dio e muori!" (2,9). Lo
stesso nome del protagonista è drammaticamente
eloquente: Giobbe può significare: " dov'è il
padre? "; e anche si scrive nello stesso modo
della parola "nemico". Tutto questo prefigura il
dramma e si potrebbe interpretare il suo nome
con la sua vita: "Sei tu per me un Dio padre
nemico?", oppure " Sarò io nemico per te?"
Oppure " Perché, Dio, mi tratti come un nemico?
". Il dramma di Giobbe è l'immagine che ci si fa
di Dio. I tre amici teologi di Giobbe - Elifaz,
Bildad, Sofar - hanno una incrollabile certezza
che Dio, il Potentissimo, è sempre giusto.
Perciò, di fronte a Giobbe, non sanno decidere
altrimenti: Giobbe è punito per qualche peccato
nascosto. Se Giobbe fosse giusto, non
soffrirebbe. Giobbe sa che questa conclusione è
falsa, ma, nello scompiglio del suo stato, vede
ovunque segni dell'arbitrio di Dio, con cui si
lamenta, ma a cui, nello stesso tempo, s'appella
per il giudizio finale.
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Seconda lettera Timòteo
Carissimo, il contadino, che lavora duramente, dev’essere il
primo a raccogliere i frutti della terra. Cerca di capire quello
che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa.
Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di
Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio
non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che
Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in
Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna
di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se
perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui
pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché
non può rinnegare se stesso. Richiama alla memoria queste cose,
scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni,
le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le
ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna,
un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente
la parola della verità. 2 Timoteo 2, 6-15.
Questa lettera viene considerata "Il testamento spirituale di
Paolo" (sebbene tale espressione venga usata anche per il
discorso di addio agli anziani di Efeso: At 20,18-35; e il Card
Martini, prima di lasciare Milano, ce la commentò diverse
volte). Paolo è in carcere a Roma e scrive a Timoteo, mentre
lamenta la sua solitudine, che ha comportato la totale mancanza
di ogni difesa. Così i pagani lo considerano un malfattore e gli
ebrei un traditore mentre nessuno lo ha difeso. Tuttavia Paolo
non si rammarica poiché sente di vivere una grande comunione con
Gesù. E' anzi preoccupato del "mio Vangelo" che è quello genuino
di Gesù che egli fedelmente ed umilmente ha cercato di
interpretare e di comunicare. Si rivolge a Timoteo poiché si
fida della sua formazione e gli raccomanda di insegnare ad altri
perché a loro volta insegnino: "Tu dunque, figlio mio, attingi
sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù e le cose che hai
udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a
persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro
volta anche altri" (2,1-2). Da queste preoccupazioni rivelate
perché diventino direttive per il tempo che verrà, e in cui
Paolo sa di non poter essere presente, l'attenzione non è
istituzionale o di potere da trasmettere, ma è per una
successione didattica: Trasmettere un messaggio che sia un
insegnamento genuino e coerente: è questo il primo compito
dell'autorità, della Comunità cristiana, di ogni fedele adulto.
Per aiutare Timoteo a capire che ad ogni investimento devono
accompagnarsi sforzo, perseveranza e sacrificio, Paolo ricorda
tre condizioni adulte di vita: il soldato, che non si lascia
distrarre dal suo compito, l'atleta che lotta con correttezza
secondo le regole, e il coltivatore che raccoglie in abbondanza
a secondo dei suoi sforzi (2,3-7). Il vero modello, tuttavia,
è Gesù: "Ricordati di Gesù Cristo" che lottò fino alla morte e,
passando attraverso la morte, è risorto. E dopo Gesù, che è il
vero modello, Paolo, in amicizia, osa proporsi come secondo
testimone da imitare. E a Timoteo svela anche il significato
della sofferenza vissuta con Gesù: essa è carica di forza ed è
sostegno e intercessione a favore di chi si ama: "Perciò io
sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché
anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme
alla gloria eterna" (2,10). Ci sono quattro parallelismi:
corrispondono alle scelte che facciamo. Alla morte con Lui
incontriamo la risurrezione, alla sofferenza di chi è fedele
viene data la gloria, al rinnegamento dell'uomo Cristo ci prende
sul serio e giudica; ma al quarto si rompe il parallelismo: "se
siamo infedeli" Cristo rimane fedele ed è sempre misericordioso.
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Lc
17, 7-10 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo
ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni
subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare,
strìngiti le vesti ai fianchi e sèrvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e
dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché
ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto
quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto
quanto dovevamo fare”». Luca 17, 7-10 Con tanto parlare
della dignità dell'uomo e del lavoro, della preziosità dell'uomo agli occhi e
al cuore di Dio, di Gesù che serve, anzi, addirittura lava i piedi ai
discepoli, le parole di questo vangelo sembrano contraddittorie e persino
insensibili. Bisogna leggerle nel contesto: il cap. 17 si apre con alcune
parole di Gesù molto rigorose sullo ‘scandalo' e sul ‘perdono; gli apostoli
sono smarriti -"Signore, aumenta la nostra fede"- poi c'è il nostro brano per
continuare con l'episodio dei dieci lebbrosi di cui solo uno, samaritano,
torna a ringraziare, e con l'esortazione a pregare sempre ‘senza stancarsi
mai', e infine con l'annuncio della sua passione. "Quando avrete fatto tutto
quello che vi è stato ordinato dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto
quanto dovevamo fare". L'esempio è preso dalla vita: il padrone pretende dal
suo servo quello che il servo è tenuto a fare. Ma qui che cosa vuol dire
Gesù? E noi siamo servi o siamo liberi (‘voi siete stati chiamati a
libertà!'). A me pare che l'idea sia quella del servizio e non della
schiavitù; dello stesso servizio che Gesù prestò lavando i piedi ai
discepoli, ma con la sottolineatura che "in servizio" siamo sempre e che
questo non deve farci credere di essere bravi o presumere di fare qualcosa di
straordinario. Infatti siamo akreioi, parola che viene tradotta dal greco in
modo inesatto, perché la lingua greca antica è estremamente duttile ed ogni
parola ha una vasta gamma di significati e di sfumature. Qui potrebbe
semplicemente voler dire ‘siamo sempre in servizio' ‘siamo semplicemente
servi', senza presumere per questo di aver fatto chissà che cosa. Certo,
siamo utili nella misura in cui non ne approfittiamo per il nostro personale
interesse o per accampare chissà quali diritti. Siamo ‘servi del Signore',
esattamente come Gesù, il Servo di Yahveh, che nella vita realizza il
progetto d'amore di Dio. Così anche noi non siamo ‘inutili' perché
espressione di un pensiero d'amore di Dio, ma siamo ‘gratuiti' perché il
nostro vanto non è quello di portare avanti noi stessi, ma di contribuire a
spianare la via al Regno di Dio, cioè al Suo Amore. Allora si diceva "siamo
servi inutili"; oggi possiamo ugualmente dire "siamo gocce che riflettono, se
siamo fedeli alla nostra vocazione cristiana, l'infinito splendore dell'amore
di Dio". Certo, dobbiamo rendercene conto, senza nasconderci dietro false
modestie o malcelate presunzioni.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |