 Domenica del perdono
11 febbraio 2024
Lc 18, 9-14
Riferimenti Is:Isaia 54, 5-10 - Sal 129 - Rm 14, 9-13
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L’anima mia spera nella tua parola. Dal profondo
a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce Siano i tuoi
orecchi attent alla voce della mia supplica. R Se consideri le
colpe, Signore,ignore, chi ti può resistere? Ma con te è il
perdono così avremo il tuo timore. |
Isaia 54, 5-10 In quei giorni.
Isaia disse: «Tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome; tuo
redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio
di tutta la terra. Come una donna abbandonata e
con l’animo afflitto, ti ha richiamata il
Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata
in gioventù? – dice il tuo Dio –. Per un breve
istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con
immenso amore. In un impeto di collera ti ho
nascosto per un poco il mio volto; ma con
affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il
tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai
giorni di Noè, quando giurai che non avrei più
riversato le acque di Noè sulla terra; così ora
giuro di non più adirarmi con te e di non più
minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i
colli vacillassero, non si allontanerebbe da te
il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza
di pace, dice il Signore che ti usa
misericordia». saia 54, 5-10
L'autore anonimo del capitolo 54 (che gli
studiosi si sono accordati di chiamare il
"Secondo Isaia") intravede già la fine
dell'esilio di Babilonia (siamo nel VI a.C) e
descrive la nuova Gerusalemme come la città
bella e liberata. Vi si legge una profonda gioia
ed entusiasmo poiché ormai la nuova Gerusalemme
è risorta. La prima immagine è l'apparire di
tanti figli che si credevano perduti: "Perché
più numerosi sono i figli dell'abbandonata che i
figli della maritata, dice il Signore." (54,1) E
il richiamo della grandezza si ritrova con
l'immagine bellissima della tenda dei nomadi che
deve diventare più spaziosa: "Allarga lo spazio
della tua tenda, stendi i teli della tua dimora
senza risparmio,.. e la tua discendenza
possederà le nazioni, popolerà le città un tempo
deserte." (54,2-3). Si risentono i grandi,
terribili ricordi della schiavitù in Egitto
("Dimenticherai la vergogna della tua
giovinezza") e dell'esilio ("e non ricorderai
più il disonore della tua vedovanza" (v4). Si
ritrovano le espressioni di un amore grande (la
donna sposata in gioventù) che è la sposa scelta
e amata nella novità della esperienza amorosa.
Amore del Creatore ed amore eterno. Come
garanzia, Dio dice e svela i suoi tanti nomi:
"Il tuo Creatore, il Signore degli eserciti, il
Redentore, Santo di Israele, Dio di tutta la
terra, ma soprattutto Sposo" (54,5). Vengono
date garanzie, riprese dai grandi avvenimenti
della storia del mondo, ritornando fin alle
promesse fatte a Noè dopo il diluvio (54,9).
Attraverso l'esperienza di Gesù, noi possiamo
verificare che l'amore di Dio oltrepassa ogni
immaginazione, e il perdono del Signore
raggiunge ogni persona che si rivolga a Lui con
fiducia. Gesù, per l'amore che porta, "si svuota
della sua divinità, assumendo una condizione di
servo" (Fil 2,7).
