IX
IX Domenica dopo Pentecoste
21 luglio 2024
Mc 8, 34-38
Rierimentyi : 2Sam 6, 12b-22Sal 131 1Cor 1, 25-31 |
Il Signore ha scelto Sion per sua dimora.
Ricòrdati, Signore, di Davide, quando giurò al Signore:«Non
entrerò nella tenda in cui abito, non mi stenderò sul letto del
mio riposo, finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una
dimora per il Potente di Giacobbe» |
2 Sam 6, 12b-22 In quei giorni.
Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla
casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con
gioia. Quando quelli che portavano l’arca del
Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un
giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con
tutte le forze davanti al Signore. Davide era
cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la
casa d’Israele facevano salire l’arca del
Signore con grida e al suono del corno. Quando
l’arca del Signore entrò nella Città di Davide,
Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra
vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi
al Signore e lo disprezzò in cuor suo.
Introdussero dunque l’arca del Signore e la
collocarono al suo posto, al centro della tenda
che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì
olocausti e sacrifici di comunione davanti al
Signore. Quando ebbe finito di offrire gli
olocausti e i sacrifici di comunione, Davide
benedisse il popolo nel nome del Signore degli
eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta
la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una
focaccia di pane per ognuno, una porzione di
carne arrostita e una schiacciata di uva passa.
Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa
sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia;
gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli
disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re
d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle
serve dei suoi servi, come si scoprirebbe
davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a
Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha
scelto invece di tuo padre e di tutta la sua
casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore,
su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi
mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile
ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu
parli, proprio presso di loro, io sarò
onorato!».
Il re fa salire l’Arca alla città di Davide.
L’arca era una cassa di legno che custodiva le
tavole della Legge. Rappresentava il segno
visibile della presenza di Dio in mezzo al suo
popolo. E’ bellissima la descrizione della gioia
con cui avviene questo trasferimento. La parola
gioia è proprio espressa ed assieme al nome del
sentimento ce ne sono le manifestazioni:
l’immolare il giovenco e l’ariete, la danza, le
grida ed il suono del corno. Poi ancora la
benedizione che Davide fa al suo popolo e la
distribuzione di cibo buono e abbondante per
tutti, abbondante, ma non eccessivo. Si parla di
una focaccia, una porzione di carne e una
schiacciata di uva passa per ciascuno, ci si
sfama, ma non si esagera. E’ molto bella questa
descrizione così dettagliata della festa per la
presenza di Dio in mezzo al popolo. La sento
molto necessaria per me e ringrazio sempre tutti
coloro che sanno fare festa in modo semplice,
conviviale, allegro, ma senza esagerazioni.
Penso che sia quanto mai necessario questo fare
festa per la presenza di Dio nelle nostre
comunità. Una festa in cui c’è spazio per tutti,
come nel testo c’è cibo per tutti, in cui ognuno
sente che si è pensato anche a lui. Se non si fa
festa dove si è certi della presenza di Dio,
dove si deve fare festa? E fare festa non è
semplicemente il divertirsi, questo è alla
portata di tutti e tocca la superficie delle
persone. Il fare festa è qualcosa di più
profondo, di più intimo, magari anche con meno
eccessi esterni, ma che fa sentire le persone in
comunione perché appartenenti a qualcuno, non
sole. E’ un po’ la prosecuzione del brano di
ieri. Il popolo sente di appartenere al re, il
re è certo della presenza di Dio in mezzo al
popolo e questo è un invito a fare festa. Come
popolo ci riuniamo ogni domenica attorno al
nostro re, Gesù, concretamente presente
nell’Eucarestia, cibo per tutti. Ogni domenica
siamo chiamati a fare festa. |
1Cor 1, 25-31 Fratelli, ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti
la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti
dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma
quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per
confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo
ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e
disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto
per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa
vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù,
il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio,
giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta
scritto, «chi si vanta, si vanti nel Signore».
26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non
ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né
molti potenti, né molti nobili. Con questo infatti (che nel
testo che sentirete a Messa è stato omesso), Paolo si ricollega
al versetto precedente, ciò che è stolto per gli uomini è saggio
davanti a Dio. I corinti vengono invitati a considerare se
stessi. La comunità non può vantare nessun motivo di grandezza
ed eccellenza. Poche persone di grande intelligenza, poche
persone dal grande peso politico, quasi tutti di origini plebee.
27Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per
confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo
ha scelto per confondere i forti; Però il Signore ha scelto
proprio queste persone perché fossero la comunità dei credenti
di Corinto. Ecco il criterio essenziale che guida l'elezione da
parte di Dio. Dio privilegia quanti non hanno valore nella scala
di valori degli uomini. L'agire di Dio nella storia rivoluziona
i quadri di riferimento più consolidati dei rapporti umani.
28quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello
che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che
sono, 29perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Non si
tratta però di una presa di posizione classista alla rovescia,
per il puro gusto di rivoluzionare tutto. E' una manifestazione
della sovranità di Dio, perché tutti si riconoscano piccoli ai
suoi occhi, perché nessuno presuma di essere più importante di
altri davanti agli occhi di Dio.
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Mc 8, 34-38 In quel tempo.
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, il Signore Gesù disse loro: «Se
qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e
mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi
perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti
quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria
vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si
vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e
peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà
nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Mc 8, 34-38 Il vangelo di oggi parla delle
condizioni necessarie per seguire Gesù. Pietro non capisce la proposta di
Gesù quando parla di sofferenza e di croce. Pietro accetta Gesù Messia, ma
non Messia sofferente. Dinanzi all'incomprensione di Pietro, Gesù descrive
l'annuncio della Croce e spiega il significato della croce per la vita dei
discepoli (Mc 8,27 a 9,1). Contesto storico di
Marco: Negli anni 70, quando Marco scrive, la situazione delle comunità non
era facile. C'era molta sofferenza, c'erano molte croci. Sei anni prima, nel
64, l'imperatore Nerone aveva decretato la prima grande persecuzione,
uccidendo molti cristiani. Nel 70, in Palestina, i Romani stavano
distruggendo Gerusalemme. Negli altri paesi cominciava a profilarsi una
tensione enorme tra giudei convertiti e giudei non convertiti. La difficoltà
maggiore era la croce di Gesù. I giudei pensavano che un crocifisso non
poteva essere il Messia, poiché la legge affermava che qualsiasi crocifisso
doveva essere considerato un maledetto da Dio (Dt 21,22-23).Condizioni per
seguire Gesù. Gesù trae le conclusioni che valgono per i discepoli, per i
cristiani del tempo di Marco e per noi che viviamo oggi: Se qualcuno vuol
venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua! In
quel tempo, la croce era la pena di morte che l'Impero romano attribuiva agli
emarginati. Prendere la croce e seguire Gesù voleva dire, in definitiva,
accettare di essere emarginato dal sistema ingiusto che legittimava
l'ingiustizia. La Croce non era frutto del fatalismo della storia, né
esigenza del Padre. La Croce è la conseguenza dell'impegno liberamente
assunto da Gesù per rivelare la Buona Novella di Colui che è Padre e che,
quindi, tutti devono essere accettati e trattati da fratelli e sorelle. Per
questo annuncio rivoluzionario, lui fu perseguitato e non ebbe paura di dare
la propria vita. Non c'è prova maggiore che dare la vita per il proprio
fratello. Subito dopo Marco inserisce due frasi separate dal testo.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |