
VIII Domenica dopo Pentecoste
3 agosto 2025
Mt 22, 15-22
Riferimenti :VII1Sam 8, 1-22a - Sal 88 - 1Tm 2, 1-8 |
| Sei tu, Signore, la guida del tuo popolo. Beato
il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del
tuo volto; esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella
tua giustizia. |
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1Sam 8, 1-22a In quei giorni.
Quando Samuele fu vecchio, stabilì giudici
d’Israele i suoi figli. Il primogenito si
chiamava Gioele, il secondogenito Abia; erano
giudici a Bersabea. I figli di lui però non
camminavano sulle sue orme, perché deviavano
dietro il guadagno, accettavano regali e
stravolgevano il diritto. Si radunarono allora
tutti gli anziani d’Israele e vennero da Samuele
a Rama. Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i
tuoi figli non camminano sulle tue orme.
Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro
giudice, come avviene per tutti i popoli». Agli
occhi di Samuele la proposta dispiacque, perché
avevano detto: «Dacci un re che sia nostro
giudice». Perciò Samuele pregò il Signore. Il
Signore disse a Samuele: «Ascolta la voce del
popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non
hanno rigettato te, ma hanno rigettato me,
perché io non regni più su di loro. Come hanno
fatto dal giorno in cui li ho fatti salire
dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per
seguire altri dèi, così stanno facendo anche a
te. Ascolta pure la loro richiesta, però
ammoniscili chiaramente e annuncia loro il
diritto del re che regnerà su di loro». Samuele
riferì tutte le parole del Signore al popolo che
gli aveva chiesto un re. Disse: «Questo sarà il
diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i
vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai
suoi cavalli, li farà correre davanti al suo
cocchio, li farà capi di migliaia e capi di
cinquantine, li costringerà ad arare i suoi
campi, mietere le sue messi e apprestargli armi
per le sue battaglie e attrezzature per i suoi
carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle
sue profumiere e cuoche e fornaie. Prenderà pure
i vostri campi, le vostre vigne, i vostri
oliveti più belli e li darà ai suoi ministri.
Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne
prenderà le decime e le darà ai suoi cortigiani
e ai suoi ministri. Vi prenderà i servi e le
serve, i vostri armenti migliori e i vostri
asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la
decima sulle vostre greggi e voi stessi
diventerete suoi servi. Allora griderete a causa
del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore
non vi ascolterà». Il popolo rifiutò di
ascoltare la voce di Samuele e disse: «No! Ci
sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti
i popoli; il nostro re ci farà da giudice,
uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre
battaglie». Samuele ascoltò tutti i discorsi del
popolo e li riferì all’orecchio del Signore. Il
Signore disse a Samuele: «Ascoltali: lascia
regnare un re su di loro».
1Samuele 8, 1-22a Samuele ha coraggiosamente
e lucidamente retto il suo ruolo di giudice,
difendendo le diverse tribù dalla rapine e
invadenze dei popoli vicini. Si trova però ad
una svolta importante nella storia politica e
religiosa d'Israele. Il santuario dell'arca di
Silo è stato distrutto e l'unità è minacciata di
fronte al crescere del pericolo filisteo. Le
tribù del nord non si interessano delle
difficoltà del sud e le tribù ad oriente del
Giordano, separate, riescono solo a raccogliere
i fuggiaschi delle tribù occidentali. Il
pericolo dei Filistei e il comportamento molto
anarchico delle tribù che non si occupano a
sufficienza delle difficoltà che vivono le altre
tribù sorelle fanno ripensare a una nuova
struttura di governo. Una parte chiede un re
(c'era già stato un tentativo con Gedeone (Gdc
8,22s) e la conseguenza tragica di Abimèlec (Gdc
9,1s), «come le altre nazioni». Ma un'altra
corrente si oppone, perché vuole lasciare a
YHWH, unico Signore d'Israele, la cura di
suscitare i capi che le circostanze esigono,
come ai tempi dei Giudici. Questo brano segna il
maturare della scelta. Samuele si oppone al
movimento del popolo che vuole un re «come le
altre nazioni» (cf.v 5). Egli pensa "Il popolo
d'Israele non può misurarsi con la mentalità
degli altri popoli, profana la propria vocazione
e missione, seguendo il loro esempio e
rifiutando il suo vero re, YHWH". Eppure il
Signore acconsente a malincuore (vv 8-9) e
obbliga Samuele ad avvertire Israele per tutti
gli inconvenienti che la monarchia comporterà
(vv 10-18). Si parla del diritto del re e lo si
esemplifica, presentandolo come una deformazione
del potere. E invece scoperte recenti indicano
che esso rappresenta la pratica dei regni
cananei anteriori a Israele. Il popolo è
pressato dai dubbi di una palese debolezza
poiché capisce che è necessario un comando
unitario e autorevole. Lo stesso fallimento dei
due figli di Samuele, posti come giudici, in
sostituzione del padre ormai vecchio, fa
individuare i pericoli della corruzione del
danaro senza la contropartita di una unità di
resistenza. Non si crede più nella istituzione
temporanea di un giudice, ma nella costituzione
di un governo, retto da un re, che coordini e
comandi e con il diritto della successione. |
1Tm 2, 1-8 Carissimo, raccomando,
prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e
ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli
che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e
tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e
gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che
tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della
verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore
fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso
in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei
tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e
apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani
nella fede e nella verità. Voglio dunque che in
ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure,
senza collera e senza polemiche. 1 Timoteo 2, 1-8 Ormai
Paolo si rende conto di dover reggere le diverse comunità che
fanno capo a lui, attraverso i discepoli, qui Timoteo. Paolo sta
sviluppando scelte pastorali poiché è il comportamento di vita
quotidiana che rende giustizia della fede e delle scelte che ai
credenti Gesù suggerisce. Perciò lo sviluppo della Chiesa è
affidato, molto più di prima, alla testimonianza operosa della
fede che non alla stessa predicazione: la testimonianza motiva
ed evidenzia efficacemente, nel mondo, i criteri di Gesù. In
questa lettera Paolo si dimostra molto affettuoso con Timoteo
per aiutarlo nel suo ruolo di capo della comunità cristiana. Nel
brano letto oggi. Paolo ricorda a Timoteo che deve educare alla
preghiera i suoi: il rapporto primo con Dio si sviluppa nella
preghiera. E in ciò che chiediamo, noi manifestiamo ciò che
siamo e ciò che accogliamo nel cuore: la fede, l'amore, la
maturazione e la consapevolezza della propria adesione alle
scelte di Gesù. Qui, tra l'altro, si intravede una preghiera
corale, liturgica. Essa deve essere universale: "Si facciano
domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli
uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere" (4
forme di preghiera e 3 riferimenti: il 7 sintetizza la creazione
del cielo e della terra, l'universo dell'uomo e del mondo)." E
il brano continua con affermazioni grandiose che sottolineano e
chiariscono le scelte che la comunità cristiana deve saper
maturare in sé: "Dio, nostro salvatore vuole che tutti gli
uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (e
"tutti" è ripetuto 4 volte, per richiamare l'orizzonte
dell'umanità). Così la preghiera cristiana è "per tutti gli
uomini" (2,4) e i cristiani sono chiamati alla collaborazione
perché tutti possano salvarsi. La preghiera si allarga alle
persone che hanno autorità poiché spetta a loro l'impegno di
mediazione, di equilibrio e di armonia nella comunità che
presiedono. Comunque si comportino, per il compito che hanno,
non vanno considerati nemici, ma hanno particolarmente bisogno
della forza di Dio per reggere nella pace. E il loro compito
viene specificato con molta lucidità: "perché possiamo condurre
una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio " (anche
qui viene specificato, declinandolo, il numero 4). Si prega
quindi per l'imperatore che non è un Dio, ma un uomo che ha
bisogno della forza di Dio. E si prega per chi ha potere perché
loro compito è provvedere al bene comune, senza lasciarsi
ingolosire da interessi di parte. Il compito fondamentale della
politica, infatti, è vivere nella pace, e la pace ebraica è lo
Shalom (armonia), avendo ciò che basta per vivere: rendere la
vita "serena e tranquilla per tutti".
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Mt 22, 15-22 In quel tempo.
I farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in
fallo il Signore Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri
discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e
insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché
non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o
no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia,
rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta
del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa
immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora
disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello
che è di Dio». A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne
andarono. Matteo 22, 15-22 Il conflitto con le autorità
pagane viene sentito nella doppia frustrazione di essere soggetti ad un
popolo straniero ed esserlo mentre bisogna riconoscere la potenza e la
grandezza di Roma. Osservare il trionfo di Roma risulta sempre come una
sconfitta della dignità ebraica e una lacerazione della gloria di Dio.
Perciò la domanda che viene posta a Gesù risulta di una attualità e di un
interesse sconcertanti. Farisei ed erodiani sono due correnti contrapposte
eppure qui costruiscono, insieme, un micidiale inganno: si odiano tra loro
per la loro posizioni ideologiche rispetto alla sottomissione ai romani, ma
sono sicure di trarne vantaggio, qualunque sia la risposta. Così possono
comunque denunciare Gesù, poiché la domanda, per sua forza, porta a far
emergere pesanti contraddizioni. Siamo nell'ultima
settimana di vita di Gesù: egli si trova nel tempio di Gerusalemme. Ogni
persona, dai 12 anni (se donna) o 14 (se uomo), fino ai 65 anni, deve pagare
all'erario romano un danaro d'argento all'anno (testatico), equivalente ad
una giornata di lavoro. Per esigere questa tassa Roma indice i censimenti. E
per il popolo d'Israele il censimento è già per se stesso un grave atto
contro Dio poiché significa sottrarre il popolo alla proprietà di Dio per
considerarlo propria proprietà. Lo aveva già sperimentato Davide mille anni
prima. "Ma dopo che ebbe contato il popolo, il cuore di Davide gli fece
sentire il rimorso ed egli disse al Signore: «Ho peccato molto per quanto ho
fatto; ti prego, Signore, togli la colpa del tuo servo, poiché io ho commesso
una grande stoltezza» (2Sam 24,10). Il censimento è considerato, perciò,
strumento di dominio, potenza e sfruttamento, orientato al pagamento di una
tassa, segno concreto della dipendenza. Gli
interlocutori di Gesù si presentano ossequiosi, riconoscono la correttezza e
la libertà del maestro. Qualche versetto prima, Matteo
ricorda la discussione pesante e drammatica che Gesù ha affrontato con i capi
dei sacerdoti e gli anziani del popolo, le più alte autorità religiose, che
gli chiedono: "Con quale autorità fai questo?" (Mt 21,23), E Gesù, di
rimando, senza lasciarsi intimidire, ha posto la domanda sull'autorità di
Giovanni Battista. "Se mi rispondete a questa domanda, io risponderò a voi".
Ma non vollero rispondere poiché per loro era pericoloso e dissero: "Non lo
sappiamo"."Allora neanche io vi rispondo". Palese l'ambiguità, palese la
dignità e libertà di Gesù. Qui Gesù si rende, insieme,
conto del tranello, ma è chiamato "maestro" e deve rispondere. Su una moneta
(che Gesù non ha) ma che gli interlocutori trovano facilmente, si sviluppa
tutto l'interrogatorio, nonostante la proibizione di portare nel tempio ciò
che riproduce una immagine: ogni immagine lo profana.
Ma la moneta genera ricchezza, commercio, stabilità delle strade, pace e
l'impero procura tutto questo. Gesù allora traduce:
con le tasse non si tratta di "dare" come hanno detto, ma di "restituire
(rendere). "Se l'impero vi offre dei benefici, e voi li accettate, restituite
pagando le tasse".
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |