 V Domenica di Pasqua
28 aprile 2024
Giovanni. 17, 1b-11
Riferimenti .
1Cor 2, 6-12 - Sal 117 - At 7, 2- |
Lodate il Signore e proclamate le sue meraviglie.
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore
è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
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At 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22.
30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54 In quei giorni.
Stefano rispose: «Fratelli e padri, ascoltate:
[il Dio della gloria apparve al nostro padre
Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si
stabilisse in Carran, e gli disse: “Esci dalla
tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra
che io ti indicherò”. Allora, uscito dalla terra
dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la
morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in
questa terra dove voi ora abitate. In essa non
gli diede alcuna proprietà, neppure quanto
l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli,
promise “di darla in possesso a lui e alla sua
discendenza dopo di lui”. Poi Dio parlò così:
“La sua discendenza vivrà da straniera in terra
altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per
quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno
schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo
ciò usciranno” e mi adoreranno in questo luogo.
E gli diede l’alleanza della circoncisione. E
così Abramo generò Isacco e lo circoncise
l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e
Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l’Egitto
e su Canaan vennero carestia e grande
tribolazione e i nostri padri non trovavano da
mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto
c’era del cibo, vi inviò i nostri padri.] Mentre
si avvicinava il tempo della promessa fatta da
Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò
in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era
molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa
paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la
figlia del faraone e lo allevò come suo figlio.
Così Mosè venne educato in tutta la sapienza
degli Egiziani ed era potente in parole e in
opere. Passati quarant’anni, gli apparve nel
deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla
fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito
di questa visione e, mentre si avvicinava per
vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io
sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non
osava guardare. Allora il Signore gli disse:
“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in
cui stai è terra santa. Ho visto i
maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho
udito il loro gemito e sono sceso a liberarli.
Ora vieni, io ti mando in Egitto”. Egli li fece
uscire, compiendo prodigi e segni nella terra
d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per
quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai
figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai
vostri fratelli, un profeta come me”. Egli è
colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu
mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul
monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette
parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri
padri non vollero dargli ascolto, anzi lo
respinsero e in cuor loro si volsero verso
l’Egitto, dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli
dèi che camminino davanti a noi, perché a questo
Mosè, che ci condusse fuori dalla terra
d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. E
in quei giorni fabbricarono un vitello e
offrirono un sacrificio all’idolo e si
rallegrarono per l’opera delle loro mani. Ma Dio
si allontanò da loro e li abbandonò al culto
degli astri del cielo. [Nel deserto i nostri
padri avevano la tenda della testimonianza, come
colui che parlava a Mosè aveva ordinato di
costruirla secondo il modello che aveva visto. E
dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè
la portarono con sé nel territorio delle nazioni
che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di
Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e
domandò di poter trovare una dimora per la casa
di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una
casa. L’Altissimo tuttavia non abita in
costruzioni fatte da mano d’uomo.] Testardi e
incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi
opponete sempre resistenza allo Spirito Santo.
Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale
dei profeti i vostri padri non hanno
perseguitato? Essi uccisero quelli che
preannunciavano la venuta del Giusto, del quale
voi ora siete diventati traditori e uccisori,
voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini
dati dagli angeli e non l’avete osservata».
All’udire queste cose, erano furibondi in cuor
loro e digrignavano i denti contro Stefano.
Atti degli Apostoli 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22.
