
II Domenica di Avvento
23 novembre 2025
Luca 3,1-18
riferimenti:Rm 15, 1-13 - Sal 99 - Bar 4, 36 – 5, 9 |
| Popoli tutti, acclamate il Signore! Acclamate il
Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. |
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Bar 4, 36 – 5, 9 Così dice il
Signore Dio: «Guarda a oriente, Gerusalemme,
osserva la gioia che ti viene da Dio. Ecco,
ritornano i figli che hai visto partire,
ritornano insieme riuniti, dal sorgere del sole
al suo tramonto, alla parola del Santo,
esultanti per la gloria di Dio. Deponi, o
Gerusalemme, la veste del lutto e
dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della
gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti
nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo
capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché
Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura
sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per
sempre: “Pace di giustizia” e “Gloria di pietà”.
Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli
riuniti, dal tramonto del sole fino al suo
sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il
ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a
piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li
riconduce in trionfo, come sopra un trono
regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni
alta montagna e le rupi perenni, di colmare le
valli livellando il terreno, perché Israele
proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le
selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a
Israele per comando di Dio. Perché Dio
ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua
gloria, con la misericordia e la giustizia che
vengono da lui». Baruc 4, 36 -
5, 1-9 L'immagine di Gerusalemme, che ci
viene data dal profeta, è quella della vedova a
cui sono stati strappati anche i figli, oltre a
quella dell'aver perso il marito. Essa siede per
terra, con gli abiti del lutto e il velo sul
capo. Non si alimenta più, non si lava, non
mette più profumi. E' una donna disperata e
senza futuro. Gerusalemme è rimata sola a
piangere e i figli sono stati dispersi. Ma
l'invito, che viene fatto a Gerusalemme dal
profeta, è quello della sorprendente notizia: i
figli tornano dopo tanto tempo. L'esilio a
Babilonia è durato circa 50 anni e poi il
dominio di Babilonia si è concluso con la
vittoria di Ciro, re dei Medi e dei Persiani,
che ha rimandato alle proprie terre i deportati
che desideravano tornare. Così l'invito a
Gerusalemme è quello di alzarsi e di correre in
cima al monte, di guardare verso oriente da cui
stanno arrivando i figli deportati e li sentirà
cantare come fanno i pellegrini alla vista di
Gerusalemme, lassù sul monte Sion. Perciò
" deponi gli abiti di afflizione e rivestiti
dello splendore che ti viene da Dio".
Gerusalemme è invitata a cambiare l'abito. Il
vestito dimostra, soprattutto nel mondo ebraico,
la dignità, la gloria, la grandezza e lo
splendore interiore di chi indossa abiti
maestosi. Non serve solo a ripararsi dal freddo
o proteggere il pudore, ma il vestito dimostra e
qualifica nel proprio mondo il significato e
l'onore della persona stessa. Gerusalemme
diventa splendente e unica: si riveste della
gloria che viene da Dio, mostrando la sua
bellezza interiore a tutti i popoli, diventando
attraente perché è rivestita del "manto della
giustizia di Dio». E la giustizia, nel VT, è
fedeltà, lealtà, solidarietà; perciò la bellezza
è costituita da interiore splendore e coerenza
di generosità. Gerusalemme riceve un nome
nuovo: « pace della giustizia e gloria della
pietà». Per un semita il nome non è una
designazione convenzionale ma, particolarmente
legato alla persona, ridefinisce il ruolo, la
vocazione e apre a progetti e visioni nuove.
Prima dell'esilio Gerusalemme significa "città
della pace". Nel mondo il tema della pace porta
brividi di gioia, ma qui, dopo l'esilio, si
aggiungono due nomi: " giustizia e pietà". La
pace si fonda sulla giustizia e non sulla
soggezione o sulla conquista che ha snervato
ogni resistenza, La pietà indica una vera
religiosità profonda che si collega alla
bellezza ed alle scelte di Dio e rende un
tutt'uno la volontà di Dio e l'adesione a Lui.
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Rm 15, 1-13
Fratelli, noi, che siamo i forti, abbiamo il
dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi
stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene,
per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se
stesso, ma, come sta scritto: «Gli insulti di chi ti insulta
ricadano su di me». Tutto ciò che è stato scritto prima di noi,
è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della
perseveranza e della consolazione che provengono dalle
Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza
e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri
gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con
un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del
Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli
altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico
infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per
mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri;
le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come
sta scritto: «Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni
al tuo nome». E ancora: «Esultate, o nazioni, insieme al suo
popolo». E di nuovo: «Genti tutte, lodate il Signore; i popoli
tutti lo esaltino». E a sua volta Isaia dice: «Spunterà il
rampollo di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni: in
lui le nazioni spereranno». Il Dio della speranza vi riempia,
nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella
speranza per la virtù dello Spirito Santo.
Romani 15, 1-13 Paolo è preoccupato che ci siano armonia e
concordia, ma sa che spesso si costituiscono gruppi che creano
tensioni e non permettono di costruire insieme una casa
(edificare). Si parla " di forti e di deboli". In questo caso i
primi versetti sono un richiamo ai forti, tra cui anche Paolo
sente di appartenere. I forti stanno sperimentando un
cristianesimo di libertà e di rigore allo stesso tempo, poiché
hanno davanti agli occhi lo stile di Gesù che continua ad essere
fedele al Padre, ma è insofferente delle formalità o delle
tradizioni degli antichi, scambiate come volontà di Dio, e che
invece risultano spesso essere scelte umane. E ha riscontrato
che ci si appella alle formalità mentre si dimentica la volontà
di Dio e la sua misericordia. I deboli, che sembrano una
minoranza, sono persone che si aggrappano alle tradizioni, alla
lettera della legge e questa loro fedeltà costa critiche,
diffidenze ed esasperazioni. Paolo è preoccupato che questo
popolo nuovo di Gesù non sappia vivere in coerenza e armonia e
quindi non sappia "edificare" con buone fondamenta. L'esempio di
Gesù è di grande conforto poiché ha mantenuto l'Alleanza e
quindi, sulla Parola, che Dio ha dato, ha costituito un Popolo
privilegiato nella appartenenza e nelle conoscenze. E i pagani
scoprono, nella misericordia, di cui Gesù si è fatto garante con
il suo sacrificio e la sua non violenza (Sal 18,50),
l'accoglienza e l'adesione al mondo del Dio della creazione e
della salvezza.
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Lc
3, 1-18 Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre
Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e
Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània
tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio
venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la
regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono
dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce
di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i
suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà
abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi
battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere
di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della
conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”.
Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo.
Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che
non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo
interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due
tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che
cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto
vi è stato fissato».
Luca 3,1-18 Con questo testo Luca inizia il
capovolgimento della realtà umana: è la rivoluzione di Dio che si fa Parola e
presenza, iniziando da un profeta finora anonimo che la gente sta
incominciando a conoscere: Giovanni Battista. L'evangelista vuole
identificare il momento esatto della novità che cambierà la terra e quindi
colloca in un riferimento cronologico l'avventura di Giovanni, colui che
precede il Messia. Ci troviamo tra il 1° ottobre del 27 a.C. al 30 settembre
del 28 a.C., " nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare" ( in
Palestina l'anno inizia dal 1° ottobre). Vengono segnalati 7 personaggi per
sintetizzare tutto l'arco delle istituzioni civili e religiose, e viene
ricordato anche il sommo sacerdote Anna che da 13 anni non è più in carica,
ma continua con le sue interferenze ad essere presente nella vita di Israele.
Cosi Luca raggiunge il numero 7 che segna la totalità. La Parola di
Dio sorge nel deserto, dove c'è aridità, ma anche il ricordo della
liberazione. E' il luogo della fiducia di Dio e della tentazione, del
coraggio di fidarsi e luogo della disperazione. Giovanni riceve e corre. La
Parola di Dio esige che sia comunicata poiché non è una proprietà privata, né
un tesoro da custodire in cassaforte ma un fuoco che deve purificare e
cambiare. Questa Parola che nasce nel deserto deve poter essere accolta nel
cuore per ridimensionare il mondo e renderlo luogo della non violenza, della
fedeltà e della fiducia al Padre, luogo di perdono e di condivisione. Il
profeta Baruc, che abbiamo letto nella prima lettura, ha citato lo splendore
di una strada che Dio costruisce per aiutare il popolo al ritorno, Giovanni
cita lo stesso testo dicendo che è responsabilità dell'uomo costruire una
strada su cui Dio passa. Non sono in contraddizione, ma spetta all'uomo
togliere gli ostacoli perché il Signore venga da noi: e gli ostacoli sono 4,
l'orizzonte della terra. Per fortuna il testo greco elenca tutto al futuro,
restituendoci la gioia di una novità: " Ogni burrone sarà riempito: fa
riferimento alle diseguaglianze economiche ed agli sfruttamenti; ogni monte e
ogni colle sarà abbassato: superbia, alterigia arroganza nel proprio stile di
vita ma servizio; le vie tortuose diverranno diritte: astuzie, scelte
insensate ed egoiste ma pulizia di rapporti; e quelle impervie, spianate:
egoismi e individualismi che rinchiudono le persone in blocchi e gruppi
contrapposti".
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |