
Domenica delle Palme
13 aprile 2025
Gv 11, 55 – 12, 11
Riferimenti : Is 52, 13 – 53, 12 - Sal
87 - Eb 12, 1b-3
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Signore, in te mi rifugio. Signore, Dio della mia
salvezza, davanti a te grido giorno e notte. Giunga fino a te la
mia preghiera, tendi l’orecchio alla mia supplica. |
Is 52, 13 – 53, 12 Così dice il Signore Dio: «Ecco,
il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato
grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era
sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua
forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno
di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la
bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e
comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al
nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del
Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una
radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare
i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato
e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il
patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era
disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è
caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri
dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e
umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato
per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è
abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva
la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di
noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua
bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di
fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con
oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si
affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei
viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si
diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella
sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una
discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà
del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si
sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà
molti, egli si addosserà le loro iniquità.
Isaia. 52, 13 - 53, 12 E' in questa domenica che si celebra e
si commemora, liturgicamente, la passione di Gesù. Infatti la
prossima domenica celebreremo la Pasqua, la risurrezione del
crocifisso e non avrebbe senso se prima non ci siamo fermati a
contemplare e a struggerci sulla sua fine e sul significato
della scelta lucida e, per Lui prevedibilissima, della sua
morte. Perciò la liturgia ha proposto la scelta di questi testi
che teologicamente sono i più drammatici ed insieme i più nitidi
sulla preparazione e sul significato della croce di Gesù sul
Golgota. Il brano di Isaia, il Secondo Isaia, è un urlo
esterrefatto di dolore che vuole insegnarci i parametri di
verità su cui scorrono gli avvenimenti del mondo e l'umanità in
cerca di significati. E' scritto al ritorno da Babilonia, dopo
il secolo VI a.C., dopo l'esperienza della deportazione. Isaia
vuole inaugurare una visione nuova sul Messia, non più
trionfante, guerriero e potente, ma pastore, maestro,
sofferente, re mansueto su un asino. Gesù valorizza queste
immagini, anche se nel suo tempo non verranno sufficientemente
maturate, poiché sconvolgono i parametri della grandezza di Dio
e della sua potenza. Perciò restano sospese a interpretazioni
misteriose gli stessi testi di Isaia, di Ezechiele, di Zaccaria
ma anche quelli di Geremia a cui Gesù fa spesso riferimento.
Così il testo di Isaia, stupefacente per il VT, viene
interpretato come immagine della tragedia del popolo vinto e
distrutto, deportato e abbandonato. Resta, tuttavia misteriosa
questa sostituzione del peccatore e dei violenti, questo
prendersi sulle spalle i peccati degli altri per portare la
pace. Il Servo sofferente, in faccia al mondo, ha accettato il
disonore di una maledizione. I vv 52,13-15: E' Dio stesso che
parla e che anticipa l'esperienza del Servo e la gloria finale.
I vv 53,1-6 identificano il "noi" di un popolo che fatica a
comprendere il senso della sofferenza del Servo. I vv
53,7-11b. Espressioni di un "solista" annunciano la morte del
Servo e la sua glorificazione inattesa. I vv 53,11c-12
Ritorna l'intervento di Dio che garantisce la esaltazione del
Servo.
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Eb 12, 1b-3 Fratelli, avendo
deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,
corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,
tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede
e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era
posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il
disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate
attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così
grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate
perdendovi d’animo
Ebrei. 12, 1b-3 La
"Lettera agli ebrei" vuole aiutare ad approfondire la fede in
Gesù sviluppando, in modo particolarmente ricco, la teologia
precedente del Primo Testamento per far intravedere la pienezza
di Gesù e il significato drammatico della sua morte. La prima
parte, dottrinale (1,5-10,18), precede quella esortativa
(10,19-13,21) da cui è stato tratto questo breve testo. I
credenti, a cui l'autore si rivolge, hanno nostalgia del tempo
dei Patriarchi e timore ad affrontare la fede in Gesù che
risulta drammatica, disorientante e persino pericolosa poiché
suscita diffidenze attorno e persecuzioni. L'immagine cara
all'autore di questa lettera, e facile da comprendere, è quella
sportiva della corsa negli stadi. Già presente in altri
contesti (1Corinzi 9:24-26; Filippesi 3:12-14) di Paolo, si
adatta a significare lo sforzo e la concentrazione nel dover
affrontare la fede che è una conquista, ma anche una rivoluzione
della propria esistenza. Il vivere la fede, come Gesù ci ha
proposto, cambia lo stile e rigenera una comunità credente.
"Deporre ogni peso, correre con perseveranza, tenere gli occhi
fissi alla meta senza distrarsi": sono atteggiamenti propri di
chi corre per ottenere una corona ed un riconoscimento di
gloria, sapendo che tutta la corsa è orientata verso Cristo,
origine di quella fede che in Lui viene condotta a compimento.