30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54 Stefano, uno dei
sette scelti dalla comunità per il servizio alle
mense, si dimostra un credente adulto e
appassionato che, insieme agli apostoli, a
Gerusalemme, compie "prodigi davanti al popolo"
e imposta una riflessione assolutamente nuova
agli orecchi degli ebrei credenti. Egli mette al
centro Gesù come valore di pienezza a cui
orientare la propria vita. Verso Gesù si sono
orientati anche Mosé e i profeti (6,8). E se
alcuni "si alzarono a discutere con Stefano, non
riuscivano a resistere alla sapienza e allo
Spirito con cui egli parlava" (6,9-10). Una
sommossa tra gli ebrei colti, con una raffica di
false testimonianze, lo accusano come
provocatore contro l'ebraismo, riuscendo, in tal
modo, a portare Stefano davanti al sommo
sacerdote per essere giudicato. E poiché viene
chiesto a Stefano di giustificarsi su tutto
quello di cui lo accusano, Stefano inizia una
lunga riflessione sulla storia d'Israele e il
suo itinerario verso il Messia. Il testo che
leggiamo non è completo (si vede dalla
citazione), e tuttavia ci indica una
predicazione biblica che si è sviluppata non
solo nelle chiese ebraiche di Gerusalemme, ma,
soprattutto nelle sinagoghe elleniste, in
particolare, per la riflessione lunga e, si può
dire, dettagliata e significativa per chi non
conosce molto il Primo Testamento. Il testo si
divide in varie parti: il comportamento di Dio
con Abramo (7,2-8), con Giuseppe, (7, 9-16), con
Mosé (7, 17-43), con il suo popolo infedele e
qui inserisce lacune riflessioni sulla
costruzione del tempio) (7, 44- 50). Infine
Stefano denuncia le responsabilità del popolo
che non ha saputo vedere in Gesù il Messia e il
"Giusto"(7, 51- 53). La conclusione della
testimonianza di Stefano porta all'obbligo di
riscoprire Gesù come la convergenza dell'azione
di Dio e del cammino del popolo d'Israele nella
storia. Poiché una delle accuse, che gli
vengono fatte, riguarda il tempio di Salomone e
prima ancora, nel deserto "la tenda della
testimonianza" dove il popolo d'Israele pone e
garantisce la presenza di Dio con il suo popolo,
Stefano rifiuta una presenza esclusiva e ricorda
Isaia (66,1- 2) " Così dice il Signore: «Il
cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei
miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In
quale luogo potrei fissare la dimora? 2 Tutte
queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono
mie - oracolo del Signore. Su chi volgerò lo
sguardo? Sull'umile e su chi ha lo spirito
contrito e su chi trema alla mia parola".
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1Cor 2, 6-12
Fratelli, tra
coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una
sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo
mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della
sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che
Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno
dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero
conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né
orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha
preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate
per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni
cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti
dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i
segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di
Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo
Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 6-12 La
vera sapienza non è data a tutti ma a coloro che Dio ama. Essa
non si ottiene nello sfoggio di sottili ragionamenti come fanno
alcuni credenti, a Corinto, imitando i filosofi. E credono così
di dimostrare il valore della sapienza cristiana. Paolo ha
fatto sulla sua pelle l'esperienza della ricerca della sapienza
e, credendo nelle sue forze e nel valore di una intelligente
retorica, andando ad Atene, in mezzo a persone di cultura,
nell'areopago (il più antico tribunale di Atene), ha tentato di
proporre la fede di Gesù. Inizialmente ha parlato della
dignità di ogni essere umano come Figlio di Dio, ha apprezzato
il senso religioso che sviluppa nel mondo greco un culto anche
verso il Dio nascosto e sconosciuto. Ma poi si è impegnato
nell'annuncio di Gesù morto e risorto. E, a questo punto, la
curiosità e l'attenzione degli ateniesi sono sfumate nella
derisione e lo hanno abbandonato (At 17,22-34). In tal modo
Paolo giudica severamente le persone che si vorrebbero
comportare allo stesso modo, fidando sui propri ragionamenti
umani. La fede cristiana non pone dimensioni irrazionali,
certamente, ma orienta verso scelte che vanno oltre il normale
buon senso. Paolo ricorda l'atteggiamento iniziale che ha
portato nel cuore al primo incontro con i Corinzi: "Mi sono
presentato in debolezza e con molto timore e trepidazione" (1Cor
2, 3-4). Ma il messaggio da portare era ed è stupefacente. E'
necessario rivelare la Sapienza di Dio, ricevuta per mezzo dello
Spirito. Essa manifesta i misteri di Dio (v. 10). La Sapienza è
rimasta nascosta, i dominatori non hanno potuto conoscerla (vv
7-8), "Ma ora è stato consegnato il mistero taciuto per secoli
eterni " (Rom 16,25-26). Essa è l'invito e la garanzia della
salvezza universale, noto solo a Dio da tutta l'eternità, per
una umanità incapace di superare tutte le lacerazioni, le
divisioni, i razzismi. Questo mistero, legato al nome dello
Spirito, spinge a scoprire l'attenzione di Dio ad ogni persona,
a sentirlo Padre di ogni essere umano, ad avere coscienza di
essere fratelli e sorelle in una sola famiglia, responsabili per
ogni altro di una vita dignitosa e libera. Paolo sta insistendo
perché la nuova Sapienza cristiana sia alla vigilia di una
consapevolezza per tutto il mondo. Prima di tutto siamo noi che
dobbiamo maturare responsabilmente, nel nostro cuore, il
significato di ogni persona per Dio che crea e per Gesù che ama
fino alla morte. In questa lettura si scopre il significato del
Crocifisso che è la sapienza vera, scandalo per i giudei e
stoltezza per i pagani (1,18-25).
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Gv 17, 1b-11 In quel tempo.
Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora:
glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato
potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro
che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero
Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra,
compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti
a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho
manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e
li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che
tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a
me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono
uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non
prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte
le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io
non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre
santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una
sola cosa, come noi».
Giovanni. 17, 1b-11 Il capitolo 17 del
Vangelo di Giovanni riporta la "preghiera sacerdotale" di Gesù, pronunciata
nell'ultima cena come il suo ultimo discorso prima della passione. Si può
considerare questo testo come una terza rilettura della preghiera del
Getsemani, dopo i due interventi precedenti, pronunciati sempre nell'ultima
cena di Gesù: i capp 13-14 e capp 15-16, che corrispondono e si richiamano.
In questa lettura si riassume tutta la vita di Gesù: egli si fa preghiera e
preghiera di intercessione. Egli, allargando via via l'orizzonte, prega per
se stesso (1-5), per i discepoli (6-19), per la Chiesa (20-26). La
preghiera di intercessione. Gesù prega per i suoi e, in questa preghiera,
raggiunge gli estremi confini della terra. Nel salmo 99,6 si ricorda
l'intercessione di Mosé (che ha la funzione di comando e di giudice), di
Aronne (che ha una funzione sacerdotale), e di Samuele (che ha la funzione
profetica): "Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti, Samuele tra quanti
invocavano il suo nome: invocavano il Signore ed egli rispondeva".
L'intercessione sviluppa un dialogo con Dio nelle tre dignità fondamentali di
Gesù: re, sacerdote e profeta, trasmesse anche a noi nel valore della nostra
preghiera di battezzati. Dio avvisa Mosè che rinnegherà il suo popolo che
si è fatto un idolo, rifiutando così di vivere secondo la sua Parola. Dio
vuole, anzi, cancellarlo. E mentre lo comunica a Mosè, unico fedele rimasto,
gli offre la possibilità di diventare capostipite di una nuova nazione. Ma
Mosé prega per il suo popolo, rifiuta la prospettiva suggerita e richiama a
Dio il fatto che quel popolo, che egli sta accompagnando, è proprio quel
popolo che il Signore stesso aveva voluto liberare. Mosè si rifiuta di
abbandonare la sua gente (Es 32,10-14), e rifiuta, quindi, anche la
prospettiva che gli viene offerta. Egli paga la sua intercessione. Non avrà
la possibilità di entrare nella terra promessa. Muore "sulla bocca di Dio",
traducono i rabbini. " Mosé muore con un bacio di Dio ". (Sono tante le
versioni e le motivazioni per l'esclusione di Mosè dalla terra promessa. Ma
si dice che nella Scrittura ogni parola ha 70 interpretazioni. Comunque Mosè
ha accettato di intercedere, arrivando, in tal modo, ad offrire la vita).
Pregare per qualcuno significa dare la propria vita perché ognuno, uomo o
donna, possa vivere. E' il vero commento di ciò che avviene sulla croce.
La Gloria. "E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io
avevo presso di te prima che il mondo fosse".(v 5). Tutta l'eternità è
orientata a questo avvenimento e questo avvenimento, a sua volta, è la radice
di un tempo nuovo che si apre all'infinito. Il mondo di Gesù e quest'ora
avvolgono tutta la creazione: il passato ed il futuro si innestano in un
dialogo da parte di Gesù. Glorificare Dio ed essere glorificato da Dio
comporta la salvezza di tutta l'umanità e di tutta la storia. Per il mondo
greco la gloria consiste in ciò che si vede, in ciò che appare. Per il mondo
ebraico gloria significa ciò che conta davvero, ciò che è consistente. Ciò
che semplicemente appare non ha consistenza. Ciò che conta davvero entra
nella carne dell'uomo, nella sua profondità, nel rapporto con la vita e con
il mondo. Acquista risonanza, eco, scambio di riconoscimento e di
accoglienza. Isaia (49,3-6) ci ricorda, parlando del Servo di Dio: "(Il
Signore) mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la
mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho
consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia
ricompensa presso il mio Dio» E il Signore ha garantito: «Io ti renderò luce
delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra».
Il giorno della gloria, perciò, è il giorno della croce. Il servo umiliato,
che prende su di sé il peccato del mondo, esprime la duplice gloria: offrire
gloria al Padre ed essere glorificato da Lui poiché è garantita
l'accettazione della sua offerta. Essere in comunione: è l'elemento
fondamentale che viene proposto per essere in sintonia con la gloria di Gesù.
La dimostrazione della comunione e dell'unità dei cristiani non è tanto il
puntare sulla convergenza della struttura, pur significativa, che ci fa
supera le lacerazioni delle varie confessioni cristiane. Quello di cui Gesù
parla è, ancora più profonda, la ricerca dell'unità di comunione, l'accettare
di essere in sintonia sui valori essenziali di Dio perché lo stesso Dio e la
stessa sua Parola vivano in noi: in me e negli altri. Il nome di Dio. Gesù
ha manifestato "il nome di Dio" (v 6), ci ha svelato il significato e il
senso della potenza di Dio, la garanzia della sua presenza. "Manifestare il
nome" significa consegnare la pienezza di conoscenza, e Gesù è questo
tramite. Egli ha accompagnato i discepoli ed essi hanno scoperto che il nome
di Dio si personifica in Gesù. Più avanti la preghiera continua: "Padre
santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una
sola cosa, come noi" (v 11-12). Il custodire di Dio continua ad essere
comunione con Gesù e quindi custodia in Gesù dei discepoli e della Comunità
dei Figli. L'offerta sacrificale nel tempio, attraverso gli animali
uccisi, ha avuto un significato particolare. Dio aveva salvato Isacco dalla
morte sacrificale, che sarebbe avvenuta per mano del padre Abramo, disposto
ad ubbidire comunque a Dio, ed ha sostituto Isacco con un ariete. Il
sacrifico degli animali, di cui certo Dio non ha bisogno, è il richiamo alla
sostituzione di sé con qualcosa di proprio, ma è soprattutto disponibilità
all'obbedienza. Non per nulla, allora, i profeti dicevano che non erano
importanti i sacrifici di animali, ma le opere di misericordia e la
liberazione degli oppressi. Ora non c'è più nessuna sostituzione, ma
l'offerta al Padre di Gesù è piena, profonda fino alla morte in croce in un
amore disarmato e totale. Noi siamo chiamati ad aderire a Gesù, unica offerta
e unica salvezza.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |