
III Domenica di Avvento
1
dicembre 2024
Lc 7, 18-28
Riferimenti . Is 45, 1-8Sal 125 Rm 9, 1-5 |
Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Quando
il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua
di gioia. |
Is 45, 1-8 Dice il Signore del
suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per
aprire davanti a lui i battenti delle porte e
nessun portone rimarrà chiuso. Io marcerò
davanti a te; spianerò le asperità del terreno,
spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe
di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e
ricchezze ben celate, perché tu sappia che io
sono il Signore, Dio d’Israele, che ti chiamo
per nome. Per amore di Giacobbe, mio servo, e
d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per
nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi
conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun
altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò
pronto all’azione, anche se tu non mi conosci,
perché sappiano dall’oriente e dall’occidente
che non c’è nulla fuori di me. Io sono il
Signore, non ce n’è altri. Io formo la luce e
creo le tenebre, faccio il bene e provoco la
sciagura; io, il Signore, compio tutto questo.
Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano
piovere la giustizia; si apra la terra e produca
la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io,
il Signore, ho creato tutto questo».
Isaia:45, 1-8 Gli ebrei si trovano a
Babilonia, deportati dopo la sconfitta e la
distruzione di Gerusalemme. Sorge un profeta
anonimo per noi, ma conosciutissimo ed ascoltato
presso gli esuli che ricordano con nostalgia la
città di Dio, Gerusalemme, abbandonata e
distrutta (siamo nel sec VI a.C.).. Questo
profeta anonimo (che si usa chiamare Secondo
Isaia, ma i cui vaticini sono inseriti
nell'unico libro di Isaia) rivela ciò che Dio ha
riservato per il futuro dei suoi fedeli. Essi
ritorneranno, se lo vorranno, poiché un nuovo
re, Ciro, re dei persiani, nelle sue campagne
militari vittoriose, sta conquistando e
sottomettendo i regni dell'Asia Minore e
dell'Oriente. Si dirige verso Babilonia, la
conquista senza incontrare resistenza, libera i
popoli sottomessi e proclama, con un editto a
tutti i deportati, che possono tornare nelle
loro terre se lo desiderano. Di fatto non tutti
gli ebrei ritorneranno, ma molti si fermano a
Babilonia e addirittura vi si istituisce una
scuola ebraica famosa nei secoli futuri. Ciro si
presenta come salvatore degli oppressi e
difensore dei deboli. Se la storia racconta
queste vicende, l'autore biblico tenta di
aiutare ad interpretare i fatti avvenuti,
svelando che questo re è un eletto dal Signore,
Dio di'Israele, mandato da lui anche se il re
non lo sa e non conosce il Dio degli ebrei e
quindi attribuisce la sua vittoria al suo Dio e
alla sua buona sorte. "Io l'ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re (per
disarmarli), per aprire davanti a lui i battenti
delle porte e nessun portone rimarrà chiuso"
(45,1).
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Rm 9, 1-5 Fratelli, dico la
verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà
testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore
e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso
anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei
consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno
l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il
culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro
proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni
cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen. Romani 9, 1-5 Il cap
8 è un grande canto di amore e di meraviglia per quanto il
Signore ha fatto, ha offerto e sta facendo maturare nella vita
di ogni credente. E tuttavia Paolo si sente sconcertato proprio
dalla lontananza, nell'insieme, del suo popolo dalla fede nel
Signore Gesù. Questa lettera è scritta a circa 30 anni dalla
morte e risurrezione di Gesù e ormai si è profilato con certezza
l'atteggiamento complessivo del popolo d'Israele, anche se molti
hanno aderito alla fede in Cristo. Il dramma sempre acuto di
Paolo fa riferimento al cammino del suo popolo. E lo sconcerto
aumenta quando Paolo confronta l'entusiasmo di alcuni pagani che
accolgono il messaggio di Gesù e parallelamente deve verificare
un distacco ormai incolmabile dai suoi. Egli dice che
accetterebbe persino di diventare un maledetto ("anatema") se
questo potesse servire a qualcosa. E' la stessa sofferenza che
visse Mosè di fronte al tradimento del suo popolo, che aveva
costruito nel deserto un vitello d'oro, e addirittura alla
stanchezza di Dio che voleva cancellare tutti per ricominciare
con Mosé, l'ultimo fedele rimasto, un popolo nuovo. Così Paolo
ripensa alla preghiera che Mosè aveva fatto a Dio: "Ora tu
perdona il loro peccato, se no, cancellami dal tuo libro che hai
scritto" (Es 32,32). Ma dopo Mosè l'esperienza della fedeltà di
Dio si è manifestata in modo impensabile e quindi Paolo continua
a ricordare i doni che Dio non ritrae, sempre presenti,
garantiti rispetto ai popoli pagani. La sofferenza di Paolo è
quella di un figlio, non di un nemico, come spesso è risultato
nel rapporto con il popolo degli ebrei. Paolo non maledice
nessuno, resta sconcertato del mistero d'Israele e ricorda i
segni della predilezione del Signore. Essi sono Israeliti: gli
autentici discendenti di Giacobbe-Israele (Gen 32,29). Da questo
privilegio scaturiscono tutti gli altri: l'adozione filiale (Es
4,22; cf.Dt 7,6); la gloria di Dio (Es 24,16) che dimora in
mezzo al popolo (Es 25,8; Dt 4,7; cf.Gv 1,14); le alleanze con
Abramo (Gen 15,1;15,17;17,1), Giacobbe-Israele (Gen 32,29), Mosè
(Es 24,7-8); il culto reso al solo vero Dio; la Legge
espressione della sua volontà; le promesse messianiche (2Sam
7,1) e, da ultimo, ma è il dono più grande, l'appartenenza alla
stirpe di "Cristo secondo la car
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Lc
7, 18-28 In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte
queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al
Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da
te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un
altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da
infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro
questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i
ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono
purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la
buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di
Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna
sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito
con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel
lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un
profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta
scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli
preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più
grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
Luca 7, 18-28 In questo testo Luca vuol aiutarci a
capire quanto fosse diversa l'attesa del Messia e quindi l'interpretazione
della sua venuta nel popolo d'Israele: e questo non solo tra le persone
semplici e analfabete ma anche tra le persone dotte ed esperte della legge e
perfino nelle persone più vicine e più coerenti quale Giovanni Battista.
Luca introduce in un contesto particolare l'interrogativo drammatico di
Giovanni Battista sul messianismo di Gesù. Nel cap 6 ha riletto le
"beatitudini" di Gesù, riducendole da 9 (secondo la versione di Matteo) a 4,
ma confrontandole con i "guai" corrispondenti: 4 "beatitudini" e 4 "guai"
(6,20-26). Poi fa seguire alcune raccomandazioni sapienziali sull'amore e sul
comportamento coerente.(6, 27-38). Infine Luca conclude, come Matteo, il
lungo discorso delle beatitudini, con l'immagine della casa sulla roccia,
garanzia di radicamento in Gesù (Lc 46-49; Mt 7,21-27). All'insegnamento di
Gesù Luca aggiunge due miracoli: la guarigione del servo di un centurione
(7,1-10 dono ad un pagano del servo ristabilito) e la risurrezione del figlio
della vedova di Nain (7,11-17 dono ad una vedova del figlio ritornato in
vita). In tal modo Luca ricorda che i poteri di Gesù si allargano su
orizzonti immensi con gesti ritenuti finora impossibili: accettare un pagano
e risuscitare un morto. Ora che ha preparato il campo,
raccontando, in sintesi, ciò che Gesù ha detto ed ha fatto, Luca sente di
poter parlare di Giovanni, del suo ruolo indispensabile, ma anche delle sue
difficoltà ad accettare il messaggio di Gesù, poiché è assolutamente
inimmaginabile rispetto alle sue attese. Il Messia, si pensa, deve essere un
giustiziere e un regolatore di libertà, un personaggio che rimette in valore
il giusto, l'Alleanza che è garanzia di un popolo scelto e quindi unico e
privilegiato. Giovanni il Battista ha creduto che
bisogna meritarsi questa presenza, riconoscendo il male, chiedendo perdono e
facendo penitenza. Sa di aver fatto tutto il possibile, perciò aspetta, ma è
anche impaziente. Crede che il primo gesto del Messia sarà la sua
liberazione. In prigione deve essere stato trattato con rispetto (poiché può
ricevere visite e si intrattiene con i suoi discepoli). Vuole, però, vedere
il cambiamento, perché proprio per questo si è giocato tutto.
Gesù risponde in modo indiretto. E' molto chiaro e invita a riferire
"ciò che avete visto e udito" (22). Gesù anticipa il vedere all'udire.
Bisogna "prima vedere", e saper vedere la novità, la vita nuova, la
liberazione che le parole del profeta hanno solo annunciato. "Poi il ciò che
è stato udito" diventa testimonianza, significato, messaggio garantito dalla
liberazione avvenuta per la parola: pronunciata e percepita.
La missione di Gesù è altro da ciò che si aspettano, e fa prendere
coscienza di 6 nuove realtà: "i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi
camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai
poveri è annunciata la buona notizia" (7,22). Le guarigioni richiamano Isaia,
i lebbrosi fanno ricordare Naaman il Siro, guarito da Eliseo (2 Re 5), la
risurrezione dei morti ci riporta ad Elia (1Re 17,21-23; 2Re,4,34). Non ci
troviamo davanti a gesti di potenza ma di fronte al nuovo Regno che viene
annunciato ai poveri come "lieta (ma anche nuova) notizia" e liberazione.
Credo Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo
e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti
i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non
creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e
per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e
si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito
santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il
Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei
profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo
battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà. Amen. |