L'autore ricorda che, per affrontare questo nuovo cammino,
bisogna utilizzare e sviluppare una intelligenza tattica, la
stessa che usa lo sportivo: si libera di ogni peso, addirittura
di vestiti che intralciano poiché decide un risultato e questo
diventa orientamento, consapevolezza e criterio di tutte le
proprie scelte. Gesù stesso ci ha dato l'esempio poiché
l'obiettivo di pienezza, che voleva raggiungere nella volontà
del Padre, e quindi nella conclusione della gioia e gloria, gli
ha fatto scegliere la croce e il suo disonore, di conseguenza.
Noi siamo abituati alla croce e non capiamo più il significato
di distruzione e di infamia che ha nel I° secolo questo
supplizio, quando Gesù è giudicato ed ucciso con il più assurdo
dei supplizi romani. Egli è abbandonato ai margini del disonore
e della abiezione, assolutamente indegno di qualunque
considerazione e dignità.
Efraim, città a nord di Betania |
Gv
11, 55 – 12, 11 In quel tempo. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti
dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi
cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non
verrà alla festa?». Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato
ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero
arrestarlo. Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si
trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui
una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese
trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi
di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì
dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli,
che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per
trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli
importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa,
prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare,
perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti
li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di
Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma
anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei
sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se
ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
Giovanni. 11,
55 - 12, 11 Il Nel Vangelo di Giovanni l'atmosfera dell'ultima Pasqua di
Gesù è già cupa e tragica all'inizio della settimana precedente. Siamo a sei
giorni, prima della Pasqua, e la data è particolarmente importante poiché
esiste l'obbligo di celebrare puri la Pasqua. E poiché la purità può essere
persa se ci sono stati contatti con pagani o si è toccato un morto o la
carogna di un animale, bisogna purificarsi per almeno sette giorni. Così si
anticipa la venuta a Gerusalemme e ci si può preparare a celebrare in
tranquillità la Pasqua (altrimenti la legge obbliga di aspettare il mese dopo
La molta gente, in giro, commenta fatti e fa previsioni. Si occupa anche di
Gesù e scommette che non oserà avvicinarsi a Gerusalemme per la festa poiché
il cerchio delle autorità religiose si stringe sempre di più ed si sente
feroce la determinazione di distruggerlo. Il racconto sui temi della morte e
della vita, cominciato nel cap. 11 nel Vangelo di Giovanni con la
risurrezione di Lazzaro, continua qui con l'unzione da parte di Maria,
sorella di Lazzaro. "Sei giorni prima di Pasqua" fa identificare per
Giovanni un calendario in cui Gesù, ucciso il giorno prima di Pasqua,
risuscita il giorno dopo (l'ottavo giorno). Giovanni ripropone qui "il
richiamo alla settimana della nuova creazione" come all'inizio del suo
Vangelo. Là si accennava ad una settimana culminante, nel settimo giorno, con
le nozze di Cana: il canto della gloria e della manifestazione di Dio tra i
suoi. Qui una settimana di sofferenza si conclude nell'ottavo giorno, oltre
il tempo, con la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. Ormai la
presenza di Gesù è troppo ingombrante poiché si è fatto sempre più preciso e
sempre più esigente. Egli chiede una religiosità non fatta di formalismi ma
di misericordia, di responsabilità, di attenzione ai piccoli ed ai poveri.
Gesù vuole una comunità di persone secondo il desiderio di Dio. Il contesto
ebraico in cui Gesù entra in occasione delle feste, in particolare, è,
invece, sempre più formale, sempre più lontano dalla Parola del Signore
Gesù, giunto a Betania, è invitato ad una cena di ringraziamento per la vita
restituita a Lazzaro. Maria apre, con un gesto di amore profondo e gratuito,
un vasetto preziosissimo di profumo, stupefacente per il suo prezzo, per il
profumo che spande, per il clima che si ricostruisce surreale. E se l'unzione
della testa è abitudine comune (ma bastano poche gocce), l'unzione dei piedi
è sconosciuta. E invece proprio sui piedi è versato tutto il contenuto ( e
discepoli, uomini di lavoro ed esperti di soldi, valutano il costo
esorbitate, corrispondente alla paga di un anno di un operaio). Tutto si
svolge in silenzio, con gesti precisi; i piedi sono asciugati con i propri
capelli, gesto in pubblico assolutamente disdicevole. Una rispettabile
signora giudea non si sarebbe mai presentata in pubblico con i capelli
sciolti. La scena è sconcertante, seguita dagli occhi di tutti. Giuda esplode
in una critica dura per quello spreco. rivendicando il primato della
elemosina.
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