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Rm 14, 9-13 Fratelli, per questo
Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore
dei morti e dei vivi. Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E
tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci
presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto: «Io vivo,
dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni
lingua renderà gloria a Dio». Quindi ciascuno di noi renderà
conto di se stesso a Dio. D’ora in poi non giudichiamoci più gli
uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di
inciampo o di scandalo per il fratello. Romani
14, 9-13 Paolo, nella conclusione della lettera ai Romani,
sta richiamando il significato dell'esistenza: tutto è
sottomesso e appartenente a Cristo. Sia la vita che la morte
sono al servizio di Cristo e da Lui questa padronanza è stata
conquistata con il suo sacrificio (2 Cor 5.14ss; Fil 2,9 ss). La
vita cristiana non consiste nel giudicare qualcuno per ciò che
fa e per i meriti che ha acquistato, ma nell'impegnarsi nella
carità. Nella Comunità di Paolo sono sorte problematiche per
comportamenti alimentari particolari. Ci sono infatti cristiani
dalla fede poco illuminata e quindi senza convinzioni abbastanza
solide: ritengono che in certi giorni, o magari sempre, si
debbano astenere dalle carni o dal vino. Queste pratiche
ascetiche sono già note ad alcune correnti filosofiche pagane (i
pitagorici) e nel mondo giudaico (gli esseni, Giovanni
Battista). Paolo dice che bisogna agire secondo coscienza per
il Signore. Ma tutto questo fa sorgere discussioni, malumori,
giudizi e discussioni senza soluzioni. Ci sono delle persone
forti che, con molta lucidità e sicurezza, affermano che queste
regole vanno superate. Ci sono invece altri che si preoccupano
di quello che mangiano e di quello che bevono secondo criteri
che deducono dal loro mondo religioso. Solo il Signore giudica e
noi non dobbiamo entrare a giudicare, forti delle nostre
sicurezze. Dobbiamo invece rispettare e valorizzare le persone,
aiutando, magari, via via, a ripensare ed ad approfondire. In
conclusione, nessuno giudichi gli altri e non sia di scandalo o
di inciampo. Anzi, se agli occhi dell'altro ci si rende conto
che il nostro mangiare o bere qualche cosa viene considerato non
corretto, e quindi suscita disagio, per amore dell'altro
"astieniti, per non disorientarlo". La carità, allora, sta nel
non scandalizzare; e, insieme, vanno trovate strade che
rimettano nella ricerca della volontà di Dio. Si suggerisce,
in tal modo, un'attenzione che nasce dalla carità e quindi dalla
fede che decide, in libertà, di sostenere la fragilità
dell'altro. Seguendo il sacrificio di Gesù, la vita cristiana
consiste nel non giudicare, ma nello sviluppare una carità
reciproca di attenzione e di accoglienza. Né il debole può
giudicare e condannare il forte né la persona forte può
disprezzare il debole. Solo Gesù è il giudice supremo.
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Lc 18, 9-14 In quel tempo.
Il Signore Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima
presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono
al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando
in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli
altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.
Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che
possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno
alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà
di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa
sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si
umilia sarà esaltato». Luca. 18, 9-14 Com'è facile
disprezzare gli altri e ritenere di essere nella verità e nel giusto! Com'è
facile riempirsi di sé e giustificarsi in ogni occasione! Com'è gratificante
credere di essere nell'area di pensiero e di religione che detiene la verità!
Che sollievo di coscienza poter dire e mostrare di aver osservato i doveri
religiosi e di non aver niente a che fare con gli "altri uomini, ladri,
ingiusti, adulteri, e "pubblicani", cioè compromessi con il potere dominante,
il denaro, l'ingiustizia, i piaceri! Se riflettiamo onestamente, non siamo
anche noi pronti a disprezzare gli altri, a diffidarne, ad escluderli dal
proprio perimetro, a condannarli? E siamo anche pronti a ridurre una quantità
di giustificazioni del nostro comportamento nei confronti, ad esempio, di
immigrati, clandestini, zingari, musulmani, drogati, ma anche solo di chi non
la pensa come noi. Soprattutto se ci disturbano nelle nostre sicurezze e
nel nostro quieto vivere, senza contare né pensare che siamo tutti solidali
nel bene come nel male; e che se il male prospera e dilaga, dipende anche dal
bene che non pratichiamo noi. Il Vangelo di questa domenica ci fa ripensare
al nostro atteggiamento verso gli altri, i diversi da te. Certo, in
teoria, si fanno tanti bei discorsi sul dialogo, sulla comunicazione, sulla
collaborazione; ma in pratica? Ma che rapporto abbiamo verso chi prega nel
tuo stesso tempio? o verso chi attraversa la strada, senza che tu glielo
consenta? Il povero pubblicano non osa nemmeno alzare gli occhi al cielo e si
prostra davanti a Dio in tutta la sua piccolezza e la sua incapacità di
essere all'altezza della sua dignità di uomo e di figlio di Dio L'episodio
ci fa riflettere anche su chi è il peccatore: è colui che rifiuta su di sé lo
sguardo di Dio che invece è pronto ad accogliere chi non presume su di sé e
non giudica gli altri. È colui che in fondo al cuore ha intuito la
misericordia di Dio che sa scovare, pure in scelte sbagliate, la possibilità
di ripresa e di speranza su un'altra dimensione di vita. Purché, appunto, non
ci si schermi con il paravento della presunzione e del vanto, nella
consapevolezza di un sé ingigantito e mascherato e nell'ottica dello scarto
degli altri per attirare l'attenzione - anche quella di Dio - solo su di sé.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |