
VII Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
13 ottobre 2024
Mt 13, 24-43
Rferiment : Is 43, 10-21Sal 120 1Cor 3, 6-13 |
Il Signore custodisce la vita del suo popolo.
Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il
mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. Non
lascerà vacillare il tuo piede |
Is 43, 10-21 «Voi siete i
miei testimoni – oracolo del Signore – e il mio
servo, che io mi sono scelto, perché mi
conosciate e crediate in me e comprendiate che
sono io. Prima di me non fu formato alcun dio né
dopo ce ne sarà. Io, io sono il Signore, fuori
di me non c’è salvatore. Io ho annunciato e ho
salvato, mi sono fatto sentire e non c’era tra
voi alcun dio straniero. Voi siete miei
testimoni – oracolo del Signore – e io sono Dio,
sempre il medesimo dall’eternità. Nessuno può
sottrarre nulla al mio potere: chi può cambiare
quanto io faccio?». Così dice il Signore, vostro
redentore, il Santo d’Israele: «Per amore vostro
l’ho mandato contro Babilonia e farò cadere
tutte le loro spranghe, e, quanto ai Caldei,
muterò i loro clamori in lutto. Io sono il
Signore, il vostro Santo, il creatore d’Israele,
il vostro re». Così dice il Signore, che aprì
una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad
acque possenti, che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono
morti, mai più si rialzeranno, si spensero come
un lucignolo, sono estinti: «Non ricordate più
le cose passate, non pensate più alle cose
antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio
ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche
nel deserto una strada, immetterò fiumi nella
steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua
al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il
mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho
plasmato per me celebrerà le mie lodi».
Isaia. 43, 10-21 Tutto il brano è un
incoraggiamento ad Israele, un popolo lontano da
Gerusalemme, deportato dalla potenza di
Babilonia ed ora profondamente nostalgico di un
ritorno alla terra che il Signore gli aveva
consegnato. Nella prima parte l'autore invita a
guardare indietro, su quanto il Signore ha
fatto, sulla liberazione che era sta voluta
secoli prima uscendo dall'Egitto, progettata,
maturata attraverso la fede di Mosè che seppe
vincere Faraone. Il popolo d'Israele deve
riprendere le sue forze ritornando alle origini,
mantenendo fede alla legge ed alla memoria dei
grandi fatti, operati da Dio. Questo popolo ha
sempre creduto che, comunque, non doveva
disperare e le meraviglie del Signore debbono
diventare patrimonio delle nuove generazioni.
Nel Salmo 78,3-4 il popolo prega: "Ciò che
abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci
hanno raccontato non lo terremo nascosto ai
nostri figli, raccontando alla generazione
futura le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto". Stiamo
leggendo un testo del "secondo Isaia", scritto
nel secolo VI da un profeta anonimo che ha
continuato il libro di Isaia, vissuto nel secolo
VIII. Questa parte (capp.40-55) è chiamata "Il
libro della consolazione" perché, in vari
momenti, vengono annunciate liberazione e
salvezza per Israele. Ho trovato un
bellissimo paragone per cogliere lo spirito e la
fede d'Israele. Israele vive la sua storia come
i rematori che avanzano, volgendo le spalle alla
meta e si orientano fissando gli occhi sul punto
di partenza e sul percorso ormai fatto. Da qui
l'affermazione drammatica e altissima del
Signore per mezzo del profeta: "Voi siete miei
testimoni e il mio servo che io mi sono scelto"
(43,10). Il profeta ripete i tre verbi propri
della cultura ebraica nel confronto di Dio che
Dio stesso pronuncia: "Vi ho scelto perché mi
conosciate e crediate in me e comprendiate che
sono io" (43,10). Il Signore si è messo con la
sua potenza a servizio d'Israele: "Ti radunerò,
ti faro tornare. Dirò al settentrione:
"restituisci e quindi al mezzogiorno non
trattenere, fa tornare, fa uscire" (43, 6-8).
Nella poesia del ritorno si sviluppano splendide
caratteristiche del Signore che garantisce di
essere: "il primo e l'ultimo, il tuo Salvatore,
sono Dio, sempre il medesimo dall'eternità, il
Redentore, il Santo d'Israele. Sono il Signore,
il vostro Santo, il Creatore d'Israele, il
vostro Re"(43,11-15). A un popolo disamorato e
rassegnato viene portata una speranza che lo
risvegli. Si intravede la prospettiva della
distruzione di Babilonia e, all'orizzonte, si
profila il re Ciro che sconfiggerà Babilonia.
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1Cor 3, 6-13 Fratelli, io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere.
Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio,
che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa:
ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio
lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di
Dio, edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata
data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un
altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come
costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra
questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre
preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben
visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il
fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera
di ciascuno. Prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi. 3, 6-13 La Comunità cristiana fatica a
maturare criteri di libertà e di fraternità poiché tende a
dividersi in gruppi contrapposti, scambiando i predicatori o i
missionari come politici o capiscuola di filosofia da
contrapporre gli uni agli altri. Paolo rimprovera quelle
divisioni che stanno frantumando la comunità stessa con gruppi
contrapposti ("ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io di
Apollo», «Io di Cefa (Pietro)», «E io di Cristo» 1,12). "E
invece siete tutti una sola cosa in Cristo" (3,22). Questa
comunità è ancora molto lontana dalla sapienza di Dio. E per
questo Paolo sente di dover trattare questi cristiani come
fratelli incapaci di cogliere la vera sapienza. "Non ho potuto
parlare a voi come a esseri spirituali ma carnali" (3,1). Ma
cosa sono i ministri del Vangelo? Sono servi (3,5) che hanno il
compito di intervenire, completando, aiutando a maturare,
impegnando le energie e le sapienze di ciascuno perché si
orientino verso il Signore Gesù, costruiscano e facciano
crescere. Ognuno di noi ha un suo compito per guidare alla fede
e non alla sapienza umana. Ognuno di noi dà una mano, ma non è
nulla: "Solo Dio fa crescere" (3,7). E' la grazia del Signore la
vera dispensatrice di sapienza e di vita. Coloro che sostengono
il lavoro di evangelizzazione sono uniti: essi operano per lo
stesso progetto, per la stessa sapienza. Saremo riconosciuti dal
Signore, certo, ma "secondo il lavoro fatto", secondo la propria
fatica (3,8). L'immagine del servo diventa l'immagine del
collaboratore per due tipi di lavori comuni che si conoscono:
l'agricoltura e l'edilizia. "Siamo collaboratori di Dio e voi
siete il campo di Dio, l'edificio di Dio" (3,8). Il Signore fa
crescere, utilizzando ovviamente il lavoro di chi pianta, di chi
irriga, di chi organizza la costruzione. E Paolo dice che il
Signore, "per sua grazia" (3,10), gli ha permesso di porre il
fondamento; un altro poi vi costruisce sopra". Ma resta la
responsabilità di dover costruire con sapienza e lucidità:
"ciascuno stia attento a come costruisce". Tuttavia bisogna
sempre ricordarlo: unico è il fondamento. "Infatti nessuno può
porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è
Gesù Cristo" (3,11).
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Mt 13, 24-43 In quel tempo.
Il Signore Gesù espose ai suoi discepoli un’altra parabola, dicendo: «Il
regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo
campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania
in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto,
spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli
dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove
viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i
servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché
non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il
grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al
momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e
legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio
granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è
simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande
delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del
cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola:
«Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre
misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù
disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole,
perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la
mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del
mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si
avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed
egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo
è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli
del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la
fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la
zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il
Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno
tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno
nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti
splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi,
ascolti!». Matteo. 13, 24-43 Le tre parabole, che oggi
leggiamo, fanno parte del terzo discorso (su cinque) che Matteo riporta nel
suo Vangelo. Dopo il "discorso della Montagna", detto anche "delle
beatitudini"(cc 5-7: Gesù non è venuto a abolire la legge ma a portarla a
pienezza), e dopo il discorso "missionario" (c 10: il Regno è proposto a
tutti dai discepoli, che hanno accolto le beatitudini, sapendo di vederlo
accolto e rifiutato), Matteo richiama il terzo discorso sulle parabole (c
13): il Regno cresce lentamente ma sarà inarrestabile nella storia.
Le parabole di questo discorso sono sette ed oggi ne leggiamo tre.
Gesù, alla riflessione unisce anche la narrazione, ponendo al centro il Regno
che pure è misterioso e di non facile comprensione, anche se le parabole sono
considerate facili esemplificazioni del mistero di Dio. Gesù stesso dice che:
"(le persone) guardando non vedono e udendo non ascoltano e non comprendono"
(13,13). E invece a voi (discepoli) "è dato di
conoscere i misteri del Regno dei cieli" (13,11). Le parabole vogliono
condurre l'ascoltatore a prendere decisioni sul messaggio di Gesù.
La semina del buon grano e della zizzania. Un uomo (il padrone di
casa) ha seminato del "buon" grano nel campo (e "buon grano" richiama la
creazione dove Dio fece "buone" tutte le cose). Il tempo passa e, con
sorpresa, a distanza di mesi, ci si accorge che qualcuno, non visto, di
notte, (il nemico) ha seminato la zizzania. Abbastanza simile al grano, con
grani nerastri, cresce fino a 60 cm. Le sue radici si intrecciano a quelle
del grano stesso e produce semi più leggeri del grano, immangiabili, mangime
per gli uccelli. Sorge tra i servi la preoccupazione
di ripulire il mondo, di prendere le distanze poiché non siano contaminati,
potendolo essere. La volontà di giudicare subito, e cancellare immediatamente
ciò che è male, nasce dalla paura, ma potrebbe sradicare anche l'innocente,
la persona fragile, debole, non ancora consapevole. Il
Signore, invece, suggerisce: nel mondo bisogna crescere, maturare, convivere
per chiarirsi e sostenersi, prendere coscienza e decidere via via. Con
equilibrio e pazienza bisogna conoscere, riflettere, scegliere e cambiare.
Ciò che vale deve irrobustirsi per mostrare il proprio valore e riscattarsi.
C'è tutto un mondo che va rispettato, salvato, ancorato in ciò che ha di
bello e le nostre paure possono cancellare la stessa bellezza che il Signore
ha seminato. E questo vale anche nella Chiesa che non è fatta di santi, ma di
uomini e di donne che possono sbagliare, giocandosi la libertà.
Viene alla luce lo sguardo di misericordia con cui il Signore ci
guarda. Gesù vive così la sua esperienza e si scontra con i sapienti della
legge. Egli denuncia la loro rigidità di giudizio che spesso nasce da
pregiudizi. Così facilmente giungono a condannare il giusto e addirittura a
voler sradicare la bellezza di Dio tra noi che è Gesù.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |