III Domenica di Pasqua
17 aprile 2024
Gv 14, 1-11a
Riferimenti : At 16, 22-34 - Sal 97 - Col 1, 24-29
Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia. Alleluia, alleluia, alleluia. Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo.

At 16, 22-34
In quei giorni. La folla insorse contro Paolo e Sila e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

Atti degli Apostoli 16, 22-34
Il racconto degli Atti degli Apostoli, che leggiamo oggi, è interessantissimo per uno stile di novità e di libertà che dimostra; nella linea della Pasqua, si respira il senso della speranza e della gioia della salvezza.
Paolo, a Filippi, colonia romana della Macedonia, si trova presto in difficoltà. Una commerciante di porpora, Lidia, si è convertita con la sua famiglia ed ha accolto Paolo a casa sua per ospitalità, "costringendolo". Paolo, che è restio a dipendere dagli altri, in questa occasione accetta e inizia una vita quotidiana di buoni credenti in terra pagana (At16,16-21), suscitando però malumore. Ma ne suscita ancor più un fatto che era già capitato, spesso, a Gesù (Lc4,34-41): delle persone, accusate come indemoniate, gridavano a Gesù il fatto che fosse un Giusto e Figlio di Dio.. Qui una schiava di una famiglia ricca, che aveva uno spirito di divinazione e faceva l'indovina, procurando molto guadagno ai suoi padroni, insegue frequentemente per la strada Paolo, continuando a gridare: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunciano la via della salvezza», Paolo non sopporta la cosa e la fa tacere. "rivolgendosi allo spirito di uscire da lei. Lo spirito uscì". Ma i padroni di lei si sentono defraudati e quindi lo accusano per la sua religione giudaica, dai romani per sé solamente "tollerata", ma che suscita frequentemente tensione, obbligando le autorità a dimostrarsi intransigenti.
In carcere Paolo e Sila, nonostante la flagellazione e le percosse, mantengono un atteggiamento sereno: pregano e cantano inni fino a mezzanotte. I carcerati ne sono meravigliati, anzi affascinati poiché questi due ultimi incarcerati dimostrano, qui, una libertà di cuore ed una disponibilità inconcepibili.
Un improvviso terremoto, che fa cadere le catene e scardina le porte, può portare alla fuga. Se un carceriere non ferma i fuggitivi, potrebbe ricevere un castigo drammatico. E infatti, quando il carceriere si rende conto delle porte spalancate, nella sua disperazione vorrebbe suicidarsi. Ma Paolo si preoccupa di lui e lo salva dalla angoscia. La conseguenza è la conversione di questa famiglia riconoscente (non si dice nulla degli altri prigionieri).
Luca, l'autore degli "Atti degli Apostoli", e quindi di questo racconto, vuole suggerire un comportamento inusuale. Egli vuole ricordare che un contegno cristiano va inventato di volta in volta. Esso si struttura sulla profonda speranza del Signore Gesù che ci fa comunque liberi; ma si struttura anche sulla preoccupazione della situazione di chi ti sta accanto, poiché può aver bisogno della tua libertà come del tuo aiuto per riprendere la sua vita e le sue responsabilità. P

Col 1, 24-29

Fratelli, io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.

Colossesi 1, 24-29
Paolo sta vivendo, ormai anziano, un tempo di inattività poiché è in carcere. Da qui scrive quattro lettere dette "della prigionia" (ai Filippesi, agli Efesini, ai Colossesi e a Filemone). Esse rappresentano un bilancio ed una scoperta, nello stesso tempo, per sé e per gli altri. Ripensando alla sua vita che ha offerto con gioia al Signore Gesù, Paolo sa che ha continuato a condividere con Lui la sua fatica e la sofferenza di una trasformazione e di una attesa che è "tribolazione" prima che avvenga la conclusione della storia. Questa fatica, che si accompagna a quella di Gesù, porta gioia anche perché è il suo contributo al crescere della Chiesa e alla fede dei credenti a cui scrive, sentendosi affezionato a loro. Ora sta valutando i tanti passi, le peripezie e le scelte, il ministero come risposta alla missione affidatagli per un mondo che si è svelato. Paolo sa di avere particolarmente contribuito a scoprire e a vivere, con gli altri, il grande segreto di Dio che si è manifestato passo passo ("il mistero nascosto") e che ha coinvolto tutta l'umanità, ebrei e pagani.
Attraverso lui Cristo ha continuato a sviluppare la sua opera e quindi vede con gioia fiorire la Chiesa: luogo di salvezza di un unico popolo e di un unico corpo. Paolo si sente testimone e collaboratore di quel mistero, che si è svelato e che lui ha sperimentato, per cui tutto il mondo ritorna ad essere unito in Gesù. E questa è la sua gioia, pur nella fatica. Ma sa che ogni uomo deve collaborare nella salvezza, senza preclusione e illusioni a buon mercato, poiché ogni uomo è chiamato ad essere "perfetto in Cristo". La fatica e la lotta dell'apostolo per arrivare all'unità, svelata da Dio, sono possibili perché ciascuno vive la forza che Dio stesso ha dato e dà: e sarà sorretto nella sua generosità, continuando a vedere maturare i frutti.
Lo spirito da vivere nella Chiesa è, perciò, uno spirito di condivisione, di preghiera, di coraggio per un mondo che cresce, anche se spesso riscontriamo povertà e limiti in noi, prima di tutto, e poi nella Chiesa stessa.


Gv 14, 1-11a
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me».
Giovanni 14, 1-11a
Nell'ultima cena Giovanni sintetizza tutto il messaggio di Gesù che acquista un particolare valore per il contesto, i gesti, le parole dette a metà ma gravide di tensione. E' come un "discorso di addio", quasi un testamento lucidissimo sul futuro che i discepoli ascoltano, ma non capiscono. Questi discorsi sono stati preceduti dalla lavanda dei piedi (13,2-11), la predizione sia del tradimento di Giuda (13,1-30) che della negazione di Pietro (13,36-38). Quanto basta per ritrovarsi disorientati di fronte a quella eterna e indiscutibile convinzione che Gesù è messia e Signore, potente e trionfatore. Certo i segni che offre non sono in quella linea, ma certamente, pensano, si scuoterà dal torpore e dalla incertezza.
Il turbamento nasce dalla insicurezza, ma anche dal non riuscire a capire. Probabilmente ognuno scaccia il disagio guardandosi in giro, cercando di scorgere nel volto dell'altro qualche segno di chiarezza e di illuminazione. Gesù allora richiama su di sé gli sguardi: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". Ma qualche cosa hanno capito. Gesù sta parlando di una sua partenza. E questo li riempie di sconforto e di paura.
Però Gesù li rassicura per il futuro. "«Nella casa del Padre vi sono molte dimore»". Qual è la dimora di Dio? Noi ci siamo sempre abituati a ripensarla come paradiso, come cielo. Ma pochi versetti più avanti Gesù rassicura: "«Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (14,23)". La nostra immagine, legata ai posti riservati e alle manifestazioni di riguardo, rimanda alle poltroncine con"posto riservato" e il nome di ogni apostolo, e quindi di ciascuno di noi, unico, indistruttibile, scritto in grassetto.
Ma Gesù ci dice che siamo noi la dimora del Padre, di Gesù e dello Spirito che Egli manda. Dio dimorerà in noi e a noi è riservato un compito prezioso, unico come ciascuno di noi è unico, e abbiamo un ruolo di servizio e di operosità nella casa di Dio, continuatori della bellezza di Gesù per la speranza di ognuno. Non c'è più un santuario dove si manifesta Dio, ma ogni persona, che lo accoglie, è eletta come dimora di Dio, ma anche come responsabile.
In altri termini Gesù ci affida dei posti di responsabilità e di impegno, a ciascuno nel tempo, come suoi collaboratori, in compagnia della sua pienezza.
Gesù si mostra allora come il maestro che fa le consegne ai suoi perché continuino: ognuno opera e attinge a Gesù che è via, verità e vita.
"Chi ha visto me ha visto il Padre" (14,9-11).
Filippo ci riporta, in questo frangente, all'enorme desiderio di ogni uomo e che Mosè espresse a Dio: "Mostrami la tua gloria" (Esodo 33,18.20). Nel nostro linguaggio, nel linguaggio di ogni uomo e donna, corrisponde a: "Fammi vedere il senso pieno delle cose, la Bellezza, il valore di ogni realtà, il valore di tutto".

Credo
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.